Terni, Colli di Valenza: «Riaprite la strada»

I cittadini scrivono al commissario: «Percorso fondamentale chiuso dopo l’ennesimo smottamento: indagare sulle cause»

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Una strada inserita in un contesto paesaggistico di pregio e, soprattutto, utile ai tanti che nella zona compresa fra il quartiere di Cesure e la frazione di Miranda, coltivano terreni e conducono piccole attività agricole. Quest’ultimi, oggi, sono costretti a far camminare trattori e mezzi da lavoro su strade diverse, percorrendo anche dieci chilometri al giorno anziché 500 miseri metri. Ma la strada comunale Colli di Valenza è chiusa da tre mesi. Per questi diversi residenti hanno preso carta e penna e scritto una lettera/esposto al commissario del Comune di Terni, Antonino Cufalo, perché tenti di risolvere un problema annoso che finora non ha trovato alcuna risposta dall’ente.

I firmatari lamentano la «totale indifferenza di tecnici e dirigenti comunali ai nostri appelli», denunciando come la chiusura sia stata disposta in seguito «ad uno smottamento, il quarto degli ultimi quindici anni. Finora da parte del Comune – scrivono – c’è stato solo l’interesse a far pagare a noi cittadini una parte delle spese per il ripristino e mai la volontà le cause evidenti di questi eventi franosi». La strada, un tempo utilizzata anche da chi pratica attività sportiva, al momento è interrotta e nulla sembra muoversi per tornare ad un ripristino in tempi certi e celeri. Da qui la protesta.

Punti di vista diversi Non tutti i residenti della zona, però, la vedono come i firmatari della petizione: «Essendo residente – racconta uno di loro – posso affermare che il disagio c’è stato soprattutto per chi, come noi, ci abita e deve fare anche più viaggi al giorno per raggiungere il luogo di lavoro. Per quanto riguarda i ‘signori’ che hanno firmato la petizione, posso dire che non è vero che hanno dovuto fare dieci chilometri anziché 500 metri: hanno scavalcato le transenne, in certi casi anche spostandole, mancando il divieto di transito in area cantiere, anche più volte al giorno, non per raggiungere i campi come da loro contestato ma per curiosità e per ‘controllare’ rischiando anche la propria incolumità».

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