Terni, detenuto suicida «Città non dimentichi»

Francesca Capitani, presidente dell’associazione Toto Corde: «L’umanità non è un semplice atto di buonismo, quanto di reale impegno civico»

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Francesca Capitani

di Francesca Capitani
Presidente dell’associazione Toto Corde

L’associazione Toto Corde, che opera nella casa circondariale di Terni con i suoi volontari, vuole oggi porre l’attenzione sulla tragica dipartita di un giovane marocchino detenuto nella stessa, che si è impiccato legando una coperta alla finestra della propria cella.

Ogni volta che un volontario entra in carcere, spera di alleviare la sofferenza di un essere umano che sta cercando di ricostruirsi una vita estinguendo il suo conto con la società e mai vorrebbe salutarlo per un motivo diverso dalla scarcerazione.

Uno spettacolo teatrale in carcere

La nostra associazione nasce sulle ceneri di un’esperienza simile, la morte nel 2015 di Gianni, sempre in cella, sempre suicida. Gianni era un attore della compagnia Tal dei Tali del piccolo teatro della casa circondariale. Il 29 luglio 2015 abbiamo risposto alla tragedia con il Festival della Cultura in memoria di Giovanni Solinas, coinvolgendo una parte importante della nostra comunità e puntando i riflettori su un quartiere della nostra città che rimane troppo spesso in ombra.

Oggi rinnoviamo il nostro mandato, come citato nell’articolo 17 dell’ordinamento penitenziario: “La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all’azione rieducativa”.

Una protesta del personale

Solidarietà anche agli agenti della Polizia Penitenziaria che ogni giorno vivono a contatto con la quotidianità detentiva, dovendosi occupare di soccorrere la sofferenza e accorrere un suicida.

Ritorna il tema del carcere abbandonato a se stesso: le esigenze non sono più quelle di pochi anni fa, cambia il tipo di detenzione che vede molti cittadini stranieri entrare in cella, ad esempio.

Terni è anche carcere di alta sicurezza che ha necessità complesse da non sottovalutare. Ma se le esigenze sono mutate, le risorse sono diminuite: poco personale rispetto al numero dei detenuti e fondi inesistenti per la rieducazione. Il carcere diventa un dispendioso parcheggio in attesa del fine pena.

Al di là del giudizio morale, che a noi non interessa esplorare, soprattutto in queste poche righe, vorremmo che la città non dimenticasse quella strada di Campore dove storie, anime e supplizi si trascinano senza trovare soluzione. E l’umanità non è un semplice atto di buonismo, quanto di reale impegno civico. Seguendo il monito di Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.

Ciao Abd El Hakim, che la terra ti sia finalmente lieve.

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