Terni, Cassero-Aleardi: ‘inclinata’ difettosa

Palazzina ‘contestata’ da cinquanta condomini: una sentenza del Consiglio di Stato costringe il Comune a correre ai ripari. Focus su distanze e altezze degli edifici

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di S.F.

La distanza tra i due edifici – ventisei metri – va bene perché il limite normativo minimo è di dieci. L’altezza è conforme ai requisiti richiesti visto che è in una zona C di ristrutturazione urbanistica. Poi c’è un’altra questione che invece è da sistemare e per il quale una cinquantina di condomini di via Aleardi 2 si sono mossi con un ricorso prima al Tar Umbria e poi al Consiglio di Stato: quest’ultimo – la sentenza è di aprile – lo ha parzialmente accolto in merito ad un ‘difetto’ legato al principio di inclinata per la costruzione di una palazzina in via del Cassero. Questione molto lunga – si parte dal 2003 – e tecnica, per il quale il Comune si prepara a correre ai ripari con un atto di indirizzo da discutere mercoledì mattina in giunta.

L’area

Sentenza da eseguire

Come detto la IV° sezione del Consiglio di Stato ha detto ‘sì’ in via parziale alla lamentela avanzata – difesi da Umberto Segarelli – dai condomini. «Il ricorso merita parziale accoglimento e, per l’effetto, la concessione edilizia impugnata in primo grado deve essere annullata, salvi i futuri provvedimenti amministrativi, che terranno conto degli esiti della verificazione disposta nel presente giudizio». Per questo motivo mercoledì mattina a palazzo Spada è prevista la discussione di un atto di indirizzo per l’esecuzione della sentenza. In ballo non c’è solo il Comune (l’avvocato è Paolo Gennari), ma anche la ditta che costruì l’edificio ‘contestato’ ormai più di dieci anni fa: la Modernissimo Costruzioni S.p.A., difesa da Riccardo Delli Santi. Nel 2003 le cinquanta persone impugnarono al Tar una delibera del consiglio comunale del settembre 2000 riguardante l’approvazione del piano attuativo del comparto tra via Aleardi, via Prati, viale del Cassero ed il fiume Nera con la concessione edilizia rilasciata nel giugno 2002: in primis il problema riguardava – secondo i condomini – la troppa vicinanza della struttura di quattro piani all’altra. E qui tutto bene, come sentenziato dal Consiglio di Stato. Idem per l’altezza, altro punto messo in discussione dai residenti del posto.

La distanza tra gli edifici

L’inclinata e l’altezza

In primo grado i magistrati hanno indicato – in estrema sintesi, nel ricorso ci sono anche questioni legate alla strada, al comparto, alla normativa antisismica e, come detto, al piano attuativo generale – che non c’era alcun problema. Dei cinquanta iniziali, venti decidono di proseguire la battaglia continuando fino al Consiglio di Stato: il collegio giudicante – presidente Paolo Troiano – conferma in gran parte le ragioni esposte dal Tar Umbria, ma trova un paio profili di illegittimità nella concessione edizilia. Si parte dalla cosiddetta inclinata, ovvero – riassunto – ciò che «definisce geometricamente un piano inclinato di riferimento, il quale deve essere impostato sul suolo a partire da specifiche linee di imposta indicate dalla norma stessa, e che ha la finalità di stabilire il limite superiore entro il quale debbono essere ricomprese le altezze dei fabbricati». In generale si tratta di uno strumento «a tutela dell’interesse pubblico ad un ordinato sviluppo edilizio (con riferimento, in particolare, al profilo dell’altezza massima dei fabbricati) che si connota per un carattere elastico e, per così dire, relativo; anziché fissare un limite massimo valido in ogni parte del territorio comunale, l’inclinata individua un limite di altezza variabile in funzione dello spazio libero intercorrente fra le costruzioni circonvicine». Il Consiglio di Stato ha specificato che la concessione edilizia non ha fruito di alcuna deroga specifica e rispetta le previsione contenuta nella disciplina urbanistica del Comune. Il problema è un altro: «La mancanza della realizzazione o, quanto meno, della previa progettazione di dettaglio della strada ubicata fra i due fabbricati impedisce di accertare l’effettivo rispetto della disciplina in punto di inclinata, in un contesto in cui, tuttavia, la realizzazione sul posto di una strada non è una mera ipotesi teorica, bensì risponde ad una specifica previsione del piano attuativo. Questa considerazione, di converso, lumeggia l’effettivo profilo di illegittimità che, ad avviso del collegio, affligge il titolo impugnato: la concessione, infatti, è stata rilasciata dal Comune benché difettassero gli elementi necessari a consentire di appurare la conformità del progetto alla normativa afferente all’inclinata contenuta nel piano regolatore generale».

La palazzina in viale del Cassero

La non completezza

Dunque? Il collegio in definitiva ha sancito che la concessione edilizia «è stato emanato nel contesto di una progettazione ancora incompleta dei luoghi, tale da rendere oggettivamente impossibile (o, comunque, intollerabilmente approssimativo) il previo e necessario accertamento dell’effettiva conformità dell’erigendo fabbricato alla disciplina in punto di inclinata recata dallo strumento urbanistico generale. Di contro, la concreta progettazione di dettaglio della strada tangente ai due edifici, del resto prevista dal piano attuativo, era propedeutica all’intervento de quo, in quanto necessaria per computare l’inclinata». In sintesi: la strada era da fare. «La distanza minima dell’edificio realizzato dalla Modernissimo Costruzioni dai confini delle aree contermini di proprietà di terzi è rispettata soltanto in caso di effettiva ablazione alla mano comunale del terreno interposto e di conseguente costruzione della cennata strada». Per tutto il resto non ci sono ‘difetti’ di legittimità. Saranno i tecnici del Comune a dover risolvere la faccenda. In una zona già di recente al centro dell’attenzione per il ‘far-west’ dei parcheggi: gli scambi social tra l’amministrazione – come al solito il più attivo è l’assessore ai lavori pubblici Enrico Melasecche – e i cittadini non mancano sull’argomento.

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