Terni e l’università: l’assessore è solo

Giorgio Armillei ha tentato di aprire un dibattito: ma ha parlato da solo e non certo per colpa sua. Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

A Terni Giorgio Armillei tiene fede al ruolo di assessore comunale e da assessore all’università e ricerca ha per l’appunto cercato la maniera di far aprire un dibattito lanciando alcuni dati riguardanti il polo universitario ternano che, messi tutti insieme, volevano essere una provocazione.

Ha ricordato a tutti, l’assessore, che per l’università Terni ha tirato fuori di tasca 18 milioni di euro negli ultimi anni: dodici per le strutture e sei per la gestione. Ha poi sottolineato che a Terni gli iscritti solo calati del trenta per cento tra il 2010 e il 2015, passando da 3109 a 2200.

A Perugia (perché dicono che l’Università è regionale) gli iscritti sono diminuiti della metà: il 15 per cento. Si sa il calo c’è dappertutto: l’aumento delle tasse, che ormai sconsiglia l’iscrizione-parcheggio; il calo delle vocazioni (meglio un lavoro qualunque tanto con la laurea che ci fai?) tra i motivi più citati, anche se si potrebbe aggiungere che, in generale, l’università appare dimenticata in Italia, che non ci sono soldi nemmeno per pagare dignitosamente i docenti, se si pensa che – a parte gli stabilizzati – per un corso un docente può arrivare a percepire persino 1.100 euro lordi in totale.

E comunque sarebbe da discuterne, magari cercando di inventarsi qualche contromossa e provando a segnalare un disagio, a tener vivo un problema. Eccola, allora, la ricerca dell’assessore: era quella di un qualche interlocutore sperando di trovare chi cavalcasse la tigre.

Cerca e ricerca, che ha trovato? Un’alzatuccia di spalle del “magnifico” rettore dell’Università di Perugia; il silenzio più assoluto dell’amministrazione comunale; una qualche flebile lamentazione in seno al consorzio universitario. Fuori Terni o a Perugia tutti muti, in tutt’altre faccende affaccendati.

I milioni di euro spesi che hanno fruttato? Un tentativo di rivitalizzazione di un centro storico minore come Collescipoli abortito, proprio mentre arrivavano i primi segnali positivi.

Una facoltà moderna, che avrebbe potuto essere capace di rispondere ai sogni di tanti giovani, chiusa mentre ancora s’imbiancavano i tramezzi; un’opera faraonica (per quel che è costata) come la facoltà di biotecnologia usata nello stesso modo di uno che ha il foglio rosa e una Ferrari in garage; una facoltà umanistica sbiellata appena in messa in moto (tanto per restare in tema).

Per fortuna ci sono i vecchi, sempre buoni, capannoni che furono della scuola di formazione della Finsider. Sempre lì torniamo: al Martin e i suoi derivati.

D’altra parte sembra che a Perugia continuino a pensare che Terni solo di siderurgia, meccanica e poco altre debba intendersi, come dimostrano le spallucce del rettore e come spiegò quel professore togato di sociologia di Perugia: “Qui va bene solo la facoltà di scienze dell’investigazione a Narni: tutti vogliono fare i poliziotti”, il che è come se avesse detto che tutti quelli che studiano lettere sognano di entrare alle poste.

A volte è meglio il silenzio. Il fatto è che a Terni, in generale, ormai è diventato assordante.

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