Terni, evasione ‘cinese’ L’indagine si allarga

Sale a 17 milioni di euro la stima dell’evasione fiscale messa in atto da sei società e venti soggetti di etnia cinese operanti su Terni

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Si allarga – dal punto di vista del volume dell’evasione fiscale sottostante – l’indagine ‘Grande Muraglia’ che nelle scorse settimane, a Terni, aveva portato alla denuncia di venti persone di etnia cinese, operanti nella produzione di articoli di abbigliamento, rivenduti ad un’importante azienda del nord Italia. Sei le società finite sotto la lente delle fiamme gialle con sequestri pari ad oltre 2 milioni di euro.

PARLA IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA, ALBERTO LIGUORI – IL VIDEO

Numeri importanti I militari del Nucleo di polizia economica finanziaria della guardia di finanza di Terni, analizzando la documentazione fiscale e contabile acquisita in fase di indagine, hanno infatti stimato un’evasione – fra imposte dirette ed indirette – di circa 17 milioni di euro: ben 10 in più rispetto a quanto inizialmente individuato.

Il ‘sistema’ I riscontri, che hanno interessato tutto il territorio nazionale, hanno portato alla luce – spiegano dal comando di via Bramante – «un articolato sistema di frode fiscale, finalizzato all’evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva, posto in essere attraverso la creazione di aziende ‘apri e chiudi’ (caratterizzate da un turnover nell’attività produttiva di durata biennale), intestate fittiziamente a prestanomi di etnia cinese, succedutesi nel tempo nei medesimi locali adibiti a laboratori e magazzini».

Fatture per operazioni inesistenti Al centro del sistema scoperto originariamente dalla finanza, c’era «l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, emesse da altre imprese gestite da cittadini cinesi fra la provincia di Perugia e i territori di Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, che facevano poi perdere le proprie tracce, ‘dimenticando’ di presentare le relative dichiarazioni fiscali».

Numeri L’attività del nucleo di polizia economico finanziaria coordinato dal tenente colonnello Fabrizio Marchetti, si è realizzata attraverso cinque verifiche fiscali ed un controllo fiscale nei confronti di una società di fatto e cinque ditte individuali. Alla Direzione provinciale delle entrate – relativamente alle annualità comprese fra il 2013 e il 2017 – sono state segnalate violazioni per oltre 16 milioni di euro fra imposte dirette e Irap e di oltre 1 milione e 400 mila euro ai fini dell’Iva.

Ventotto i reati tributari contestati ai venti soggetti denunciati a piede libero alla procura di Terni. Fra questi, le operazioni inesistenti, le dichiarazioni fraudolente mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

I sequestri «L’operazione di servizio – spiegano dal comando provinciale della guardia di finanza di Terni, guidato dal colonnello Massimiliano Giua – rappresenta la naturale conclusione delle attività di polizia giudiziaria poste in essere a partire dal gennaio 2017 e che lo scorso novembre avevano permesso di eseguire un sequestro preventivo di beni, finalizzato alla confisca ‘per equivalente’, per un importo di oltre 2 milioni e 100 mila euro».

Conti, auto e immobili Fra i beni ‘sigillati’, a seguito della richiesta del procuratore Alberto Liguori e del pm Camilla Coraggio, poi accolta dal gip di Terni, figurano numerosi conti correnti bancari, tre autovetture di lusso, oltre novanta machinari per la produzione di articoli di abbigliamento, due appartamenti ed un immobile adibito a magazzino/laboratorio nella zona industriale di Maratta, a Terni.

A tutela del mercato «L’operazione posta in essere – proseguono le fiamme gialle ternane – conferma l’imprescindibile ruolo della guardia di finanza quale forza di polizia economico-finanziaria e baluardo contro le distorsioni del corretto funzionamento del sistema economico nazionale. Le conseguenze di quanto rilevato non si limitano alla sola evasione fiscale, ma finiscono per creare notevoli effetti distorsivi alla libera concorrenza e al corretto funzionamento del libero mercato. Le aziende oggetto dell’indagine, infatti, erano in grado di offrire prodotti ad un prezzo inferiore rispetto a quello praticato da altre che operano nel rispetto della legalità e della normativa vigente».

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