Terni, Fabbrica d’armi: «Punto di non ritorno»

Polo di mantenimento delle armi leggere: carenze d’organico e mancanza di ricambio. Nuovo sos dei sindacati: «Subito interventi o si rischia lo stop»

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di S.F.

Età media di 57 anni, pensionamento vicino per diversi dipendenti civili, mancanza di ricambio, assunzioni bloccate e segnali che non arrivano dal Ministero della difesa. E per il Polo di mantenimento delle armi leggere – Pmal, ex Fabbrica d’armi – il grigio scenario attuale, più volte denunciato in passato, va peggiorando: «Siamo al punto di non ritorno, si va verso il blocco dell’attività in questo modo», il grido d’allarme lanciato martedì mattina dalla Cgil Fp, Uil Pa, Cisl Fp e Rsu del polo. Con ‘invito’ ad agire per Comune e Regione: «Agiscano, questa è una vera e propria vertenza».

PARLANO ROBERTO DE CESARIS (CGIL FP) E GUGLIELMO BIZZARRI (UIL PA), VIDEO

La carenza 306 dipendenti civili per la lavorazione di armi e allestimenti, poco meno di 50 dipendenti militari di supporto. Un numero – nel primo caso – che fa scattare l’allarme dei sindacati, anche perché a stretto giro sono attese ulteriori defezioni a causa dei pensionamenti: «Impellente – ha spiegato Guglielmo Bizzarri della Uil Pa – che ci siano assunzioni in deroga, nel 2020 saremo in 275 e l’anno successivo scenderemo a quota 240. Nel 2024 si passerà a quota 147. Ricordiamo che bisogna passare per un concorso e, dal momento della domanda all’ingresso nel ciclo produttivo, occorrono circa tre anni. C’è necessità di muoversi perché non siamo in grado di tramandare il know-how così: la carenza in essere ci sta costringendo a rinunciare ad alcune commesse di lavoro».

La critica al Comune: «Garanti per sé stessi»Nei mesi scorsi i sindacati hanno avuto modo di parlare della questione con gli enti locali. C’è però qualcosa che non convince: «Nel percorso intentato con le forze politiche locali abbiamo avuto modo di parlare con il sindaco Leopoldo Di Girolamo e il vice presidente della Regione Fabio Paparelli. Il Comune ha fatto cadere nel vuoto gli atti di indirizzo presentati, tutti regolarmente disattesi. Sono garanti per sé stessi, c’è calma piatta su quella sponda», la frecciata di Bizzarri in direzione palazzo Spada. Che ha invece elogiato il comportamento della Regione: «Paparelli si è attivato e siamo potuti arrivare al sottosegretario Angelo Rughetti: speriamo che i sondaggi in atto portino allo sblocco assunzionale di cui c’è bisogno. Non stiamo chiedendo questo per noi, ma per lasciare un buono stabilimento in dote alla città. Al Pmal servono profili tecnici». I sindacati hanno chiarito che, d’accordo con la Regione, sono stati concordati dei corsi di formazione propedeutici all’eventuale ingresso dei giovani.

L’ATTO DI INDIRIZZO CHE PRESENTÒ FRANCESCO FILIPPONI (PD)

Roberta Pinotti

Gli impegni disattesi e la resistenza Nel mirino dei sindacati ci finisce anche l’attuale Ministro della difesa, Roberta Pinotti, che visito il Pmal nell’ottobre 2013 (all’epoca era sottosegretario): «In quella circostanza prese degli impegni proprio su questo tema, ma non è accaduto nulla». Mario Pragliola (Cisl Fp) ha parlato di «dover far fronte all’emergenza per cercare di mantenere in vita l’ente, si tratta di una sorta di resistenza». Citata anche la legge di stabilità e la norma – la speranza dei sindacati – da riscrivere per consentire le assunzioni. A rappresentare la Rsu al ‘tavolo’ Ottavio Roncetti.

Obiettivi e mancanze Roberto De Cesaris, presidente del direttivo Cgil Fp, ha sottolineato che la situazione «va avanti da diversi anni, nei quali abbiamo rappresentato ai vari governi questo allarme. Siamo un polo unico sul territorio e la ‘missione’ riguarda tutto il parco degli armamenti leggeri, dalle pistole ai mortai da campo: un settore molto vasto e che richiede tecnologie spinte. Lo scenario si sta aggravando perché non ci sono assunzioni da parte del Ministero della difesa e stiamo subendo un impoverimento graduale a causa dei pensionamenti: l’ultimo decreto ministeriale, del 2014, fissa a 384 il numero di dipendenti civili, mentre effettivamente ce ne sono molti di meno. Nel giro di due anni scenderemo di altre 100 unità e non potremo più garantire il rispetto degli obiettivi».

Leopoldo Di Girolamo

Il danno e la sollecitazione Per De Cesaris non è né più né meno di un «un problema gravissimo anche per il Ministero della difesa, che continua a definirci un ente strategico: noi facciamo questo tipo di lavoro anche a favore dei carabinieri e di altri corpi armati dello Stato, interventi che nessun altro può fare. Lo stop del servizio arrecherà un danno rilevante per lo Stato: chiediamo dunque di sbloccare subito il turn-over per questo ente e quelli similari, le chance di farlo attraverso assunzioni progressive ci sono. Occorre fare presto, altrimenti non si potrà recuperare il gap tra i fuoriusciti e i nuovi arrivi. Tutto ciò è stato detto a Di Girolamo e a Paparelli, per poi arrivare al sottosegretario della semplificazione e pubblia amministrazione Rughetti: si è impegnato a sollecitare la problematica direttamente al Ministero. Ci attendiamo un loro interesse diretto e risposte immediate, non ci sono più margini di attesa. Questa è la seconda realtà industriale del territorio dopo l’Ast e se non cambierà nulla metteremo in atto tutto ciò che potremo fare per mobilitare il personale».

La richiesta e la vertenza I sindacati si aspettano passi concreti dalla politica: «La tematica – ha concluso De Cesaris – non è solo relativa al Pmal, coinvolge anche altre situazioni nazionali. Ci aspettiamo che Comune e Regione si uniscano per portare avanti questa vera e propria vertenza per il pubblico impiego: può portare posti di lavoro in città, lo abbiamo visto con la Asl. Chiediamo agli enti locali che abbiano la nostra stessa ambizione: lasciare in dote a Terni un importante sito industriale che, tra personale civile e militare, può dare lavoro a oltre 450 persone. Se non accadrà nulla? Ci consulteremo e vedremo, ripeto che questa è una vertenza che coinvolge l’intera città e nel caso potrebbero esserci delle manifestazioni».

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