Terni, indagine Spada: sindaco contrattacca

Di Girolamo pronto a querelare la senatrice Lezzi (M5S) per le dichiarazioni a La7. Ma il Riesame conferma: «Andava sospeso ma la legge non lo consente»

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Bufera sulle dichiarazioni della senatrice Barbara Lezzi (M5S) che nel corso della trasmissione ‘Otto e mezzo’ andata in onda giovedì sera su La7 ha affermato che «noi (del Movimento 5 Stelle, ndR) ormai abbiamo diversi eletti e tra loro non c’è nessuno per cui ci sia un dubbio che abbia toccato dei soldi pubblici. Io voglio ricordare al Partito Democratico che c’è, ad esempio, una città come Terni che è in pieno delirio dopo che il sindaco del Pd è stato arrestato non meno di un mese fa. C’è stato anche il sindaco di Pescia, quindi giorni fa, sempre del Pd, che è stato arrestato. E qui si parla di truffa aggravata allo Stato, di peculato ossia furto di soldi pubblici».

Barbara Lezzi (M5S)

Querela in vista Parole che hanno portato alla dura reazione del sindaco di Terni, Lepoldo Di Girolamo: «Ho dato mandato al mio avvocato – afferma il primo cittadino attraverso il proprio profilo Facebook – di vagliare i presupposti per un’azione penale e civile nei confronti della senatrice Barbara Lezzi per le sue gravissime affermazioni. La senatrice fa dichiarazioni prive di ogni fondamento sulla mia persona. Posso dire con assoluta certezza che, a differenza di quanto sostiene la Lezzi, non sono mai stato accusato di peculato. Nelle accuse che mi sono mosse, infatti, non c’è mai alcun riferimento a denaro, né come corruzione, né come furto. Mi auguro che la senatrice non si rifugi dietro lo scudo dell’immunità parlamentare ma che risponda alla legge come ogni cittadino».

«Doppiopesismo, una vergogna» «Constato ancora una volta il doppiopesismo di certi movimenti politici – aggiunge Di Girolamo -. Quando sono indagati i loro sindaci si dicono garantisti, per i sindaci degli avversari si va invece direttamente alla gogna e alla condanna mediatica. Una vergogna, una barbarie, da parte di chi sta volutamente lacerando ogni diritto costituzionale e persino ogni regola di convivenza civile».

Il Riesame In merito all’indagine Spada, il tribunale del Riesame di Perugia non si può certo dire che abbia ‘demolito’ l’ordinanza con cui il gip di Terni, Federico Bona Galvagno, aveva disposto l’arresto del sindaco Leopoldo Di Girolamo e dell’assessore ai lavori pubblici Stefano Bucari, con il primo che – a giudizio del tribunale del Riesame di Perugia e sulla base del pericolo di reiterazione del reato – doveva essere destinatario di una misura interdittiva analogamente al secondo, poi dimessosi dall’incarico, che però non può essere applicata in quanto il primo cittadino ricopre il proprio ufficio per diretta investitura popolare. È questo il succo dell’ordinanza con cui i giudici – presidente Giuseppe Narducci, giudici a latere Marco Verola e Luca Semeraro – lo scorso 22 maggio hanno revocato gli arresti del sindaco, confermando la sospensione dal ruolo di amministratore comunale per Bucari.

INDAGINE ‘SPADA’, LA VICENDA

Tribunale di Perugia

«Nessun fatto corruttivo o collusivo» Partendo dalle argomentazioni ‘pro indagati’, strettamente legate alla decisione di rimettere in libertà Di Girolamo, il tribunale del Riesame evidenzia come «i delitti sono stati commessi sempre e solo nella qualità di amministratori del Comune di Terni e non coinvolgono in alcun modo la sfera della vita privata e di relazione degli indagati». Per questo gli arresti domiciliari «non appaiono proporzionati a quanto accertato, tenuto conto che l’indagine non ha evidenziato fatti corruttivo-collusivi a carico degli indagati. Essi non hanno intascato denaro o altre utilità in cambio dell’adozione degli atti amministrativi e non sono emersi rapporti personali tra amministratori e responsabili di determinate cooperative». In sostanza, «i delitti commessi, pur indubbiamente gravi, non possono essere equiparati a delitti venti natura corruttiva».

INDAGINE ‘SPADA’, SFILZA DI NUOVI INDAGATI

Il gip Federico Bona Galvagno

Le ragioni Fin qui gli elementi che hanno spinto il collegio giudicante ad annullare l’ordinanza di custodia cautelare emessa il 2 maggio nei confronti di Leopoldo Di Girolamo che però, il Riesame lo dice esplicitamente, avrebbe dovuto essere sospeso dalla propria carica. Ma il codice di procedura penale (ex articolo 289, comma 3°) non lo consente. Da qui la revoca della misura precedentemente applicata dal gip su richiesta del pm Raffaele Iannella. Ciò che invece ha consentito a Stefano Bucari di vedersi revocati i domiciliari il 4 maggio, appena due giorni dopo l’arresto, è lo stesso motivo – il fatto di essere stato nominato assessore dal sindaco, e non eletto – che ha portato i giudici del Riesame a confermare la misura interdittiva, sulla base del pericolo di reiterazione del reato riscontrato dagli stessi.

Il pm Raffaele Iannella

«Fatti illeciti non occasionali» Ma il cuore dell’ordinanza notificata giovedì alla polizia giudiziaria, e quindi ai legali degli indagati, è nella ricostruzione che il Riesame fa delle conclusioni che hanno portato il gip Bona Galvagno a disporre gli arresti nei confronti di Di Girolamo e Bucari, su richiesta del pm Iannella. E per i giudici di Perugia «i fatti illeciti commessi dagli indagati non solo non sono estemporanei o occasionali, ma dimostrano che nel Comune di Terni il sistema degli appalti pubblici non si è mai conformato alla normativa nazionale e comunitaria e gli indagati hanno prodotto una palese ‘distorsione’ delle procedure amministrative per il raggiungimento di finalità politico-amministrative, cioè garantire l’aggiudicazione dei servizi a imprese o associazioni di imprese operanti nel territorio ternano».

Di Girolamo e i suoi legali

«Normativa elusa sistematicamente» Per il Riesame, che va ricordato ha rimesso in libertà il primo cittadino, «appare utile rammentare che il Comune di Terni ha bandito una sola gara ad evidenza pubblica, in materia di verde pubblico, nell’anno 2008. Dall’agosto 2011 al febbraio 2015 non ha più indetto gare ad evidenza pubblica. La circostanza – scrivono i giudici – è clamorosa e, più di ogni altro argomento, dimostrativa della pervicacia della condotta tenuta dagli indagati e diretta ad eludere sistematicamente la normativa in materia di contratti pubblici».

Il ‘sistema’ Sulla base delle conclusioni del gip, delle osservazioni dei legali – gli avvocati Attilio Biancifiori e lo studio Calvi per il primo cittadino, l’avvocato Roberto Spoldi per l’ex assessore Bucari – e degli atti del pm, il tribunale del Riesame manifesta senza mezzi termini la propria idea. Che parla di appalti illecitamente frazionati o prorogati ‘ad libitum’ per evitare di indire gare ad evidenza pubblica, favorendo in tal modo alcune cooperative a sfavore di qualsiasi altra realtà che avrebbe potuto o voluto presentare una propria offerta per aggiudicarsi i servizi finiti sotto la lente.

Stefano Bucari e l’avvocato Spoldi

«Gravi indizi di colpevolezza» E ciò, per il Riesame che rileva la sussistenza dei ‘gravi indizi di colpevolezza’, riguarda tanto l’affidamento dei servizi di manutenzione del verde pubblico, di quello compreso nell’area del cimitero di Terni, dei servizi cimiteriali e del servizio di supporto e assistenza turistica nell’area della Cascata delle Marmore. In tutti i casi viene contestato agli indagati il reato di ‘turbata libertà degli incanti’ realizzato attraverso l’indebito frazionamento degli appalti per importi inferiori alla soglia comunitaria o le ripetute proroghe senza indire alcuna gara. Un ‘metodo amministrativo’ che per i giudici del Riesame «è condiviso sia dalle strutture tecniche del Comune che da quelle politiche, precisamente scelto e voluto nel corso degli anni con una significativa continuità. In ciò sta la sussistenza del concorso di persone nel reato tra gli organi amministrativi e quelli politici, perché le delibere agevolano e determinano gli organi tecnici del Comune nel predisporre le gare ‘turbate’ dai frazionamenti e dalle proroghe che, in gran parte dei casi, hanno avuto la finalità di consentire l’affidamento dei lavori alle cooperative della zona del ternano».

«Nessuna inversione di rotta» Infine il Riesame si sofferma su tre aspetti: la piena consapevolezza che la procedura seguita non era conforme alla legge, le ‘ammonizioni’ di cui gli indagati non avrebbero tenuto conto e la ‘reiterazione del sistema’ anche a seguito dell’indagine – condotta dal pm Raffaele Iannella che ha chiesto il rinvio a giudizio di venti persone – sull’appalto per lo smaltimento del percolato dell’ex discarica comunale di vocabolo Valle. Per il primo aspetto, il grado di ‘dolo’, il Riesame evidenzia come il sindaco e l’ex assessore siano «’collaudati’ amministratori che svolgono il proprio ufficio da molti anni». Per il secondo, gli ‘avvertimenti’ in materia di rispetto delle norme lanciati dal dirigente Sdogati nel 2012 e dal segretario generale Aronica nel 2015, questi sarebbero stati ignorati. E poi l’indagine in corso sullo smaltimento del percolato: «L’aver accertato che nel corso degli ultimi anni è esistito un ‘sistema illegale’ nel settore degli appalti pubblici, che detto sistema ha operato fino al 2016, che non è stata compiuta alcuna inversione di rotta e di ritorno alla legalità neppure dopo il coinvolgimento degli amministratori nella vicenda penale relativa alla discarica, rende di tutta evidenza che gli amministratori locali di Terni possono continuare a perpetuare detto sistema mediante adozione di altre delibere nel settore degli appalti, cioè commettere altri delitti di turbata libertà degli incanti».

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