La ‘squadra del cuore’ salva un’altra vita

Terni: Valentino Borghetti, direttore della cardiochirurgia del ‘Santa Maria’, racconta le ore decisive per un paziente di Rieti: «È stata la sinfonia di un’orchestra. Grazie a tutti»

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Il racconto appassionato, di chi sta sul ‘campo’, di un intervento tanto straordinario quanto complicato, su un paziente 60enne di Rieti a cui, lo scorso febbraio, il personale dell’ospedale di Terni ha salvato la vita.

Valentino Borghetti

di Valentino Borghetti
Direttore facente funzioni Cardiochirurgia
Azienda ospedaliera ‘Santa Maria’ di Terni

 

La ‘squadra del cuore’ e le sue sofferenze

Questa mattina non è ancora mezzogiorno, ma siamo già sul campo per l’intervento chirurgico elettivo, quello programmato da giorni. La tensione si fa sentire ma il sangue freddo è più forte, a gestire gli imprevisti. Mentre ripasso mentalmente il caso del signor R.F., il telefono squilla. Lo tengo acceso per qualsiasi evenienza, anche se non posso rispondere di persona. L’infermiere di sala operatoria mi dice che la chiamata proviene dal vicino ospedale di Rieti e riguarda un paziente di 60 anni con una ‘dissezione dell’aorta toraco-addominale’. La bestia! La più temibile causa di morte in cardiologia. Quando ‘ti prende’, la prognosi è terribile: ne muore uno ogni ora dal momento in cui si fa la diagnosi. Perché l’aorta è quell’autostrada della vita che quando si rompe può tramutarsi in inferno.

Dall’altra parte del telefono c’è il caro Lorenzo, anestesista che ha lavorato con noi per diversi anni e che ha poi deciso di tornare nella sua città natale. Mi dice: «Valentino, buongiorno. Ti chiedo disponibilità per questo caso, perché voi siete più vicini rispetto a Roma e vi conosco professionalmente. So che è in buone mani». Io cerco di pensare il più rapidamente possibile, perché il caso del signor R.F. non è ancora finito. Chiedo ai colleghi della chirurgia vascolare come proceda la situazione nella sala operatoria adiacente. Mi rispondono che hanno quasi finito e che si può dare il via all’accoglimento. Ma c’è da pulire, bisogna allestire la macchina cuore polmone e reclutare il personale dedicato. Tutto questo porta via tempo e lei, la bestia, di tempo ne dà poco, quasi niente.

Ed è proprio qui che si fa squadra, quando persone responsabili non fanno le pulci alla burocrazia ma suonano il loro miglior repertorio. Perché le orchestre virtuose sono formate da musicisti virtuosi. Gli archi fanno vibrare le corde tenendo quella nota in sospeso, interminabile, quasi a voler mimare una brezza di speranza. Creano l’ambiente favorevole all’ingresso dei fiati, perentori, dal timbro deciso e fermo. Poi, il clarinetto e l’oboe a vibrare l’ancia senza esitazione. Il rullo di tamburi finale annuncia l’arrivo da Rieti del signor V.E., quello con la dissezione aortica, molto sfortunato e molto sofferente. Lo ha accompagnato Lorenzo, il nostro amico, che ci saluta trafelato. Sappiamo per esperienza che dobbiamo agire con rapidità e destrezza, ma senza rinunciare alla sicurezza. Ci siamo tutti: cardiochirurghi, chirurghi vascolari, anestesisti-rianimatori, infermieri strumentisti, infermieri di sala operatoria e gli operatori socio-sanitari. Tutti per trarre il signor V.E. da morte certa.

Realizziamo fin da subito che il paziente è molto grave, perché l’aorta si sta rompendo e perché una gamba è completamente pallida, senza sangue circolante. Quello che tecnicamente definiamo ‘arto marezzato’. Pessimo segno. La situazione è talmente complessa da richiedere due interventi in successione: la sostituzione completa dell’aorta ascendente toracica e parziale dell’arco aortico, associata ad un bypass arterioso femoro-femorale.

Iniziamo questa sinfonia, affinché la vita possa tornare a sorridere al nostro sfortunato amico. Prima lavoriamo noi, sulla parte toracica. La stanchezza si fa sentire, perché siamo qui dal mattino e sono quasi le cinque del pomeriggio. Non si molla. Nessuno si fermi. Il tempo scorre lentamente ma la sapidità della fatica diventa quasi piacevole, se tutto procede senza complicazioni, anche se non beviamo da ore.

Ecco, sì, abbiamo finito e il cuore del signor V.E. ricomincia a battere. Non ci sono emorragie gravi e siamo contenti. Chiudiamo il torace, perché adesso tocca a loro, ai vascolari. Sono rimasti lì tutto il tempo e ci sostituiscono come si farebbe con un calciatore stremato che abbia dato tutto nel primo tempo della partita. Loro fanno, con pulizia e dovizia di particolari, fino alla fine. In tutto, sono quasi otto ore di intervento. Grazie ambulanza. Grazie radiologia. Grazie tecnologia. Grazie laboratorio analisi. Grazie. A tutti noi. Il signor V.E. viene trasferito in unità di terapia intensiva post-operatoria in condizioni di assoluta stabilità. Ci vorranno tre giorni per il risveglio completo e l’estubazione ed altri tredici di degenza, prima di trasferirlo nella cardiologia della deliziosa città di Amelia, a completamento del ciclo di riabilitazione. Siamo soddisfatti perché, più di tutto, vale il suo sorriso, ritornato sulle labbra ad alimentare le nostre anime, privilegiate compositrici di melodie celestiali.

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