Terni, ‘Legality Days’: «Etica d’impresa»

Durante il terzo appuntamento dell’iniziativa di Ast si è parlato della norma 231 che ha introdotto una nuova forma di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

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Sullo sfondo rosso dell’auditorium di Confindustria, mercoledì pomeriggio, alle 17,30, è iniziato il terzo appuntamento con ‘Legality days’ di Ast, il progetto sul tema della legalità e della lotta alla corruzione (protocollo d’intesa firmato in Prefettura lo scorso ottobre). L’argomento di cui si è discusso durante il workshop è stato il decreto legislativo 231 del 2001.

Gli ospiti L’appuntamento ha visto due momenti. La prima parte di carattere istituzionale e divulgativo, mentre nella seconda spazio ad un focus dedicato alla compliance di Ast come case history. A introdurre l’argomento è stato l’ex senatore della Repubblica Guido Calvi – era previsto anche l’intervento di  Giuseppe Valentino che però non è potuto esserci per motivi di salute -; con lui Roberto Marraffa, giurista d’impresa e docente di etica d’impresa e bilancio sociale nonché membro del comitato scientifico del salone della giustizia. 

Il tema principale Si è parlato del provvedimento che ha introdotto una nuova forma di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, conseguente alla commissione di illeciti penali da parte di amministratori e dirigenti delle società e degli enti pubblici economici. Secondo l’articolo 3 del regolamento, pubblicato in gazzetta ufficiale il 18 dicembre 2012, l’impresa vedrà incrementato il punteggio del ‘rating di legalità” qualora abbia adottato «un modello organizzativo ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231».

Responsabilità amministrativa dell’ente È stato Maraffa a introdurre l’argomento. «Bisogna partire – dice – dal perché nasce la 231 e la responsabilità sociale d’impresa. Fino al 2001 nessuno si è posto problema di subire conseguenze di carattere penale per reati corruzione. Da quel momento ci siamo europeizzati o americanizzati.  Gli americani, infatti, introdussero queste norme all’inizio del 900. No«i siamo arrivati per ultimi ma abbiamo fatto le cose per bene».

Etica «La 231 – continua – è la concretizzazione del concetto dell’etica d’impresa. Concetto molto vago perché etica e impresa non vanno sempre d’accordo. L’impresa è un mondo a parte, di persone che lavorano. Noi siamo individui che devono fare qualcosa, che lavorano. E lo facciamo o per noi stessi o per altri. L’impresa non fa beneficenza, ma profitto, ma tra profitto e  la legge deve esserci contemperamento di interessi».

Reati «Quando si parla di 231 non si parla di reati che commette l’impresa in sé per sé; qualcuno commette il reato e l’azienda ne risponde. Etica d’impresa è la responsabilità di un imprenditore non solo di fare profitti, ma di guardare anche suoi punti di riferimento fuori dall’impresa. Etica significa essere responsabili e capire che non si può far finta che gli altri non esistano, si vive in un mondo in cui gli altri ci sono. L’azienda che fa star bene i dipendenti, non crea disagi con chi entra in contatto, ma crea rete di benefici di cui usufruirà il territorio. La 231 ha fatto ingresso per fare chiarezza su questo punto».

Responsabilità delle persone giuridiche A prendere la parola poi Calvi che ha spiegato come la 231 abbia rovesciato completamente un principio secolare «cioè il principio romano di ‘societas delinquere non potest’». «La dottrina – dice – ha parlato di innovazione epocale del sistema. Nell’articolo 196 del Codice penale già si prevedeva una responsabilità dell’impresa però questa norma ‘nuova’, la 231, dice cose ovvie semplici e condivisibili. Credo che in Italia il mondo dell’impresa ancora non conosca abbastanza questa legge e questo determina un grande rischio per le imprese, è un po’ come vaccino. Se uno si vaccina prende il morbillo e stessa cosa vale per le imprese, se non seguono la legge ‘si ammalano’. Con questa legge il reato si configura a carica dell’ente e non più solo a carico della persona fisica».

La storia della legge «Per capire perché abbiamo introdotto legge dobbiamo ricordare gli input ricevuti. Inizialmente il decreto 231 è stato il frutto di un adeguamento comunitario. La norma prevede che l’impresa risponda in sede penale del reato compiuto da persone con ruoli apicali o dipendenti. Questa legge è in fortissima espansione perché non prevede più solo un tipo di reato presupposto – la corruzione – ma nel 2016 si è estesa a tanti altri reati (ambientali per dirne uno); gran parte dei reati sono presupposto per l’applicazione della 231. Le imprese, però, possono essere esonerate purché pongano in essere alcuni elementi; l’azienda, infatti, risponde solo se non ha messo in essere gli elementi che la 231 prevede. È come il vaccino. Gli strumenti per evitare conseguenze sono semplici. Sorprende, infatti, che le aziende siano così in ritardo.

Consapevolezza «Occorre che le imprese abbiano consapevolezza di questa norma anche perché ogni anno c’è un’estensione del numero di reati presupposti, quindi l’azienda deve porre in essere un modello organizzativo che la esonera. Per tutelare il principio di legalità l’impresa deve rispondere con efficacia allo sforzo che lo Stato sta facendo per moralizzare il mondo imprenditoriale per giungere a un equilibrio che rende più sano il mercato.

Il case history Ast Dalle 18,30 è iniziata la seconda parte dell’appuntamento. Spazio ad Antonio Buonafine (regionale compliance officer Thyssenkrupp Italia), Roberto Fiore (avvocato penalista dello studio LegalPartner) e Alessandro Foti (presidente dell’Organismo di vigilanza Ast Terni e Ceso Eshq Consulting s.r.l.). Sia Buonafine che Fiore sono componenti dell’Organismo di vigilanza.

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