Terni, polmonite da legionella: salvata

Per una 70enne di Amelia, giunta al Santa Maria lo scorso 13 luglio, decisiva l’ossigenazione extracorporea del sangue (Ecmo)

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Si è rivelata decisiva l’Ecmo – una tecnica salvavita di supporto cardiopolmonare – per una paziente 70enne di Amelia che lo scorso 13 luglio, dopo un periodo di vacanza in una struttura alberghiera delle Marche, è giunta all’ospedale Santa Maria di Terni con febbre, vomito e gravi problemi respiratori.

Scelta decisiva La donna – un dato confermato dagli esami di laboratorio – era affetta dal virus della legionella con conseguente grave polmonite. Il peggiorare delle sue condizioni – era, senza mezzi termini, in pericolo di vita – hanno spinto i sanitari del nosocomio di Terni ad utilizzare l’assistenza circolatoria mediante Ecmo, visto che quella respiratoria ‘semplice’ si stava rivelando inefficace. Una scelta che si è dimostrata positiva, tanto che ora l’anziana sta decisamente meglio.

Cos’è «L’Ecmo (Extra Corporeal Membrane Oxigenation) – spiegano Alessandro Pardini e Fabrizio Armando Ferilli, direttori rispettivamente del dipartimento cardio-toraco-vascolare e della struttura di cardioanestesia dell’ospedale di Terni – è un dispositivo che, attraverso l’uso della macchina cuore-polmone, permette la circolazione extracorporea cioè l’ossigenazione artificiale del sangue, in modo da mantenere in vita un paziente, anche privo di funzionalità cardiaca o polmonare, mentre si attuano i trattamenti terapeutici per il recupero funzionale degli organi vitali. In Italia solo pochi centri ospedalieri-universitari dispongono dell’Ecmo e molti lo utilizzano esclusivamente per patologie cardiache ma non per insufficienze respiratorie acute. Ciò soprattutto per l’alta complessità gestionale che comporta, anche in termini di professionalità e risorse umane tra cardioanestesisti, cardiochirurghi, perfusionisti e infermieri specializzati».

Nove giorni di ‘Ecmo’ Si tratta comunque di una tecnica di supporto vitale altamente invasiva non priva di rischi e di complicanze, che viene impiegata solo in situazioni estreme. «Nel caso della paziente colpita da legionella – precisa il dottor Ferilli – dopo nove giorni di assistenza mediante Ecmo la situazione respiratoria è nettamente migliorata ed è stato possibile procedere ad un progressivo svezzamento dalla macchina per poi iniziare il trattamento respiratorio riabilitativo».

I ‘precedenti’ Nel 2018 – riferisce l’azienda ospedaliera di Terni – è la terza volta che l’Ecmo viene utilizzata per gravi insufficienze respiratorie presso la terapia intensiva post-operatoria della cardiochirurgia. «Nei primi mesi dell’anno – aggiunge Fabrizio Ferilli – sono stati trattati con tale procedura altri due pazienti di circa 40 anni con gravissimi problemi respiratori causati da due patologie con elevato tasso di mortalità: polmonite da H1N1 in un caso e da varicella nell’altro. Entrambi i pazienti hanno superato la fase acuta e sono stati dimessi dall’ospedale in buone condizioni cliniche».

Numeri «L’azienda ospedaliera di Terni – prosegue la nota – a partire dalla pandemia influenzale da virus A/H1N1 del 2009, si è strutturata in modo da eseguire la procedura non soltanto per insufficienza cardiaca ma anche per insufficienza respiratoria acuta grave ed è pronta ad accogliere questo tipo di pazienti gravi, spesso a rischio di vita, da tutta la regione e da altre regioni, grazie alla esperienza multispecialistica sviluppata in questi anni. In particolare, negli ultimi cinque anni l’Ecmo è stato impiegato per assistenza respiratoria in otto persone (di cui tre nel 2018): quattro persone colpite da virus H1N1, una persona per complicanze da varicella, due persone post intervento, una persona colpita da legionellosi. È stato registrato solo un decesso su otto casi trattati. Per l’assistenza cardiaca l’Ecmo è stato utilizzato in diciannove casi di cui due nel 2018: due persone con miocardite fulminante, quattro per infarto miocardico acuto, dodici persone post intervento cardiochirurgico, una persona con ‘heart mate’. La sopravvivenza supera il 55%, mentre il tasso di sopravvivenza complessivo si attesta sull’86%».

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