Terni, professionisti: «Alzare la testa»

L’ex assessore alla cultura del Comune di Terni, Giorgio Armillei: «L’innovazione nell’amministrazione pubblica non viene sempre dalla politica»

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Giorgio Armillei

di Giorgio Armillei
Già assessore comunale a Terni

Un’indagine non è una sentenza di condanna. L’umana solidarietà e la conferma della stima verso colleghi di lavoro indagati sono gesti che fanno la differenza tra una città che rispetta la dignità delle persone e – al contrario – un’accozzaglia sociale che si avvia a perdere le qualità di città. E non c’è codice di comportamento o regola disciplinare che tengano: lo spirito civico e i principi costituzionali vengono prima di tutto.

L’INCHIESTA IN COMUNE

Tuttavia è impossibile far finta di non vedere come dalla città, anche in forme esasperate e giustizialiste, emerga una domanda fortissima di trasparenza e di efficienza. E’ una domanda alle quale – noi che lavoriamo in una pubblica amministrazione o in un’azienda pubblica – dobbiamo rispondere in prima persona. Con coraggio oggi raddoppiato dalle esigenze di un ambiente deluso ma che non coltiva pregiudizi ostili. E dobbiamo anche farlo con urgenza: incombe da un lato la minaccia di uno sfilacciamento definitivo del rapporto tra la città e la sua amministrazione pubblica, e dall’altro la ricerca interessata o ingenua di un salvatore della patria, sia esso un commissario o l’ennesimo occhiuto piano anticorruzione.

E’ una domanda che ci sfida come diversificata comunità professionale: informatici e ingegneri, avvocati e sociologi, psicologi, educatori, mediatori e comunicatori, statistici, architetti, esperti di finanza pubblica e manager della cultura, social worker e tutti quelli che lavorano per l’amministrazione pubblica della città. Non lasciamo la risposta ai giochi di potere dei piccoli burocrati o dei fanatici delle manette addestrati alla cultura del sospetto. Quella che – diceva Giovanni Falcone – non è l’anticamera della verità ma l’anticamera del khomeinismo. Non lasciamo che a farsi sentire siano solo alcuni politici, aspiranti manovratori e vittime allo stesso tempo della gabbia burocratica. Non lasciamo che a rappresentare la nostra immagine siano manager pubblici nei quali in gran parte non ci riconosciamo.

Andiamo a fondo di una questione che è innanzi tutto di identità professionale. Orgogliosamente professionale.
Dobbiamo alzare la testa, uscire dallo stallo, rispondere ai sospetti. L’innovazione nell’amministrazione pubblica non viene sempre dalla politica e prendere in mano il processo di innovazione non è usurpare ruoli o spazi. Proviamo a cancellare ogni “chi me lo fa fare” con un sussulto di protagonismo. Proviamo a mettere in evidenza le nostre competenze professionali come un valore della città: public value lo chiamano gli anglosassoni. Nessuno ci deve dare il permesso e nessuno può immaginare di minacciarci. La Terni di domani dipende anche da noi.

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