Terni: «Se la dialisi diventa una tortura»

Lo sfogo denuncia di Pompeo De Angelis e l’iniziativa di Enrico Melasecche (IlT): «Il sindaco intervenga per fare chiarezza»

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Pompeo De Angelis è una delle eccellenze di Terni, dove è nato nel 1933.  Scrittore, saggista, uomo colto e poco propenso a far parte di conventicole, è stato anche autore, sceneggiatore e regista di cinema, teatro, televisione. Programmista per trent’anni alla Rai, è stato anche direttore editoriale della Eri, la casa editrice dell’azienda. Poi si è ammalato. E deve sottoporsi a dialisi. E alla sua ‘esperienza’ – non tanto di malato, quanto di persona che necessita di un servizio indispensabile per vivere – ha dedicato un j’accuse che non può è non deve passare inosservato.

L'ospedale

La dialisi

Il racconto «Fare la dialisi mi prolunga la vita. Senza il rene artificiale a cui vengo attaccato per quattro ore per tre volte a settimana – racconta Pompeo De Angelis – sarei morto quattro anni fa. Invece riesco ancora a scrivere. Scrivere è il mio ultimo atto vitale. Una volta mangiavo, bevevo, amavo, mi muovevo, andavo in biblioteca, a teatro, viaggiavo, visitavo i parenti, come può farlo un vecchio in discreta salute. Vivevo da solo. Mi facevo il caffè o mi cucinavo gli spaghetti al burro e parmigiano. Adesso, ho una persona che svolge le mansioni domestiche. Io non riesco a stare in piedi per più di qualche minuto e non riesco a far altro che stare a letto o seduto davanti al computer, resistendo al dolore che ho al cervello, ai nervi, alla colonna vertebrale, mentre la pressione sanguigna si riduce a settanta di massima o improvvisamente schizza a duecento quaranta. Non soffro soltanto di insufficienza renale, ma ho in aggiunta una cardiopatia, una ischemia cerebrale, annovero tredici ernie alla colonna e mi affligge un tumore alla prostata. Inghiotto venti pasticche al giorno e faccio il tra tran della dialisi, tanto per resistere».

Pompeo De Angelis2La terapia Il racconto della terapia è sobrio, ma straziante: «Dodici ore di dialisi e centoquaranta pasticche a settimana sono la mia terapia attuale. Lo Stato, a cui verso tante tasse – scrive De Angelis – paga questa enormità di cose per mantenermi in vita. E’ enorme l’umanesimo cristiano che prolunga il soffio di Dio sulla creta che diede l’anima ad Adamo. La vita appartiene al Creatore e gli uomini, in segno di reverenza verso Dio, garantiscono che il soffio duri il più possibile, con l’opera dei medici e dei custodi della salute individuale e pubblica. Non sarebbe meglio morire, prima della fiacca immane? Anche i medici, non solo i malati, costano molto. Ma questo è quello che accade nel migliore dei mondi possibile. Il migliore dei mondi possibili è crudele. Chi ti sta troppo vicino ti disprezza perché non sei forte, chi ti sta lontano ignora la tua debolezza e si complimenta della tua vita. “Sembra che tu non abbia niente, non dimostri l’età che hai” dice un amico che non vedevo dall’estate scorsa. Vorrei che arrivasse un amico per stagione. Ma solo poche persone mi vedono nel mio limbo di sopravvivenza. Io vedo gli altri malati nei letti accanto al mio. Siamo arrivati qui con diversi mezzi di trasporto».

Pompeo De Angelis1I trasporti Eccolo, il capitolo specifico: «Quelli che stanno meglio arrivano con la loro automobile e sono rimborsati della benzina. Infatti – spiega De Angelis – il trasporto dei dializzati è riconosciuto dalla legge come Lea (Livello essenziale di assistenza). In auto, vanno i più giovani, che sperano in un trapianto renale e sono baldanzosi. I trapiantati sono più esuberanti e appaiono in post su Facebook dell’Aned mentre svolgono gli sport, dallo sci alla pallacanestro. Una volta, la pubblicità televisiva mostrava delle persone di mezza età che scavalcano siepi, essendo rimaste giovani, in quanto bevevano Fiuggi o usavano l’olio di seme. I migliori, quando il trapianto non funzionerà più, torneranno all’emodialisi. A favore di chi non può spostarsi con l’auto propria interviene la Caposala dell’emodialisi, che distribuisce i malati tra alcune cooperative, le quali gestiscono dei mezzi di trasporto collettivo. I dializzati di questa categoria viaggiano con pulmini stracarichi con sette-otto persone a bordo, o con una o due persone. Non esiste un coordinamento fra i turni di dialisi e i turni di trasporto, quindi per alcuni il trasporto è lunghissimo, fatto di tante tappe per raccogliere ciascun paziente. Altri pulmini sono praticamente vuoti. Nei tempi lunghi del trasporto, i malati socializzano, esprimono le loro incazzature sul servizio, lamentano di aspettare troppo quelli che vengono “staccati” dal rene con ritardo, viaggiando parlano male della casta politica e ogni tanto bestemmiano per intercalare. I dializzati si sono allontanati da casa all’andata e dall’ospedale al ritorno. In modo inconfessato, ritengono che le mezzore insieme sul pulmino sono il momento migliore della giornata. Quando sono a casa ripiombano nella solitudine nera dell’essere vecchi. Quando giacciono sul letto dell’ospedale cala su loro una cappa di piombo. I più macilenti vengono trasportati in autolettiga. Il direttore dell’emodialisi decide chi appartiene a questa categoria in base a criteri medico-clinici».

Pubblica-assistenza-Terni

La publica assistenza

La burocrazia Essenziale, spiega Pompeo De Angelis, «è il documento “Verbale di accertamento dell’invalidità civile” rilasciato dal Centro Medico Legale della città, che dichiari l’interessato “invalido ultrasessantacinquenne con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita L.508/88)” e che “l’interessato è invalido con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta (art. 381 del DPR 495/1992). Soddisfatti gli accertamenti medico-clinici e stabilite le necessità dell’invalido, in conformità con il Lea, l’autoambulanza diventa un diritto del malato. Nello specifico, a Terni, il servizio in autoambulanza, da casa al centro di emodialisi e viceversa, viene gestito in forma monopolistica dall’Opera Pia Pubblica Assistenza, che dispone di 12 autoambulanze di cui 5 immatricolate prima dell’anno 2.000. Con questo parco macchine la Oppa si occupa di ricoveri e dimissioni dall’ospedale, di visite ambulatoriali, di traslochi per terapie, oltre del servizio per i dializzati e del pronto soccorso. Il parco automobilistico risulta inadeguato alla quantità delle prestazioni richieste, per cui avvengono alcuni disagi, che denuncio».

L'ospedale

L’ospedale

La denuncia Cosa che ha fatto anche all’assemblea annuale dell’Associazione nazionale dializzati e trapiantati (Aned), quando Pompeo De Angelis tra l’altro ha detto che «a Terni, qualcosa nel sistema non va. Parto da un esempio vissuto e mi riferisco all’Opera Pia Pubblica Assistenza. Sovente su una autoambulanza dell’Oppa viaggiano sei persone, cioè un autista, due assistenti volontari, tre malati. Solo un malato siede su una carrozzella, gli altri due su un sedile posto lungo la fiancata, un assistente sul lettino e l’altro vicino all’autista. Cosa è che non va? Nessuno allaccia la cintura di sicurezza. Avvengono scivolamenti pericolosi dei viaggiatori ad ogni frenata, perché non ci sono le maniglie. Si gira per le vie della città a caricare prima l’uno o poi l’altro dei malati. Questo modalità di trasporto pone una domanda. In che modo è pagato il servizio alla Cooperativa che lavora con le autoambulanze, da parte della Usl Umbria2? Non lo so e sono qui per chiederlo. Chiedo: Il pagamento avviene per ciascun viaggio di andata e ritorno, ma quando viaggiano tre malati sullo stesso mezzo, il prezzo è di tre viaggi o di uno? Mi risulta che i ragazzi che fanno da assistenti percepiscono 1 euro e 50 centesimi a viaggio di andata e ritorno. E’ vero? L’impressione è che non si tratti di volontariato, ma di sfruttamento. All’ambulatorio di emodialisi di Terni il servizio di trasporto in autoambulanza, entro un perimetro che supera quello comunale, viene dato in appalto a una sola cooperativa. Questa detiene il monopolio. L’appalto è stato attribuito per gara o per assegnazione diretta? In che anno è avvenuta l’ultima assegnazione di appalto e a quali tariffe? Chiedo informazioni di cifre vere. Chiedo trasparenza degli uffici sanitari. Chiedo perché non c’è la documentazioni in rete Internet sulla normativa, i bilanci e gli appalti. Chiedo solo un servizio sanitario normale».

Il sospetto Dopo di ciò e dopo aver rinnovato le proteste su facebook, conclude De Angelis, «sospetto una punizione per quello che ho detto di cattivo. Mi lasciano per ultimo. Dopo essere staccato devo aspettare l’autoambulanza per quaranta, cinquanta minuti, un’ora mentre gli infermieri se ne vanno altrove. Rimango solo. Sto male. Ho i capogiri, dei dolori lancinanti al bacino. Non ce la faccio più e sto per svenire. Devo tornare a casa, per avere il sollievo di un cane dolorante alla cuccia. Che fanno, per me, i guaritori nel migliore dei mondi possibile?».

Enrico Melasecche

Enrico Melasecche

L’iniziativa Letto lo ‘sfogo’ e confrontatosi con Pompeo De Angelis, Enrico Melasecche (I Love Terni) ha deciso di prendere l’iniziativa, chiedendo al sindaco Leopoldo Di Girolamo, «di effettuare un controllo immediato sulle modalità di trasporto e di attesa, da casa in ospedale e ritorno, di tutti i dializzati, soprattutto di quelli che si trovano in condizioni di età e di salute particolari»; di «migliorare il servizio, partendo dalle osservazioni di chi ne usufruisce, evitando che sia l’aspetto economico a prevalere sulle necessità primarie di chi si trova in grande difficoltà e che va trattato con il massimo rispetto e la doverosa umanità» e di «rispondere a tutti i quesiti posti nella lettera».

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