Terni: «Sono disperata, mi tolgono il figlio»

A 12 anni il bimbo dovrà andare in una struttura specializzata. La madre non se ne fa una ragione: «Gli ho sempre dato amore e tutto ciò di cui ha bisogno. Mi sento tradita»

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Il dramma di una madre ternana, con un passato complicato alle spalle, a cui il tribunale per i minorenni ha tolto temporanteamente la patria potestà e quindi il figlio di 12 anni, destinandolo ad una struttura specializzata fuori Terni. Per alcuni mesi potrà vederlo soltanto per un giorno la settimana ma a lei questa decisione non va giù – «sono disperata» – e ad umbriaOn spiega le sue ragioni.

«Gli ho dato tutto» «In passato ho avuto problemi di droga – racconta – ma da dieci anni, dopo averne trascorsi due in una comunità di recupero, non assumo più alcuna sostanza. Da tre anni ho un lavoro fisso, a tempo indeterminato, ho ricostruito la mia vita senza far mancare nulla a mio figlio, che è sempre stato con me sin dalla nascita. Dandogli tutto l’amore del mondo ed anche le cose concrete: dalla scuola, allo sport, alle necessità di ogni giorno che un genitore deve sostenere».

Situazione difficile Un contesto, quello in cui il ragazzo è cresciuto, segnato anche dalle tensioni fra i due due genitori e dai problemi del padre con la giustizia. «Si sa, i bambini sono schietti e talvolta crudeli. E alla fine, parlo del passato, alcuni coetanei gli hanno fatto pesare la situazione vissuta dal padre, per tre anni detenuto in carcere. Così quando ho percepito che qualcosa in Paolo (nome di fantasia del figlio, ndR) non andava, non ho esitato a rivolgermi ai servizi sociali comunali che già in precedenza mi avevano seguita».

Il percorso Da quella richiesta di ‘aiuto’ datata 2013 – «un supporto psicologico ma anche un aiuto nello svolgere i compiti, in pratica ‘una mano’ a fronte di un momento particolarmente delicato della sua crescita» – passano tre anni. Nel 2016 viene attivato un percorso terapeutico presso il Sim infanzia che prevede incontri con Paolo, i genitori e il personale medico e specializzato della struttura. «Mi hanno sempre detto che si trattava di un bambino capace, intelligente, con delle potenzialità ma al tempo stesso sofferente per le ragioni che sapevamo. Gli incontri comunque si sono svolti senza problemi e la scorsa primavera sono stata affiancata da un curatore».

«Tradita» Da allora ad oggi, visti gli esiti, la situazione è precipitata. E la donna non se ne fa una ragione: «In casa, nel tempo, ci sono state tensioni ma non diverse da quelle che ogni famiglia vive ogni giorno. Nulla che, secondo me, possa giustificare un allontanamento. Mai un sopralluogo, un controllo, una relazione di cui io sia stata edotta. Questa decisione è un fulmine a ciel sereno e la ritengo ingiusta, visto ciò sono riuscita e riesco a garantire a Paolo che, fra l’altro, non è stato mai sentito dal tribunale. Porterò avanti la mia battaglia anche perché mi sento tradita da coloro a cui avevo chiesto una mano, spesso senza riceverla come quando chiedevo uno spazio pomeridiano in una casa famiglia perché potesse essere aiutato a studiare».

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