Terni, teatro Verdi: storia senza fine

Il voto del Consiglio comunale per decidere le sorti dello storico edificio è stato rinviato. Sarà presentato un nuovo atto d’indirizzo che sintetizzi idee del Pd e della minoranza

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È un storia lunga quella che stiamo per raccontarvi, al centro delle polemiche da anni, dibattuta tante volte da maggioranza e da minoranza e che lunedì pomeriggio sarebbe finalmente dovuta arrivare a una conclusione in Consiglio comunale, ma che ancora una volta è rimasta in sospeso. Il protagonista è il teatro Verdi, elevato da tutti a simbolo della città, ma chiuso da sette lunghi anni.

Atto di indirizzo Lunedì pomeriggio sono stati portati in Consiglio comunale due atti di indirizzo per cercare di smuovere le acque in cui ormai il teatro cittadino, più che navigare, è affondato. Ad aprire i lavori è stato Enrico Melasecche della lista civica ‘I love Terni’. «Il Secci – ha detto – non potrà mai essere un sostitutivo del Verdi per la capienza, per la funzionalità, ma soprattutto per una questione di identità cittadina perché l’edificio di corso Vecchio è una parte importantissima della storia della città». Partendo da questa importantissima valenza simbolica ha ricostruito brevemente la storia del palazzo, spiegando l’importanza di avere un teatro progettato dal famoso ingegnere Poletti, e poi ha contestato il modo in cui la maggioranza Pd sta gestendo le ristrutturazione. «Devono partire con i lavori a breve – dice – ma non si può lavorare per stralci. Questa ristrutturazione prevede solo dei lavori sulla copertura, che tra l’altro, si vuole abbassare, eliminando così alcuni posti a sedere, riducendo la capienza dell’immobile e non rispettando il modello Poletti. Non si può fare un parte per volta. Prima bisogna avere un progetto chiaro, complessivo e definitivo e poi si può iniziare a lavorare».

Stessa idea È stato Andrea Cavicchioli (Pd) a proseguire la discussione «cercando di illustrare la posizione della maggioranza». In accordo con Melasecche, il capogruppo del Pd ha ribadito che il Verdi è uno dei simboli della città e che come tale ha bisogno di tutta l’attenzione della amministrazione. «Non può essere paragonato al Secci», dice. «Questo ha linee di finanziamento autonome ed è pensato per un contesto specifico che non deve andare a scontrarsi con le linee del teatro cittadino. Per il Verdi bisogna pensare a un recupero che tenga presente il progetto Poletti. Si è sempre detto che il Comune non ha i soldi per intervenire, è per questo che chiediamo al sindaco di avviare una collaborazione con la Carit che, per l’ingente cifra, non potrà usare dei mezzi ordinari, ma dovrà sbloccare misure straordinarie che prevedono lo svincolo del capitale. Se la Carit c’è, allora anche noi siamo pronti a fare la nostra parte, però serve un progetto completo che non pensi solo alla parte architettonico-strutturale, ma anche funzionale-gestionale. Inoltre penso che sia opportuno ragionare anche con la Regione Umbria per accedere a linee di finanziamento che potrebbero essere interessanti». A poi aggiunto che oltre a Carit e Regione, una mano potrebbe essere data dai privati che avrebbero una sgravio fiscale interessante per il recupero dei beni culturali. «Bisogna fissare un termine, chiedo a sindaco e giunta di portare avanti in tempi rapidi il percorso». Nonostante inizialmente avesse sostenuto la necessità di riprendere il modello Poletti ha concluso l’intervento affermando che «sono aperti a qualsiasi soluzione con un solo obiettivo: ridare alla città un teatro degno di questo nome».

Bucari Presentati i due atti di indirizzo ha preso la parola Stefano Bucari che alla platea della sala Consiliare ha detto che dal Comune stanno lavorando per il recupero di quel simbolo della città. «Sarà avviato presto un cantiere che prevede la ristrutturazione della torre scenica e del tetto e i lavori dureranno circa un anno». Una volta terminato questo stralcio ha assicurato che si passerà a definire lo studio di fattibilità che vede la prosecuzione della «riqualificazione». «Siamo aperti al contributo di tutti – dice -, ma la finalità è quella indicata da Cavicchioli: l’obiettivo è ridare in tempi rapidi il teatro alla città. Dobbiamo tenere presenti però la sostenibilità finanziaria sia per l’intervento che per per la futura gestione».

Il popolo Proprio per questa ricerca di idee il Consiglio è stato aperto anche alla cittadinanza. Gli interventi sono stati 7 e tutti hanno ribadito la necessità di ricreare un al più presto un teatro cittadino. «C’è qualcosa di poco chiaro», dice Maria Cristina Locci. «Stasera sembra tutto semplice, ma fino a ieri la situazione era diversa. Dobbiamo pretendere trasparenza perché Terni sta sprofondando in un baratro, qui c’è più solo il nulla, quando, invece, si potrebbe ‘costruire’ tanto, basti pensare alla quattro bancarelle che vengono messe ogni anno per San Valentino. Non c’è un progetto preciso per il Verdi, quando in realtà ci sarebbe già. Abbiamo il modello del Poletti e quello deve essere seguito, non c’è altra strada. In città c’è voglia di cultura e la cultura è anche bellezza, ma non c’è un posto per esprimerla. Inoltre rifarlo secondo quel modello potrebbe essere anche un’occasione per le istituzioni per organizzare congressi. Proprio in questo momento che abbiamo qualcosa da presentare con la scoperta di Leonardo di Luca Tomìo. Non è un problema finanziario; se si vuole veramente una soluzione si trova. Noi cittadini sono anni che diciamo che siamo disposti a collaborare economicamente però vogliamo il progetto del Poletti». 

Il recupero Nella discussione è intervenuto anche l’architetto Paolo Leonelli che ha ribadito che prima di intervenire in qualsiasi modo serve un progetto definitivo che, secondo lui, va pensato insieme alle compagnie teatrali. «Una commissione tecnica – dice – potrebbe lavorare per cinque mesi al termine dei quali presentare una relazione all’amministrazione comunale volta all’individuazione di un progetto complessivo altrimenti si rischia di spendere soldi inutilmente. Bisogna però fermare lo stralcio di progetto già appaltato». A dargli manforte è intervenuto anche l’ingegnere Stefano Bufi: «Fermare i lavori già appaltati – sostiene – potrebbe essere difficile, ma non è ancora troppo tardi. Io propongo di pensare al progetto definitivo e di valutare con la stessa impresa edile la progettualità ridefinita. Secondo me intorno al tavolo devono lavorare l’amministrazione, la Carit, il Briccialdi e il Teatro Stabile dell’Umbria».

Idea di fondo Dopo i numerosi interventi della cittadinanza è iniziata la pioggia di commenti e di polemiche da parte degli esponenti politici di ogni fazione. Tra chi, come la pentastellata Patrizia Braghiroli, accusa la giunta di ‘parole vuote’ intonando la celeberrima canzone di Mina, a chi come il capogruppo di Forza Italia cerca un’altra giunta che finalmente si prenda l’impegno di confrontarsi con la Carit per arrivare a una conclusione, l’idea continuamente ribattuta è sempre la stessa. «Rivogliamo il teatro Verdi, simbolo della cittadinanza e lo rivogliamo secondo il progetto polettiano. Se a Rimini stanno ristrutturando il teatro dello stesso ingegnere e a Fano idem, lo possiamo fare anche noi».

E i problemi? Alla fine sembrano essere tutti d’accordo, tanto che gli atti d’indirizzo non sono stati votati in quanto maggioranza e minoranza hanno deciso di riscrivere un atto comune che sintetizzi tutte le posizioni. Ma i problemi rimangono. Chi finanzierà il progetto? La Carit dopo il tira e molla degli ultimi anni sarà disposta a prestarsi? Tenendo presente che al Consiglio nessun membro della fondazione era presente. Una volta ristrutturato, il teatro riuscirà a tornare a vivere? È vero che qualcuno ha detto che se si riesce a fare un teatro da mille posti diventerebbe il teatro più grande dell’Umbria e quindi gli spettacoli più belli si dovranno fare a Terni e non a Perugia essendo un Teatro stabile dell’Umbria e non del capoluogo, ma sarà davvero così? E ultimo problema non considerato da nessuno è la collocazione del Teatro, nelle strette vie del centro, e raggiungibile poco facilmente da chi viene da fuori perché non c’è un parcheggio che possa accogliere tutte le macchine che porterebbe il grande progetto. Tra consigli, proposte più o meno fattibili, polemiche più o meno sterili, di parole se ne sono state spese tante e tutte volte a ridare alla città un teatro degno. Le soap opere piacciono, ma a un certo punto diventano stantie e nessuno spreca più tempo a vederle. Il momento dell’ultima puntata dovrebbe essere arrivato: il finale sembra tracciato, ma finirà davvero come ci aspettiamo?
  

 

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