Terni, ThyssenKrupp vende Ast nel silenzio

La multinazionale stringe i tempi per la cessione (a Tata Steel?) del sito ternano e non si registrano reazioni: non è una bella notizia

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di Marco Torricelli

I sindacalisti dei metalmeccanici

Delle due una: o la sortita, ormai sono trascorsi quattro giorni, del segretario della Fiom Cgil di Terni, Claudio Cipolla e di quello della Uilm Uil, Nicola Pasini può essere derubricata a «gossip», secondo le parole con cui l’avrebbe definita l’ad di Thyssenkrupp Ast, Massimiliano Burelli; oppure deve essere riclassificata come una «non notizia», stando all’interpretazione di un sindacalista ‘di peso’ a Terni. Questione di tempo e sapremo, soprattutto perché la « non notizia consiste nel fatto – chiarisce il sindacalista – che ThyssenKrupp aveva già fatto sapere che le sue intenzioni non erano certo quello di tenersi in portafoglio lo stabilimento ternano». 

L’INTERVENTO DI CLAUDIO CIPOLLA – IL VIDEO

La ThyssenKrupp Ast

Nessuna reazione In un caso come nell’altro, però, appare più chiaro come mai le affermazioni fatte dai due sindacalisti non abbiano provocato reazioni in una città come Terni e in una Regione come l’Umbria per le quali la multinazionale rappresenta un indispensabile traino per l’economia. Già, perché a fronte di levate di scudi e vesti stracciate per problematiche spesso gonfiate per evidenti scopi politici, su questa storia nessuno ha detto una parola.

LO STUDIO DI SIDERWEB SUL VALORE DI THYSSENKRUPP AST PER TERNI

La vendita Della – ormai certa? – vendita del sito ternano (Tata Steel è in pole position, ma dalla Cina e pure dalla Corea sarebbero pervenute richieste, accettate dai tedeschi, di confronto), per la verità, si era tornati a parlare dopo che ThyssenKrupp Ast aveva deciso la chiusura del centro servivi Ternininox nelle Marche e, soprattutto, dell’affare ‘in perdita’ fatto dalla multinazionale in Brasile, con la vendita della grande acciaieria (cessione con pesante minusvalenza) con un’operazione che fa seguito a quella del 2014, quando la multinazionale si disfece di un altro grande impianto in Alabama (Usa). Ma poi niente più.

Le conseguenze Una presa di posizione in controtendenza è quella del sindacato autonomo Usb, che sta cercando di trovare spazio all’interno della fabbrica ternana: «SdF sembra ormai un morto che cammina, gli ordini sono talmente pochi che è lecito dubitare circa la tenuta di questa produzione; Titania è di fatto chiusa, i lavoratori da mesi ormai sono in forza a Pix e Pix2 e le macchine sono in via di smantellamento. Non vorremmo – aveva detto Usb – che si preparasse una nuova stagione di concertazione tra sindacati, azienda e governo, all’interno di una visione di governance dei processi, in cui l’area di crisi complessa e il progetto ‘Industria 4.0’ serviranno solo da toppa per bonifiche,  riassorbimento e formazione degli esuberati. Il ruolo del sindacato è quello organizzare i lavoratori affinché si crei un movimento che si opponga ad una vendita frazionata dello stabilimento ed alla messa in discussione del ciclo integrato; il ruolo del governo è quello di salvaguardare la strategicità delle produzioni siderurgiche nazionali, avanzando anche un intervento pubblico di acquisizione. La mediazione tra la libertà d’impresa, la finanza e gli interessi del lavoro e dei lavoratori non è possibile, lo dimostra la storia».

Il resto è silenzio Quello che appare chiaro, infatti – detto che ThyssenKrupp è libera di fare ciò che vuole, visto che le acciaierie di Terni sono ‘roba sua’ – è che da parte delle istituzioni, Governo in testa e giù a scendere fino quelle locali, delle organizzazioni sindacali (a parte il gridolino di allarme delle segreterie territoriali) e della politica, non c’è stata quella reazione che ci si poteva aspettare. Soprattutto perché in ballo ci sono anche tutte le grandi promesse fatte (il progetto di recupero delle scorie, quello del ‘parco’ sulle stesse scorie in discarica, per dirne due). E anche qui, delle due una: o sanno troppo o non sanno nulla. In un caso come nell’altro, non è una bella notizia.

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