Terni, Valentino: santo che non trova pace

L’ultima ‘disavventura’ è legata alla possibile traslazione in Duomo: con tanto di proteste. Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Non c’è un momento di pace per il povero Valentino, che fu – sì – vescovo di Terni, ma prima di tutto fu martire: dice la storia che gli fu tagliata la testa dai soldati Romani e che i suoi discepoli ne trasportarono i resti per inumarli in quello che oggi è il colle di San Valentino, sede della basilica a lui dedicata.

Ora, senza mancare di rispetto al santo, è dell’uomo Valentino che si vuol parlare. Per ricordarne vicissitudini delle quali la decapitazione non fu che la prima. Attualmente c’è una polemica che lo coinvolge e che riguarda i suoi poveri resti, assurti al ruolo di reliquie.

Per la Chiesa si è arrivati all’”Anno della Misericordia” e ogni diocesi, nell’occasione, dovrebbe dotarsi di una Porta Santa. L’ipotesi è che la festa del patrono di Terni si celebri in cattedrale, in coincidenza con l’apertura della Porta Santa della diocesi.

A Terni il patrono è appunto Valentino che sta sul colle, quindi sarebbe necessaria una traslazione delle reliquie: in processione esse verrebbero trasportate in Duomo e dopo la messa solenne tornerebbero al loro posto, nella teca di vetro della basilica. Questo è quel che propone il vescovo di Terni, ossia il più recente successore di Valentino.

Semplice, no? Invece proprio no. Perché al quartiere di San Valentino la gente si oppone. Si sentono trattati come cittadini–fedeli di serie B. “Valentino sta qui tutto l’anno e quando c’è da celebrarlo lo portiamo via?”, dicono. Manco per sogno. E così è nato un comitato che ha avviato una raccolta di firme per chiedere che non se ne faccia niente, che s’oppone e sostiene che il patrono di Terni va celebrato a casa sua.

Si aggiunge, così, un altro periodo “turbolento” alla storia di Valentino cominciata già per niente bene con la decapitazione e proseguita con la mancanza di memoria intorno al suo nome. Quando, secoli dopo la morte, lo “chiamarono” ad essere uno dei protettori di Interamna–Terni insieme ad altri due santi (quella di città con più patroni era prassi nell’alto medioevo) già le polemiche si sprecarono perché di vescovi di Terni nomati Valentino ce n’erano stati due: qual ea quellio giusto?

Si aggiunsero le rimostranze di chi opponeva resistenza alla scelta sostenendo che s’intendeva sovrapporre Valentino a un dio pagano, Luperco, che si festeggiava con affollati baccanali e riti , diciamo così, di derivazione celtica. Valentino era – comunque – il santo protettore dell’amore e per questo molto popolare nei paesi anglosassoni tanto che, poi, fu anche celebrato da Shakespeare nell’Amleto.

Le polemiche intorno a Valentino riaffiorarono quando si trattò di dover scegliere: per ordine del papa dei tre patroni, Terni doveva tenersene uno soltanto. Manco a dirlo la città si divise in due fazioni (Procolo, uno dei tre, fu messo subito da parte): una sosteneva Valentino, l’altra era per Anastasio, il quale era stato, anch’egli, vescovo, a suo tempo mandato dal papa a Terni a frenarne il carattere troppo godereccio degli abitanti.

La divisione trovava motivazioni anche sociali: a favore fi Valentino erano gli strati più popolari, per Anastasio i “perbenisti” e le famiglie aristocratiche. Il papa sciolse i nodi della polemica e decise: Valentino. Finita? Macché. A quel punto si misero alla ricerca della sepoltura, scavarono in quella che era stata una necropoli su cui era sorta una chiesa in stato di deplorevole abbandono.

Lì trovarono, quei resti, sotto l’altare, in un sarcofago in cui erano contenute indicazioni chiare sul fatto che essi erano di Valentino. Diventati reliquie, furono portati in duomo, in attesa che fosse ricostruita la chiesa. Una quindicina di anni dopo le reliquie trovarono collocazione definitiva nella basilica sul colle, in una teca di vetro sotto l’altare.

La figura del patrono fu ricostruita: Valentino appariva sul letto di morte, con paramenti da vescovo ed una tiara che sembrava preziosa. Così preziosa, pareva, che ci fu, negli anni Settanta del ‘900, chi senza alcun riguardo fracassò il vetro e se la porto via. E con la tiara rubò anche la testa di Valentino. La reliquia quindi sparì per ricomparire circa vent’anni dopo. La trovarono i carabinieri di Bari in un garage–deposito di ladri sacrileghi: qualcuno, col pennarello nero, aveva scritto sul teschio “S.Valentino”. Ma era davvero il San Valentino di Terni?

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