Umbria: «Pd e M5s, fermatevi a riflettere»

L’appello di un gruppo di intellettuali al centrosinistra umbro in vista delle prossime elezioni regionali: «Cambiare l’ordine delle cose»

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di Carlo Miccadei, Simone Gobbi Sabini, Claudio Pio Borgna, Marco Checcacci

Dovrebbe essere la politica a farsi inseguire dall’opinione pubblica e non viceversa, ma il berlusconismo così non volle o meglio il berlusconismo in tal modo non sarebbe stato tale e forse non sarebbe stato.

In questa orgia di finta orizzontalità, sono gli elettori a suggerire alla politica quello che vogliono sentirsi dire, il bravo politico non è colui che traccia la via ma chi riesce a trasformare l’indagine demoscopica in traiettoria politica e la traiettoria politica in demagogia pregna di ismi (sovranismo, populismo etc).

Così, dopo Berlusconi Renzi, dopo Renzi Salvini, dopo Salvini l’occasione unica (Grillo così l’ha definita chiamando alla causa i giovani Pd) per provare a ristabilire pesi e misure, cercando di riportare l’impegno della gente in politica senza continuare a sottomettere la politica ai pruriti volubili dell’opinione pubblica.

Un’occasione unica che cancella di colpo le schermaglie passate per mettere al centro della scena il presente come forma immediata di futuro. Il livore e la ripicca (i popcorn da tale retroterra culturale provengono) al pari dell’onestà non sono categorie che appartengono alla politica ma alla peggiore morale, quella che tutto sa e nulla ignora.

E allora se è veramente un’occasione unica è il caso di moltiplicarla, di portarla nei territori per far capire che non si è di fronte a una mera manovra di palazzo utile solo a salvaguardare il potere di pochi, ma a una lettura della fase politica destinata a cambiare la geografia e la storia del potere stesso.

Il primo territorio a essere interessato è la verde (in quanto già assegnata a Salvini) Umbria, un territorio in cui è stato lo sferzante impegno 5 Stelle a mettere in evidenza le troppe ombre di un sistema di potere autoreferenziale basato sull’unione ferrea tra Pd e sistema cooperativo. Una regione in cui il Pd commissariato e sanguinante non trova di meglio che proporre a candidato alla Regione il leader di Confcooperative.

È forse il caso di fermarsi un momento, ritirare ogni candidatura e proporre un candidato forte della società civile in grado di unire, attraverso una propria lista civica, l’intero fronte progressista. Bisogna costruire il futuro, senza attardarsi in lotte di retroguardia che affondano le radici in un passato che inchioderebbe sì ciascuno alle proprie responsabilità, ma che consegnerebbe la regione e il futuro alla demagogia securitaria e ipocrita del ‘prima (che viene sempre dopo Lombardia, Veneto, Liguria, Piemonte etc.) gli umbri’.

Di fronte all’unicità dell’occasione, nel minor tempo possibile i 5 Stelle dovrebbero uscire dal tunnel del no-alleanze elettorali e il centro sinistra allargato avere la capacità di aprirsi senza se e senza ma agli stimoli della società civile, senza troppi paletti da mettere in nome di una discontinuità concreta con ciò che è stato e che mai più dovrà essere.

Il sogno di una cosa, direbbe Pasolini, passa per la capacità di rinunciare a quella parte di noi stessi (prima di ogni critica verso l’altro serve una severa critica verso se stessi) che orgogliosa si frappone a un domani che pretende cambiamenti radicali. Cambiamenti radicali che rendano praticabile una visione ecologista e solidale in grado di rendere praticabili i necessari cambiamenti radicali. Serve un cambio di passo che metta in discussione ogni identità precostituita.

I 5 Stelle umbri devono essere in grado di passare dall’opposizione in solitaria a una prassi di governo condivisa, mentre il centrosinistra umbro deve uscire dal fortino di un potere che definendolo, lo ha reso vittima di se stesso e mettersi in discussione in quella prateria che fa del potere un mezzo per cambiare e non un fine per restaurare.

Insomma il sogno di una cosa, Pasolini ci perdonerà, è dietro l’angolo, certo di mezzo ci sono il livore, la ripicca, i regolamenti interni e un modello Umbria imploso su se stesso. L’alternativa concreta, quella che trasforma uno stagno in palude è in pole position, ha le sembianze trasversali di un gattopardismo parossistico in cui il folklore sottende e sovrasta la peggior reazione. E ai più realisti del Re che sostengono che ormai si sia fuori tempo massimo e che tutto sia già deciso e non modificabile, ricordiamo che la politica non può ridursi a mera gestione dell’esistente ma deve continuare a essere quella pratica in grado di cambiare l’ordine putrefatto delle cose.

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