«Umbria più povera, non voltare la testa»

Mario Bravi, presidente dell’Istituto Ricerche Economiche e Sociali: «Il fenomeno non si contrasta mettendo la testa sotto la sabbia»

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di Mario Bravi
Presidente Istituto Ricerche Economiche e Sociali Umbria

Avendo denunciato tra i primi, come Ires Cgil dell’Umbria, il crescente rischio di impoverimento della nostra regione ora non vorremmo che si passasse tranquillamente oltre.

Anche perché i dati sono pesantissimi e sempre più drammatici. Li ha rimessi in fila una fonte ”autorevolissima”, il presidente nazionale Istat, Giorgio Alleva, di fronte alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale il 26 luglio scorso.

1) Il PIL in Umbria nel 2016 è stato del 12% inferiore alla media nazionale (24mila euro nella regione, 27mila in Italia).

2) L‘Umbria è tra le 3 regioni italiane, le altre 2 sono Sicilia e Lombardia, in cui nel periodo 2008-2015 si allargano e quindi crescono le diseguaglianze sociali, la differenza tra il 20% più ricco e il 20% più povero passa dall’indice 4,4 del 2008 a 5,1 del 2015 (quindi aumenta dello 0,7).

3) Il rischio povertà ed esclusione sociale passa dal 17,8% del 2008 al 28,5% del 2015. Questo indice mette in evidenza una e propria deprivazione materiale.

4) La deprivazione grave triplica passando dal 3,2% del 2008 al 10,4% del 2015 e significa non potersi permettere di sostenere una spesa imprevista e un pasto proteico almeno una volta ogni due giorni, oltre ad essere in arretrato nel pagamento delle bollette.

5) Le persone considerate a bassa intensità lavorativa passano dal 7,5% del 2008 al al 11,7% del 2015. Il concetto di bassa intensità lavorativa è riferito a componenti di famiglie di età tra i 18 e i 59 anni che lavorano meno del 20% delle loro potenzialità.

6) Se a questi dati aggiungiamo quello elaborato dall’Ires Cgil sulla qualità del mercato del lavoro in Umbria si può rilevare che solo il 21% delle oltre 30mila attivazioni (gennaio-maggio 2017) si effettua con contratti a tempo indeterminato.

Questo il quadro completo e estremamente preoccupante segnato dalla precarietà dilagante e dal lavoro povero. Di fronte a questa pesantissima situazione non si può voltare la testa da un’altra parte e non bastano interventi sporadici e limitati. E’ sempre più urgente un’altra politica economica e sociale.

 

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