Umbria: «’Rifiuti Zero’ non è un’utopia»

Bocciato il piano regionale: «Se la differenziata oggi non funziona è perché viene fatta dalle stesse aziende che gestiscono le discariche»

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L.P.

L’obiettivo rifiuti zero non è un’utopia. Ne sono convinti i rappresentanti del coordinamento – che non a caso si chiama ‘Associazione coordinamento regionale Umbria rifiuti zero’ – da qualche giorno riuniti in una vera e propria associazione e che sabato hanno presentato a cittadini, istituzioni e forze politiche la loro proposta per far uscire l’Umbria dal pantano in cui sembra essere finita.

‘Una nuova fase’ Interdittive antimafia, discariche ormai al colmo della capienza, scarti industriali e un territorio inquinato da nord a sud, sono questi alcuni punti che, per il coordinamento regionale Umbria Rifiuti Zero, hanno sancito il fallimento del piano regionale di gestione dei rifiuti approvato nel 2009 ma tuttora in vigore. Un futuro sostenibile, però, sembra ancora possibile. Così il coordinamento ha deciso di porsi come ‘consulente’, un valido interlocutore per le istituzioni regionali – anche alla luce del ‘botta e risposta’ tra Regione e Comitato ‘No inceneritori’ – per l’avvio di una nuova fase nella gestione dei rifiuti. Una nuova fase auspicata anche dal direttore generale Arpa Umbria Walter Ganapini, che si è detto pronto a scrivere il nuovo piano regionale in chiave ‘rifiuti zero’, anche avvalendosi della collaborazione dei comitati che da anni si battono per una gestione più economica e salubre. Per questo all’incontro era stata invitata anche la presidente della regione Catiuscia Marini che, però, non si è presentata.

L’INTERVISTA A ROBERTO PELLEGRINO – IL VIDEO

‘Rifiuti zero’  Chiamarli rifiuti è già un errore. «Sì, perché da quando c’è la direttiva sui rifiuti dell’Unione europea, la 98 del 2008, recepita in Italia con decreto legislativo del 2010, si deve abbandonare il termine rifiuto in favore del concetto di ‘materie seconde’. Che, di per sé, rappresenta già un’opportunità». Esordisce così Roberto Pellegrino, chimico e biologo dell’università degli Studi di Perugia e presidente dell’associazione, spiegando il nocciolo della strategia ‘Rifiuti zero’, un processo virtuoso che tende ad annullare i rifiuti da smaltire in discarica o negli inceneritori.

Il piano regionale Per il coordinamento l’attuale sistema di gestione ha evidenziato, nel tempo, numerose falle. E, soprattutto, ha fallito nel raggiungimento degli obiettivi previsti dallo stesso piano regionale, legge a tutti gli effetti. Entro il 2012 la raccolta differenziata sarebbe dovuta arrivare al 65% mentre i dati del 2014 si fermano al 52%, dato che va poi analizzato nel dettaglio, per smaltire in discarica appena 60 mila tonnellate di rifiuti. Non solo, l’Umbria è la quarta regione d’Italia con costi totali più alti. «Questo perché – spiega ancora Pellegrino – anche se i rifiuti vengono raccolti e poi differenziati, non sappiamo dove smaltirli dal momento che non ci sono piattaforme di riciclo per la plastica, che quindi viene trasportata, a spese dei cittadini, fuori regione. Là dove ci sono, invece, come la vetreria di Piegaro, il prezzo per il vetro da riciclare corrisposto risulta troppo basso e quindi si preferisce trasportare il vetro fuori regione».

L’Umbria Dati alla mano, Pellegrino analizza tutti i punti deboli della regione, come quello dei costi. L’Umbria, infatti, in quanto a costi di gestione della raccolta differenziata più alti d’Italia, è seconda solo alla Sardegna. «Le regioni italiane che hanno una raccolta differenziata efficiente vedono anche diminuire, progressivamente, il totale di rifiuti prodotti da 550 kg a persona a 420. E la diminuzione è anche della spesa, con un risparmio sulla tariffa di circa cento euro pro capite perché si fa meno ricorso a inceneritori e discariche, tra i metodi più costosi di smaltimento» afferma ancora Pellegrino. Anche la raccolta differenziata è regolata da leggi ben precise. Si stima infatti che la RD con cassonetto stradale e tassa presuntiva porti a raggiungere un livello di differenziata del 38,7%, cifra che arriva al 66,3 se la raccolta avviene porta a porta. Con il metodo del porta a porta spinto con tariffa puntuale, cioè si paga solo quello che effettivamente va a finire in discarica, si può arrivare a un livello di differenziata del 76,7 per cento che può salire fino all’85 una volta che il sistema è messo a regime.

Scenari Applicata all’Umbria, questa strategia porterebbe a un livello di differenziata dell’80 per cento, con contestuale minore produzione di rifiuti, da 480 a 400 mila tonnellate, di cui solo 80 mila tonnellate in discarica e i 320 mila a RD. Il recupero di materia sarebbe del 91 % contro il 70% dell’attuale sistema e il risparmio sarebbe notevole per il cittadino, le istituzioni e l’ambiente. «Il motivo per cui la differenziata oggi non funziona – prosegue Pellegrino – è che a gestirla sono le stesse aziende che gestiscono le discariche. Perché mai dovrei spendere qualcosa in più per differenziare i rifiuti se guadagno dal loro arrivo nelle discariche?».

Perugia Forse, però, qualcosa inizia a muoversi. E’ il caso di Perugia, dove da gennaio 2016 è in fase di avvio la nuova differenziata spinta con tariffa puntuale. Secondo Pellegrino potrebbe dare ottimi risultati se organizzata bene, «ma prima andrebbe fatta nelle periferie, dove vive la maggior parte delle persone e, solo dopo, in centro storico. Ci sono buone possibilità che funzioni. Ci sono tanti metodi, non bisogna inventare nulla, basta solo adottare modelli che, già altrove, hanno manifestato efficienza e razionalità».

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