Umbria, secondo caso di uova al Fipronil

Tecnici e veterinari a lavoro in un allevamento nella zona di Gualdo Tadino, dopo il sequestro di 280 mila uova di venerdì. Coldiretti: «Sostenere trasparenza dell’informazione»

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Sembra allargarsi a macchia d’olio la vicenda della uova contaminate. Dopo il sequestro cautelativo di 280 mila uova avvenuto venerdì, sabato i tecnici e i veterinari della Usl Umbria1 sono a lavoro in un secondo allevamento avicolo umbro, in zona Gualdo Tadino.

Gualdo Tadino Non si conoscono ancora né il numero dei capi né l’entità della partita di uova che sono state sequestrate dopo che i controlli e le analisi hanno fatto emergere tracce dell’insetticida Fipronil anche in questo secondo allevamento. «Continua l’opera di verifica puntuale in tutti gli allevamenti avicoli umbri, attraverso un’azione concertata tra Regione Umbria, Usl e Istituto zooprofilattico Umbria-Marche, a tutela della salute pubblica», dice l’assessore umbro alla Sanità, Luca Barberini, spiegando che «i valori sinora riscontrati sono al di sotto della soglia di pericolosità per l’uomo, ma tutte le uova che presentano eventuali concentrazioni di Fipronil, con livelli superiori a quanto indicato dal ministero della Salute, vengono comunque distrutte».

San Martino Venerdì era stato lo stesso assessore regionale Barberini a dare la notizia. «Un allevamento avicolo umbro è stato sottoposto dall’Asl 1 a sequestro amministrativo cautelativo, di carattere sanitario, per il rilevamento di tracce dell’insetticida tossico ‘Fipronil’ su alcune partite di uova, che sono state immediatamente inibite da ogni distribuzione commerciale, senza alcun pericolo per la salute dei cittadini», aveva detto. La situazione in Umbria, aveva rassicurato, è però sotto controllo grazie all’intervento tempestivo dei tecnici della Regione, delle Usl e dell’istituto zooprofilattico di Umbria-Marche, che da tempo stanno monitorando la situazione con controlli serrati su tutto il territorio regionale. Sono circa 280mila – spiega Barberini – le uova risultate contaminate, che verranno completamente avviate alla termodistruzione.

Autocontrollo Ad accorgersi che qualcosa non andava sono stati gli stessi tecnici dell’azienda avicola di San Martino in Campo che, dopo aver fatto dei normali controlli, hanno deciso di rivolgersi all’Asl. Il sistema di autocontrollo ha dunque portato ad accertare che le uova erano contaminate con il pesticida da cui, a inizio agosto, era partita la contaminazione in Olanda e Belgio. Dopo alcuni sequestri in varie zone d’Italia di prodotti finiti in città come Viterbo e Ancona, ora l’emergenza arriva anche in Umbria. 280 mila le uova sequestrate venerdì, 47 mila i capi isolati. Sulla vicenda, oltre ai tecnici di Asl e Regione, stanno lavorando anche l’istituto zooprofilattico di Umbria e Marche e i carabinieri dei Nas.

Nessun pericolo Circa le uova sequestrate, l’assessore alla sanità ha fatto sapere che dopo il sequestro amministrativo cautelativo, di carattere sanitario, è scattato il meccanismo di allerta finalizzato al recupero di eventuali prodotti già messi in commercio, facilmente rintracciabili in base al lotto di produzione, per evitare eventuali consumi a rischio. «A tale proposito – sottolinea l’assessore – è opportuno chiarire che, per l’uomo, il livello tossicità del ‘Fripronil’ è sopra lo 0,72 mg/kg, mentre quello rilevato nelle uova sequestrate è di 0,047 mg/kg, quindi di gran lunga inferiore». Barberini evidenzia infine che «sono stati sequestrati anche tutti gli animali a rischio nell’allevamento, circa 47 mila capi, e sono in corso indagini per capire le cause esatte della contaminazione, e cioè se dovuta alla movimentazione di pollame contagiato in altri territori italiani o europei o a un utilizzo improprio dell’insetticida».

Coldiretti Nel pomeriggio di sabato è Coldiretti a parlare in merito alla situazione: «Il sistema – le parole del presidente regionale Albano Agabiti – dei controlli in Italia funziona, ma va sostenuto da un forte impegno sul piano della trasparenza dell’informazione estendendo l’obbligo di indicare l’origine a tutti i prodotti alimentari a partire dagli ovoprodotti ed i derivati e togliendo il segreto sulla destinazione finale dell’import. In attesa che si faccia chiarezza sulle reali fonti di contaminazione, l’attività di autocontrollo a tappeto su tutti i singoli capannoni di galline è tra l’altro un’azione di grande responsabilità dei produttori nazionali che rafforza le importanti rassicurazioni delle autorità sanitarie contro il rischio di allarmismi. Ma l’Italia – sottolinea Coldiretti – ha importato 38,1 milioni di chili di uova fresche di galline nel 2016 e ben 11 milioni di ovoprodotti per i quali occorre garantire trasparenza e controlli».

Le azioni «A livello nazionale – prosegue Coldiretti – si consumano in media circa 215 uova a testa all’anno, di cui 140 tal quali mentre le restanti (circa 1/3) sotto forma di pasta, dolci ed altre preparazioni alimentari. Sulle uova in guscio l’indicazione di origine è presente ma è necessario migliorarne la visibilità e la leggibilità non limitandosi ai codici mentre bisogna togliere dall’anonimato’ gli ovoprodotti ed i derivati e  rendere finalmente pubblici i flussi commerciali di tutte le materie prime provenienti dall’estero. Per combattere gli allarmismi e dare garanzia ai consumatori e ai produttori l’esperienza delle emergenze degli ultimi anni ha dimostrato l’importanza della trasparenza delle informazioni con l’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti che va estesa a tutti gli alimenti, ma – conclude Coldiretti – va anche tolto il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero per consentire interventi mirati».

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