di Walter Patalocco
Ha ragione il rettore Moriconi. L’Università telematica e l’università “tradizionale” non sono la stessa cosa. Poi lui può parlare dall’alto della posizione conquistata dal suo ateneo considerato primo in Italia. E conferma pure, bontà sua, che gli impegni presi su Terni saranno mantenuti.
Ma quali sono gli impegni? E’ passato tanto di quel tempo da quando sono stati annunciati che ormai è difficile ricordarseli.
Il polo universitario ternano langue – il rettore non può non saperlo – perché nonostante i corsi che esso offre siano di alta qualità, gli studenti vanno a altre parti.
Uno dei motivi principali per cui l’università di Perugia è prima nella graduatoria resa nota in questi giorni, è dovuta alla quantità e qualità di servizi che offre. A Terni, invece? Che fine ha fatto ad esempio il comitato per “Terni città universitaria”?
Messo nelle condizioni di “non nuocere”; la nuova sede della facoltà di medicina ha finalmente tutti i macchinari necessari?
Gli studenti continuano ad andare alla mensa dell’ospedale? E, soprattutto: che fine hanno fatto quei soldi (si parla di milioni) che dovevano servire a realizzare il campus universitario? Sono andati da altre parti perché la Regione che li aveva assicurati se li è ripresi per spenderli in altri luoghi. Colpa della mancata progettazione in loco? O colpa anche di una qualche noncuranza?
E’ risaputo: quando l’offerta è risicata è probabile che si infilino altri a fornire certi servizi. Che magari non sempre sono di qualità come quelli offerti dal settore pubblico, statale o regionale che sia. Però è sempre meglio che niente.