Ast: «Territorio unito e Governo parte attiva»

Dopo la joint venture Tk-Tata, il vicepresidente della Regione Umbria Paparelli dice la sua sul futuro del polo siderurgico

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di Fabio Paparelli
Vice presidente della Regione Umbria – Assessore allo sviluppo economico

Il completamento della fusione tra Tata Steel e Thyssen Krupp ha riunito le attività europee delle due multinazionali nel settore dell’acciaio, evidenziando come il mercato europeo in questo ambito tenda a concentrarsi attorno a pochissimi gruppi di rilevanza continentale.

L’esclusione di Ast dal nuovo perimetro industriale richiede un’attenta valutazione circa le prospettive del sito siderurgico di Terni, anche alla luce dei contenuti dell’accordo sottoscritto al Mise il 3 dicembre del 2014, in termini di competitività e strategicità del sito stesso. Il fatto che Ast, sulla base degli annunci del 23 novembre scorso, sia l’unico assett del gruppo attualmente in vendita, rende evidente la necessità di un intervento chiarificatore della proprietà circa i tempi, le modalità e le prospettive attraverso le quali si ritiene di dar corso a tale previsione.

Il mercato mondiale dell’acciaio è strutturalmente caratterizzato da eccedenze produttive e da politiche di dumping messe in atto da paesi produttori extra-europei, ai quali bisogna rispondere con politiche adeguate e rivolte, oltre che alla dovuta protezione delle produzioni europee ed italiane, anche all’innovazione, al risparmio energetico e alla eco-sostenibilità, salvaguardando i livelli occupazionali.

In questo quadro occorre che il governo si renda disponibile ad un confronto con le istituzioni e le parti sociali per individuare e attuare, da subito, le politiche industriali più idonee a consolidare e sviluppare il settore siderurgico in Italia e in Umbria, a partire dalle specifiche caratteristiche produttive del sito ternano in cui si colloca un sistema di competenze e specificità tecnologiche sugli acciai speciali che lo rendono un compendio produttivo tra i più avanzati e competitivi d’Europa.

Quello dell’acciaio è un settore che ha avuto, e continua ad avere, un ruolo centrale nello sviluppo economico dell’Unione Europea e dei suoi territori, rappresentando un ambito altamente strategico con 330 mila occupati e 500 stabilimenti di produzione in 23 stati membri. In Italia oggi sono circa 34 mila i dipendenti diretti di imprese della siderurgia che operano in 41 siti produttivi, che ne fanno il secondo paese europeo (dopo la Germania) per produzione di acciaio – con 23,2 milioni di tonnellate nel 2016 – e il primo per volume di riciclo di rottame ferroso.

Terni, con il suo milione di tonnellate prodotte e gli oltre 2 mila dipendenti diretti, può rappresentare un paradigma di un moderno sviluppo industriale su cui fondare il futuro produttivo e occupazionale del sito. In questo senso il governo dovrà chiarire quale direzione intende intraprendere. Ricordo che, dopo un lungo ed articolato confronto al Mise, l’accordo del 3 dicembre 2014 ha previsto, tra l’altro, che a fronte di 305 mobilità volontarie incentivate, venisse mantenuta la struttura produttiva dell’azienda e l’attività ‘core’ basata su due forni fusori.

Nell’ambito del medesimo accordo, a fronte degli impegni dell’azienda, il governo – per il tramite del Mise -, la Regione Umbria e le istituzioni locali hanno assunto impegni relativamente al contenimento dei costi di approvvigionamento dell’energia elettrica, all’efficientamento energetico e su programmi di investimento con finalità di tutela ambientale, oltre che al rafforzamento delle condizioni insediative e logistiche. La riorganizzazione, con sacrifici occupazionali che ancora pesano sulle dinamiche sociali cittadine, se da un lato ha comportato il ritorno in area positiva dei risultati economici dell’azienda, dall’altro richiede la necessità di intraprendere una strada certa e decisa per superare le criticità ambientali e per raggiungere l’obiettivo di un’Ast 4.0 che guardi all’innovazione e alla ricerca come due orizzonti strategici.

Compatibilità ambientale e sicurezza sul lavoro dovranno con più forza diventare, dunque, uno standard dell’economia globale e non essere strumenti di una competizione asimmetrica e sleale tra le diverse aree economiche del mondo. In questo senso Ast può rappresentare una frontiera di politica industriale non solo per l’Umbria, ma per il paese, con produzioni innovative in un quadro di compatibilità ambientali.

La Regione, nel quadro delle iniziative connesse al riconoscimento del territorio di Terni e Narni quale area di crisi industriale complessa, ha coerentemente individuato tra le sue linee di azione su cui attivare la politica industriale, quella di promuovere la transizione dell’industria di base, ed all’interno di questa della siderurgia e delle filiere connesse, verso la riqualificazione e l’ammodernamento, orientando quindi il sistema manifatturiero verso specializzazioni a maggior valore aggiunto.

In tal senso giudico positivo l’accordo di innovazione su temi di frontiera tecnologica per il settore siderurgico attivato tra Ast, Regione e Governo che prevede investimenti dell’azienda in ricerca e sviluppo per circa 14 milioni di euro, con il concorso di risorse pubbliche per circa 3,6 milioni di euro di cui 420 mila regionali, mentre vanno meglio chiarite le logiche commerciali e di mercato che giustamente preoccupano lavoratori e sindacati.

In questo contesto spetta all’azienda rafforzare le ragioni della condivisione e del dialogo con le rappresentanze sindacali in un ambito di relazioni industriali attento alle ragioni della sostenibilità e della responsabilità sociale d’impresa. Il territorio nella sua compiuta articolazione istituzionale e sindacale deve dunque esprimere una posizione unitaria e condivisa, per rappresentare istanze comuni in sede nazionale quale sede naturale di discussioni delle questioni che riguardano l’acciaieria.

Al Governo la responsabilità di assicurare che gli assetti proprietari, relativi ad un impianto di rilevanza strategica nazionale, garantiscano la messa in sicurezza del futuro di questo sito industriale, della sua capacità produttiva e dei suoi livelli occupazionali, con obiettivi chiari e scelte nette, tali da garantire una fase di sviluppo per il paese e per Terni.

Avevamo avviato con il precedente Governo una interlocuzione sulla necessità che il comparto siderurgico avesse un riconoscimento formale sulla sua effettiva ‘strategicità’, in modo tale da consentire ai governi a venire di avere a disposizione strumenti che consentissero di intervenire anche sulle multinazionali. É questa una strada per evitare che le acciaierie di Terni, i lavoratori che occupano e la città intera subiscano ulteriori esiziali spacchettamenti o, peggio, finiscano nelle mani di gruppi finanziari e speculativi. Non ne abbiamo bisogno, i ternani, gli umbri ed il paese hanno già dato ed ora chiedono chiarezza, trasparenza e futuro.

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