Caporalato e stalking: nei guai imprenditore residente a Stroncone

L’indagine dell’Arma ‘Horses team’ è partita da Assisi. Condizioni di lavoro disumane in un maneggio

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Caporalato aggravato e favoreggiamento all’immigrazione clandestina a scopo di lucro di cittadini extracomunitari per aver occupato in condizioni di sfruttamento sei lavoratori – un ivoriano, tre della Repubblica Dominicana e uno del Gambia -, tre dei quali in ‘nero’ e uno privo del permesso di soggiorno. Per questi motivi un imprenditore 59enne residente a Stroncone (Terni) è finito nei guai dopo il lavoro condotto dal nucleo carabinieri ispettorato del lavoro (Nil) di Perugia, insieme alla stazione carabinieri di Santa Maria degli Angeli. Nei suoi confronti c’è la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e di dimora nel comune di residenza.

Horses Team. Dieci ore al giorno senza riposo e ferie 

L’indagine, denominata ‘Horses team’, nasce da una denuncia presentata alla stazione carabinieri di Santa Maria degli Angeli nello scorso ottobre. A farsi avanti erano stati tre dipendenti dell’imprenditore – in passato domiciliato ad Assisi – che lamentavano le condizioni di lavoro cui erano sottoposti. Da qui tutti gli approfondimenti del caso: gli investigatori hanno accertato che erano stati impiegati in mansioni di ristrutturazione e sistemazione agricola all’interno del maneggio, sottoposti ad un orario di lavoro eccessivo (10 ore al giorno, senza riposi, né ferie), esposti a grave pericolo per la salute in quanto occupati senza il minimo rispetto delle norme sulla sicurezza e prevenzione degli infortuni, in assenza di alcuna retribuzione e senza che gli fossero stati versati i contributi previdenziali e assicurativi.

Indigenza

C’è anche altro. L’ispezione dei militari ha consentito di scoprire il lavoratore clandestino era stato alloggiato presso una baracca di fortuna, in condizioni precarie e inidonee, sia sotto il profilo della salute, che della sicurezza in quanto il locale, in pessime condizioni di manutenzione, è risultato privo del letto, dei servizi igienici, di energia elettrica, acqua e gas (per uso cucina e riscaldamento) e delle misure antincendio. In più c’erano condizioni di estrema indigenza per i coinvolti: il datore di lavoro – sottolinea l’Arma – li aveva sottoposti quotidianamente alle gravose condizioni di lavoro inique e degradanti, approfittando proprio della loro miserevole situazione.

L’intimidazione

I lavoratori – spiega una nota dell’Arma – erano costretti ad accettare queste condizioni per la promessa – poi non mantenuta – di ricevere la retribuzione necessaria per mantenere sé stessi ed i propri familiari anche all’estero, non avendo altre fonti di sostentamento. Le indagini hanno accertato anche il presunto, grave stato di intimidazione instaurato dal datore di lavoro, fondato sul rapporto di supremazia e di soggezione nei confronti dei lavoratori che venivano continuamente minacciati di licenziamento nel caso non avessero obbedito a tutte le sue imposizioni. L’uomo si sarebbe particolarmente accanito verso il soggetto più fragile, qual era il lavoratore clandestino, al quale aveva addirittura chiesto delle somme di denaro per fargli ottenere, a suo dire, i documenti di soggiorno.

Razzismo e botte

In più anche vessazioni ed insulti anche a sfondo razzista: nei confronti del lavoratore ci sono stati – almeno in una circostanza – calci e pugni a volto e addome con un arnese in ferro. Nel prosieguo degli accertamenti veniva inoltre rilevata l’instaurazione di un rapporto di lavoro fittizio che l’imprenditore avrebbe costituito nei confronti di un cittadino italiano, già conosciuto dalle forze dell’ordine così e dal datore di lavoro, finalizzato all’indebito accreditamento nei suoi confronti di contributi figurativi utili ai fini pensionistici. Gli approfondimenti del caso inoltre hanno permesso di appurare che lo stesso imprenditore si era reso responsabile anche della presunta appropriazione indebita di un’autovettura, di cui poi lo stesso indagato aveva soppresso pure le targhe gettandole in un cassonetto, di un ciclomotore e di varia attrezzatura di lavoro per un valore stimato di oltre 15 mila euro.

La denuncia e le ammende

L’uomo, inoltre, è stato denunciato per le presunte minacce rivolte al proprietario dei beni, nonché per atti persecutori nei confronti del proprietario di un altro immobile commerciale preso in affitto: non aveva pagato i canoni e più volte lo ha minacciato per farlo desistere dalle legittime pretese economiche. I reati contestati sono caporalato aggravato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falso, plurime violazioni in materia di sicurezza e prevenzione infortuni, oltre all’appropriazione indebita, alle minacce e agli atti persecutori continuati. Complessivamente ci sono ammende e violazioni amministrative per 26 mila euro.

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