Caso Pediatria Perugia: la politica gioca con la salute dei bambini

Alla fine si risolverà il caso del reparto del Santa Maria della Misericordia (ma – al momento – con soluzioni tampone). E con il solito balletto di dichiarazioni a corredo

Condividi questo articolo su

di P.C.

La deadline è il 17 luglio. Quello è il giorno in cui chiuderanno gli ambulatori (gastroenterologia, diabetologia, endocrinologia, reumatologia e allergologia). Se nemmeno dopo quella data succederà qualcosa, il 31 luglio chiuderà l’intero reparto di Pediatria dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Ma qualcosa, statene certi, succederà. Lo confermano anche l’assessore Luca Coletto e il nuovo commissario in una nota (vedi sotto). Solo che sarà comunque troppo tardi. Un ritardo non di qualche giorno. Ma di mesi, di anni.

Superficialità, scarsa programmazione o altro?

Che sia mancata programmazione anche (ma non solo) nella gestione del personale lo dicono i fatti: degli undici pediatri che c’erano (comunque insufficienti per un reparto di tale dimensione e importanza nell’ospedale del capoluogo di Regione) ne sono rimasti 5. E non ce la fanno più a tener testa alle richieste dell’utenza, nonostante i salti mortali (ferie saltate, straordinari, coperture di emergenza).

Che ci sia stata, in questa mancata programmazione, anche colpa o dolo, lo fanno immaginare le inchieste in corso – il caso Susanna Esposito ma anche, ovviamente, il processo concorsopoli – e quelle che eventualmente nasceranno e, alla fine, lo sanciranno i giudici. Ma il dato di fatto è questo: fra pensionamenti, dimissioni e trasferimenti, il reparto non ha più medici per fronteggiare il numero di visite richieste e sta collassando. E non da oggi: da mesi vengono lanciati in tal senso allarmi dai medici in servizio e dagli organismi di categoria. 

Il nodo delle emergenze

E da anni si sottolinea che a Perugia non c’è un reale pronto soccorso pediatrico, tanto che chi ha bambini piccoli, per ogni emergenza, era sempre indeciso se passare per l’accesso delle ambulanze – e mischiarsi al variegato mondo di ogni pronto soccorso ospedaliero – o salire direttamente in reparto, dove però un chiaro cartello spiegava: «Questo non è un pronto soccorso pediatrico, la priorità nell’assistenza va data ai bambini già ricoverati». Chi ha un bambino conosce i tempi di attesa biblici nella ‘sala giochi’ all’ingresso del reparto, in genere caldissimo anche in pieno inverno, prima di essere ricevuti dopo una caduta con trauma cranico o in presenza di febbre alta. Ora si capisce anche il perché.

Soluzione all’italiana

Ma alla fine, dicevamo, una soluzione sarà trovata: troppo grosso sarebbe lo scandalo di una pediatria chiusa, peraltro a metà fra la prima e (si teme) la seconda ondata Covid. Sarà una soluzione all’italiana, per evitare le figuracce, per mettere un pezzo di scotch in corrispondenza della perdita, non certo un intervento programmato e radicale. Basti pensare che – nonostante la sofferenza fosse nota da tempo – il bando per 5 posti da pediatra è stato pubblicato solo il 30 giugno scorso e di certo non ci vorrà un mese. Intanto si cercano soluzioni tampone: dopo il dirottamento, in periodo di emergenza Covid, di due pediatri da altri ospedali (nel frattempo tornati alla base), per sostituire colleghi che si erano ammalati, ora si vocifera di altri arrivi a tempo, in attesa dell’espletamento del concorso.  

Le dichiarazioni

La nota dell’ospedale

«Le problematiche del reparto di Pediatria di Perugia – scrive il nuovo commissario straordinario Marcello Giannico – mi sono state rappresentate dall’assessore regionale alla Salute, Luca Coletto, sin dal primo momento della mia nomina, come una priorità da affrontare. Con l’arrivo del direttore amministrativo, Enrico Martelli, si è completata la Direzione aziendale e nei prossimi giorni lavoreremo per individuare le risorse e definire le procedure per l’affidamento di incarichi professionali aggiuntivi, in modo da risolvere le criticità esistenti scongiurando una riduzione del servizio».

Le note politiche

«Il problema non è di oggi, non dipende dall’attuale amministrazione regionale e non è legato alla qualità dei medici che resta alta», chiosa il presidente del consiglio regionale Marco Squarta, di Fratelli d’Italia, dopo l’annuncio del commissario e dopo che i suoi colleghi di partito che siedono in consiglio comunale avevano inviato un accorato appello a risolvere la situazione: «La sanità umbra ha già pagato un prezzo troppo alto in questi anni per le evidenti inefficienze e le commistioni imputabili alla vecchia gestione politica e questa vicenda ne costituisce l’ultimo residuo». Sollecitazioni affinché venga scongiurata la chiusura di Pediatria sono arrivate anche da Pd e Forza Italia.

Il commissario Pd Walter Verini, in carica proprio in virtù dello scandalo sanitopoli che ha interessato il governo regionale e il suo partito, parla di «incredibile situazione» e «inadeguatezza di questa giunta regionale». Emma Pavanelli (M5s) parla di «fatto gravissimo». Mentre Fiammetta Modena (Fi) rintuzza gli attacchi: «Stiamo rifondando la sanità umbra dopo la gestione Pd, facile vestire i panni dell’opposizione dopo aver governato la sanità dal 1970».

Ma allora, di chi sono le colpe?

E qui veniamo al guazzabuglio politico, in cui ognuno può dare a qualcun altro la colpa di un problema. Di certo non è colpa del nuovo commissario, appena arrivato. E nemmeno di quello precedente, che ha affrontato l’emergenza coronavirus. E di certo non è colpa dell’attuale governo regionale, arrivato lo scorso autunno. E nemmeno di quello precedente, che non è più al lavoro da un anno e ha avuto i suoi problemi. No. Sicuramente la colpa sarà dei medici che sono in prima linea in sottorganico. E dei bambini, che si ostinano ad ammalarsi.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli