Covid, scuole Terni: «Spazi decentrati? Tanti problemi»

Rientro nelle aule a settembre tra incognite e difficoltà. L’assessore Fabrizi: «Innovativo e affascinante, ma ci sono ostacoli. Scuole chiedono adeguamenti interni»

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La ripresa dell’attività scolastica a settembre nel rispetto dei protocolli sanitari per il contenimento del covid-19. Uno degli argomenti più spinosi e complicati da affrontare dopo le incertezze delle ultime settimane e lo sviluppo delle indicazioni da seguire per consentire agli studenti di rientrare nelle aule in piena sicurezza: mascherine, distanziamento, ingressi e capienza delle strutture sono al centro dell’attenzione da tempo tra uno scontro politico e l’altro. Della questione se ne è parlato giovedì pomeriggio a Terni durante il question time: focus in particolar modo sulla chance di impiegare spazi decentrati. Non sembra una soluzione praticabile.

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L’input

A chiedere lumi su come si sta organizzando l’amministrazione in tal senso è stato il consigliere di Terni Civica Michele Rossi: «Gli spazi classici delle scuole potrebbero non bastare e la capienza attuale non consentirà di ospitare in sicurezza gli alunni. Si possono trovare luoghi decentrati che possono tornare utili? Come quelli di proprietà comunale presso le antiche municipalità non utilizzati. Tutto ciò per scongiurare la didattica a distanza».

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I problemi ed i fondi

La risposta è dell’assessore Cinzia Fabrizi che, da dirigente scolastica, conosce bene gli ostacoli da superare da qui a settembre: «La possibilità di impiegare spazi decentrati –  ha puntualizzato – è stata prevista nel piano 2020-2021. Può sembrare innovativo e affascinante, ma incontra problematiche. Prima di tutto le strutture che non sono più utilizzate sono inadatte per le scuole in quanto non rispettano le normative sulla sicurezza per gli edifici scolastici. Inoltre non hanno un numero adeguato di servizi igienici e neppure le caratteristiche strutturali per poter accogliere scolaresche. Ho fatto un sopralluogo in via Rosselli ma è apparsa inadeguata, ci sono solo due stanze grandi. Un altro elemento da prendere in considerazione sono i fondi che il governo centrale ha dato ai Comuni – bando Pon – per l’edilizia scolastica: devono essere riservati a strutture che poi verranno utilizzate per cinque anni per la scuola. Quindi non possono essere destinati per altri spazi. Ho effettuato una ricognizione degli edifici scolastici dismessi, magari potrebbero avere buone caratteristiche. Tuttavia sono molto periferiche (citate Larviano, Piediluco e vocabolo Trevi) oppure necessitano di interventi consistenti».

Altro guaio

C’è poi la necessità – ha proseguito la Fabrizi – di ulteriore organico aggiuntivo, sia a livello di «docenti che di personale Ata per la pulizia degli ambienti. Se sapessimo qual è la consistenza organica reale delle scuole potremmo anche organizzare l’utilizzo di altri spazi, ma oggi non l’abbiamo. Abbiamo incontrato le scuole il 25 giugno chiedendo di farci avere le loro necessità: fino ad oggi non sapevamo in che modo dovevano calcolare la capienza. Comunque sia lamaggior  parte non richiede luoghi esterni ma l’adeguamento di quelli interni».

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