Elezioni, il Pd ripassi la matematica elettorale

Perché ha perso in Umbria più di 23 mila voti rispetto alle regionali 2010? O, peggio,102 mila sulle europee del 2014?

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di Walter Patalocco

Adesso lo sport preferito è arrovellarsi sulla composizione della giunta regionale, un rompicapo che impegna fortemente i politici umbri del Pd nonostante tra di loro si nascondano veri e propri strateghi della matematica elettorale. Nessuno, infatti, sa contare il numero dei voti così bene come certi ‘piddini’.

Non dopo le elezioni, intendiamoci (so’ buoni tutti), ma prima: strateghi del numero arabo, capaci di calcolare quanti voti dirottare su un candidato innocuo – se proprio per loro è strada sbarrata – anche tra quei quindici di una sperduta frazione del montecastrillese.

Per comporre una giunta equilibrata, non solo sui numeri si ragiona; ma su pesi, contrappesi, schieramenti partitici (leggi: cacicco di riferimento), provenienze territoriali e quant’altro. Prima o dopo alla quadratura del cerchio ci arriveranno e forse qualcuno comincerà a darsi da fare per provare a capire il perché.

Perché il Pd ha perso in Umbria più di ventitremila voti rispetto alle regionali 2010? (dati Aur, Agenzia Umbra Ricerche). O peggio: perché ha perso centoduemila voti sulle europee del 2014?

E’ sufficiente aggrapparsi al dilagare del populismo e alla paura dell’immigrato? Va subito detto che l’M5S nel 2010 non c’era, ma è calato da quasi 143 mila voti dalle politiche del 2013 a cinquantunomila delle regionale 2015. Un bel salasso. Il voto di protesta raccolto nel ’13, alle europee del 2014 era già sceso di cinquantamila consensi, ed è diminuito ulteriormente e consistentemente nel 2015.

O basta prendersela con quegli elettori Pd che hanno disertato l’urna? Sono quarantanovemila (Aur) su un totale di 705 mila chiamati a votare. Sarà necessario farsi un bell’esame di coscienza esaminando metodi e scelte di governo locale compiute negli ultimi anni?

Quegli elettori hanno manifestato così la loro delusione e la loro protesta. Ma in molti casi, in seno al corpo elettorale umbro la protesta è diventata reazione con l’aggiunta di una buona dose di populismo e di razzismo. Il risultato è che la Lega Nord è il terzo partito nella regione serafica, che vanta una lunga tradizione democratica e di tolleranza. Se la batte coll’M5S (mezzo punto percentuale di differenza) che è il secondo.

Sì, la teoria della politica dice che in un sistema bipolare entrambi gli schieramenti debbono avere una certa consistenza perché l’ingranaggio funzioni, e non a caso nel Pd in tanti si sono espressi considerando negativamente la crisi di Forza Italia ed augurandosi che, invece, una destra organizzata e consistente riprendesse vigore. Ma può essere questa la destra da augurarsi?

Le responsabilità in capo allo schieramento di maggioranza, allora sono molte e pesanti. Ed in seno ad esso è soprattutto il Pd ad essere chiamato in causa.

C’è da affrontare la situazione con determinazione, serietà, competenza e coraggio: coraggio di prendere atto che un’epoca è finita e che l’essersi salvati per il rotto della cuffia non può assicurare tranquillità, ma è solo un avvertimento. Che serve far crescere una classe dirigente più dinamica, non legata dai fili di alcuna corrente (di cui si conosce la pericolosità fin dal tempo dell’elettrificazione rurale), preparata sul piano tecnico, che faccia valere capacità e competenze. Giovane, in una parola.

Affinché il campanello d’allarme diventi un’opportunità è necessaria una disamina profonda e puntigliosa, che veda l’impegno generalizzato: non come è accaduto a Terni, quando alla riunione per l’analisi del voto sono andati soprattutto i militanti di base.

E gli altri? I cosiddetti leader? Erano probabilmente impegnati a studiare le strategie per la nomina degli assessori.

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