«Falsità e accuse diffamanti da chi ci ha ‘bollati’ come scortesi»

L’azienda ospedaliera di Terni replica alla lettera di una paziente del pronto soccorso, inviata via Pec al ‘Santa Maria’ e pubblicata da umbriaOn

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Riceviamo a pubblichiamo la replica della direzione dell’azienda ospedaliera ‘Santa Maria’ di Terni in merito alla lettera di una lettrice, 28enne ternana, pubblicata il 19 aprile scorso (LEGGI).


La paziente è giunta in pronto soccorso alle ore 14.03 del 12 aprile 2022, inviata dalle Usca, ed è stata dimessa alle ore 2.15 del giorno 13 aprile. Certamente la paziente si aspettava di eseguire tutti gli accertamenti in brevissimo tempo, inconsapevole che il pronto soccorso è ormai preso d’assalto da una innumerevole quantità di accessi e per una serie di motivazioni indipendenti dallo stesso pronto soccorso.

Si precisa che le attese che i pazienti ‘subiscono’ in pronto soccorso per le consulenze cardiologiche, sono condizionate dalla mole di richieste che pervengono da tutto l’ospedale e dalla priorità assegnata dallo specialista sulla base del livello di gravità. Su richiesta dei pazienti forniamo volentieri, a richiesta, una bottiglia di acqua e frutta in vaschetta.

La ‘scortesia’ di cui parla la paziente era solamente una richiesta di comprensione e non di pazienza, poiché la prestazione della paziente era inserita al centro di un arco orario che ha visto transitare ben 238 utenti (12 codici rossi, 73 codici gialli, 130 verdi, 23 codici bianchi) verso i quali tutto il personale (medici di pronto soccorso, radiologi, cardiologi, infermieri, oss, personale di supporto hostess/steward, Croce Rossa Italiana, sorveglianza) ha cercato di offrire, ognuno per il proprio ruolo, la migliore risposta possibile e tutto il suo impegno.

In particolare, questa intera equipe scortese ha letteralmente salvato la vita ai 12 pazienti giunti in ‘codice rosso’ che sono stati tutti stabilizzati e ricoverati; questo è il mandato ed il risultato più importante del nostro pronto soccorso che ha bisogno di tutto tranne che di comunicazioni da vero e proprio allarme sociale a tutta la comunità che serve.

In riferimento all’affermazione diffamante per cui non ci è convenuto trattare la paziente come non Covid, se è vero che la paziente ha contratto il covid in data 25 marzo, avrebbe dovuto eseguire un tampone di controllo in data 1° aprile (dose booster, ciclo vaccinale primario completato da meno di 120 giorni, guarita da meno di 120 giorni) oppure in data 4 aprile (non vaccinata, ciclo vaccinale primario incompleto o completato da oltre 120 giorni, guarita da più di 120 giorni). In ambedue i casi è stato deciso di eseguire il tampone antigenico – che ha dato risultato negativo – poiché, essendo trascorsi 18 giorni dall’inizio malattia, il quadro clinico è stato contestualizzato nell’ambito di una ‘coda’ della malattia.

A tal proposito il tampone molecolare recato in visione, effettuato dopo 18 giorni dal primo tampone, documentava la non contagiosità della paziente e la possibilità di farla uscire dall’isolamento. Stante la gravità delle affermazioni del paziente, calunniose e diffamanti per gli operatori sanitari e lesive della immagine aziendale, la direzione ha trasmesso tutta la documentazione al legale per procedere con la denuncia presso l’autorità giudiziaria competente.

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