Lavori, mutui, famiglie «Terni è casa nostra»

La comunità rumena nella Conca si racconta. Dall’operaio-scrittore al commerciante che dà lavoro agli italiani: «No agli stereotipi, siamo un valore per la città»

Condividi questo articolo su

di F.L.

In tutta la provincia sono oltre 8 mila, quasi 5 mila solo nel capoluogo. La prima comunità straniera registrata all’anagrafe, tra le prime ad essere state protagoniste del grande esodo verso l’Italia, ormai più di una ventina di anni fa. Un esodo oggi rallentato, che da tempo registra anche partenze nel senso contrario, ma che ha reso la presenza rumena a Terni sempre più radicata. A volte anche necessaria, in barba alle diffidenze e ai luoghi comuni da parte degli italiani.

Comunità varia Commercianti, ricercatori, operai, insegnanti, autisti, infermieri, sacerdoti, scrittori, parrucchieri: è variegata, solo per elencare qualche esempio a livello di professioni, la componente proveniente dal Paese dell’Est Europa presente nella Conca, una comunità stabile ma anche differente al suo interno, composta da grandi famiglie, gruppi di amici fino a molte persone sole (come tante badanti, alcune anche anziane). Oggi tutte parte integrante, ognuno a modo suo, della vita cittadina.

Alex Coman

Le storie Alex Coman, ad esempio, è un operaio metalmeccanico trentenne che vive in Italia da quando aveva 13 anni, quando con la madre e un fratello raggiunse il padre che già lavorava nel Belpaese. Adesso è anche lui papà di un bambino, avuto da una compagna italiana. «Integrarsi all’inizio non è stato facile – racconta -, ma poi frequentare la scuola mi ha aiutato. Oggi la mia vita è tutta a Terni, anche il mio futuro me lo immagino qui». La passione per la lettura e la scrittura lo ha portato a scrivere dei racconti e due libri, il secondo dei quali è al momento in fase di valutazione da parte di una casa editrice. Libri rigorosamente scritti in italiano «perché – spiega Alex – ho sempre letto in questa lingua e ormai non riuscirei a scrivere in rumeno».

Irina Rachieru è invece in Italia da 18 anni, da otto a Terni. «In Romania – dice – mi sono laureata in Scienze economiche, faccio la pendolare con Roma, dove lavoro in un istituto di ricerca che fa progetti per la Comunità europea. Mio marito Lucian ha un negozio di prodotti alimentari rumeni in viale Brin, il primo del genere aperto, nel 2007, a Terni. Ci siamo trasferiti, da Roma, proprio per aprirlo, dopo che alcuni amici d’infanzia che già abitavano qui ci hanno segnalato che non c’era alcuna attività del genere». Un’attività che ha fatto d’apripista ad altre: oggi tra viale Brin, Cospea, Gabelletta, via Battisti ci sono almeno cinque negozi di alimentari, una merceria, un’agenzia viaggi, una libreria, un parrucchiere.

Irina Rachieru con il marito

Italiani alle dipendenze Attività, queste, che danno lavoro anche agli italiani, visto che ad esempio uno dei due dipendenti di Lucian, un macellaio, è ternano. «Oggi la concorrenza è aumentata – dice ancora Irina -, anche i supermercati vendono prodotti rumeni, ma non ne soffriamo. E poi da noi si trovano anche molti prodotti italiani, come la carne. Abbiamo anche un ristorante, anche lì lavora un pizzaiolo italiano, probabile però che saremo costretti a chiudere, a Terni fare i piccoli imprenditori non è semplice». Soprattutto quando, come nel caso di Irina, c’è un mutuo da pagare e tre figlie piccole da seguire e mantenere. «Ma io – spiega – ho intenzione di rimanere qui, in Romania vado in vacanza volentieri, ma ormai tutta la famiglia è perfettamente integrata, abbiamo tanti amici, sia rumeni che italiani».

«No alle generalizzazioni» Un’integrazione dunque possibile, non solo grazie a molto matrimoni misti, sempre più diffusi. «Io non sono stata mai protagonista di episodi di razzismo – continua Irina -, quanto agli stereotipi sui rumeni sono dovuti al fatto che fanno più notizia le cose negative che quelle positive, che comunque ci sono». «La comunità è divisa in due gruppi – è il punto di vista di Alex -: c’è quello buono, fatto di persone con la mentalità aperta che cercano di integrarsi e quello che invece non vuole togliersi di dosso un certo stampo, si aggrappa ad un certa etichetta e, in qualche caso, delinque. E’ una piccola parte, ma quella che purtroppo si nota di più» .

Gina Dumitriu

L’impegno nelle scuole «Una problematica c’è, ma se guardiamo le cifre non è così evidente. Non dobbiamo dare per scontate alcune informazioni che fanno male ai nostri ragazzi» dice in merito Gina Dumitriu, a Terni da 16 anni, dove si è trasferita seguendo il marito che era arrivato sette anni prima. Lei è la presidente dell’associazione culturale Fiore Blu, tiene corsi di lingua e cultura rumena in alcune scuole cittadine (alla San Giovanni, all’Oberdan e al Donatelli), finanziati dal governo di Bucarest in collaborazione con il Miur, i primi del genere attivati, 10 anni fa, in tutta l’Umbria. Nell’ambito dei corsi ha creato anche un giornalino italo-rumeno. «Quando sono arrivata la comunità non era così numerosa – spiega – anche se i numeri ufficiali sono tuttora sottostimati: ci sono tante persone che lavorano in nero o che vengono qui solo per alcuni periodi. Ma ora ci sono anche quelli che vanno via da Terni a causa della mancanza di lavoro. Una mia ex allieva arrivata in Italia a tre anni, ora, anche se i genitori sono rimasti qui, ha preferito ritornare in Romania. Vuole fare l’università là e non ci pensa a tornare, ci sono anche altri casi simili. C’è chi ha trovato subito lavoro e facendo il paragone con Terni sta meglio in Romania».

Per chi rimane, l’associazione Fiore Blu, «cerca di offrire un aiuto ai connazionali, ma anche di promuovere iniziative per far conoscere il nostro Paese». «Per cinque anni, dal 2010 al 2015, abbiamo avuto uno sportello gratuito d’ascolto e assistenza in via Carrara- dice ancora Gina -, insieme ad altre associazioni, poi ci è stato tolto dal Comune. Era molto utile, perché siamo cittadini comunitari ma non tutti conoscono le pratiche. Ci sono stati dei casi di bambini piccoli ‘fantasmi’, andavano a scuola da 4 o 5 anni ma non avevano la residenza, oppure altri nati qui ma senza documento rumeno. Ci siamo offerti volontari per offrire assistenza, ma senza riscontro da parte delle autorità, manca un riconoscimento formale, un salto di qualità dal punto di vista amministrativo. Abbiamo trovato disponibilità nelle persone, ma non nelle istituzioni».

Don Andreca Vasile

La chiesa ortodossa Ma un altro vero punto di riferimento per la comunità è don Andreca Vasile, a capo della chiesa ortodossa rumena a Terni, che da anni ha fatto della chiesa di San’Alò la propria casa. «Diciassette anni fa – racconta – venni venni mandato a Terni dall’attuale patriarca, era stato l’allora vescovo Vincenzo Paglia a chiedere un prete rumeno, visto che la comunità era già allora in crescita. All’inizio ho battuto a piedi tutte le vie e i negozi di Terni, poi oltre ad un tetto e alla possibilità di portare qui mia moglie e i miei tre figli (la chiesa ortodossa permette ai sacerdoti di sposarsi, ndr), mi hanno dato anche un’auto. Dopo un paio d’anni la chiesa di Sant’Alò era piena».

Un punto di appoggio «L’abbiamo fatta rivivere – continua don Vasile -, è una vera e propria parrocchia, dove celebriamo la messa in occasione delle feste religiose e ogni domenica, quando in 200 ci ritroviamo anche per pranzare insieme. Qui dentro ho celebrato 1.100 battesimi, almeno un centinaio di matrimoni, sempre più misti, e anche funerali. La nostra è una comunità viva e salda, anche grazie alla presenza di questa chiesa». Don Vasile, sul finale, ha una certezza: «Parlo con tanti italiani e la stragrande maggioranza mi dicono che i cittadini rumeni rappresentano un valore per Terni, consapevoli del contributo che portano, a partire dai tanti lavori che i ternani non sono più disposti a fare. Anche ai rumeni piace l’Italia. L’importante è che non vengano sfruttati».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli