Perugia, alta tensione in consiglio comunale

Gli strascichi della polemica-sicurezza: il Partito democratico e il socialista Nilo Arcudi hanno abbandonato l’aula

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di Rosaria Parrilla

L’opposizione che scalpita, la maggioranza che punta i piedi. E così il progetto dell’ex Mattatoio non passa a causa del mancato numero legale dei consiglieri. Dibattito rimandato a nuovo ordine. O disordine.

Consiglio nervoso Quello di lunedì pomeriggio è stato un consiglio comunale infuocato e non poteva essere altrimenti. Il Partito democratico e il socialista Nilo Arcudi hanno abbandonato l’aula. Il motivo della discordia è presto detto: le dichiarazioni rilasciate una settimana fa dall’assessore comunale ai lavori pubblici, Francesco Calabrese, sulla possibile relazione tra le ‘spaccate’ alle vetrine dei negozi del centro storico e le infiltrazioni mafiose.

Le polemiche Parole che hanno creato un putiferio scatenando un dibattito politico, l’ira dell’intero centrosinistra e una presa di distanza da parte del sindaco Andrea Romizi. Ma che non sono piaciute neanche in Questura. E a puntualizzarlo, a margine della conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione Grifo, che si è tenuta sabato scorso, è stato proprio il questore di Perugia, Carmelo Gugliotta, che su questo punto è stato chiaro: «Gli episodi delle spaccate in centro non hanno nulla a che vedere con la criminalità organizzata».

Il dibattito Ed ecco la necessità urgente del Pd di portare il dibattito in aula, per avere chiarimenti da parte di Calabrese. Un confronto che avrebbe dovuto esserci dopo l’accordo preso, tra opposizione e maggioranza, durante la conferenza dei capigruppo che si è tenuta la mattina, ma che, invece, dopo quattro ore, come dimostrano i fatti, non è stato rispettato. A sottolinearlo il Pd, a nome del capogruppo Diego Mencaroni, e il socialista Nilo Arcudi che ha chiesto di abbandonare i lavori. Così dei 28 presenti, solo in 12 hanno votato a favore delle mozione presentata dal Pd, contro i 16 contrari, scatenando un botta e risposta acceso tra opposizione e maggioranza, che ha portato il presidente del Coniglio comunale, Leonardo Varasano, a chiedere la sospensione dei lavori.

Rimpallo di responsabilità «C’era un patto fra gentiluomini – ha tuonato Arcudi – in cui si assicurava il dibattito con l’assessore Calabrese e ora ci è stato negato. Questa è una scorrettezza totale. È una vicenda gravissima che non ha precedenti, non si possono prendere in giro i cittadini così». Da parte sua, Massimo Perari, capogruppo di Forza Italia, ha cercato di calmare gli animi, senza riuscirci: «Non c’è nessuna ragione di sospendere i lavori. Non ci nascondiamo dietro un dito, le vostre sono questioni legittime, ma non neghiamo il fatto che la città è nella morsa dei clan della ‘ndrangheta». Per Mencaroni quello successo durante il consiglio «è un attacco alle istituzioni».

Maggioranza indecisa Ma tra i banchi della maggioranza c’è stato chi (più di uno) ha sottolineato l’esigenza di rispettare i patti: «Un conto è fare opposizione, un conto è governare. Una volta data la parola si deve mantenerla. Forza Italia non si capisce cosa fa». Il confronto, a cui non si è sottratto Calabrese che ha continuato ad esprimere la disponibilità a chiarire, a quanto pare non è stato concesso da qualcuno all’interno di Forza Italia. E l’andazzo si era già capito quando il presidente Varasano ha dato la parola a Mencaroni più volte interrotto dal consigliere forzista Carmine Camicia.

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