Rogo Ast, Espenhahn sconterà 5 anni in Germania

La decisione del tribunale di Hamm: sentenza italiana eseguibile, ma pena adeguata alla legge tedesca. Stessa sorte per Priegnitz

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Harald Espenhahn

Ad oltre 12 anni dalla tragedia, è arrivato il momento anche per l’ex amministratore delegato di Ast Harald Espenhahn e per il dirigente Gerard Priegnitz, di scontare la loro condanna per il rogo alla Thyssenkrupp di Torino costato la vita, la notte del 6 dicembre 2007, a sette operai.

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La decisione

La seconda sezione penale del tribunale regionale superiore di Hamm ha infatti stabilito che i due manager dovranno scontare 5 anni di reclusione in Germania (il massimo consentito per l’accusa di omicidio colposo). I loro ricorsi contro le decisioni del tribunale regionale di Essen del gennaio e febbraio 2019 – che avevano dichiarato ricevibile l’esecuzione della sentenza italiana nei loro confronti, adeguando la pena alle leggi tedesche – sono stati infatti respinti. In Italia Espenhahn e Priegnitz erano stati condannati rispettivamente a 9 anni e 8 mesi e 6 anni e 10 mesi. La sentenza della Cassazione risale al maggio 2016, quando erano state confermate le pene inflitte nel secondo processo di appello di Torino. I due nel frattempo erano rientrati in Germania.

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Gli altri condannati

Sempre la Cassazione aveva condannato l’ex dirigente Ast Marco Pucci a 6 anni e 10 mesi, il membro del comitato esecutivo dell’azienda Daniele Moroni a 7 anni e 6 mesi, l’ex direttore dello stabilimento Raffaele Salerno a 8 anni e 6 mesi e il responsabile della sicurezza Cosimo Cafuer a 6 anni e 8 mesi. Tutti e quattro gli imputati italiani si erano costituiti subito dopo la sentenza. Pucci, ternano come Moroni, nel 2017 aveva ottenuto la semilibertà e un anno dopo l’affidamento ai servizi sociali, lasciando definitivamente il carcere. Percorso seguito successivamente, in base ai termini di legge, anche da Moroni.

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Le tappe della vicenda

Si conclude così, con l’esecuzione della sentenza di condanna in Germania degli ultimi due manager ancora a piede libero, una vicenda lunga e dolorosa, durata – come accennato – oltre dodici anni. Tutto è iniziato quella maledetta notte in cui, nella linea 5 dell’Ast di Torino, a causa delle fiamme persero la vita Antonio Schiavone (36 anni), Angelo Laurino (43), Roberto Scola (32), Bruno Santino (26), Rocco Marzo (54), Rosario Rodinò (26), Giuseppe Demasi (26). A seguito delle indagini, a carico di Espenhahn la procura di Torino ipotizzò – prima volta in Italia in un processo di morti sul lavoro – il reato di omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso, mentre gli altri cinque dirigenti furono accusati di omicidio colposo e incendio colposo, con l’aggravante della previsione dell’evento. La corte d’Assise di Torino, nel 2011, aveva confermato i capi d’imputazione, condannando l’amministratore delegato a 16 anni e 6 mesi di reclusione e gli altri manager a pene comprese tra i 13 anni e 6 mesi e i 10 anni e 10 mesi. Le condanne erano state poi ridotte nel primo processo di secondo grado, al termine del quali i giudici non avevano riconosciuto l’ipotesi di omicidio volontario, ma nell’aprile 2014 la Cassazione aveva ordinato, confermando la colpevolezza degli imputati, un nuovo processo di appello. Processo che a maggio 2015 aveva ridefinito le condanne portando alle pene poi confermate a maggio 2016 dalla Cassazione.

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