Sale giochi ‘perdute’, slot al posto dei flipper

A Terni rimane aperta solo la Royal, un fioraio dove c’era la Flash. I ricordi tra gli anni ’90 e 2000

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di Federica Liberotti

Due biliardini in mezzo alla stanza, ultimi baluardi di un’epoca che non c’è più. Un’epoca che ha fatto divertire tanti ragazzini, ma spazzata via da giochi elettronici e Play Station, fino ai molto meno innocui videopoker e slot machine. I due biliardini in questione sono ciò che rimane di quello che era la Royal, probabilmente l’ultima sala giochi che ancora oggi, anche se con una veste diversa, ‘resiste’ a Terni. Qui, come nel resto d’Italia, testimonianza della parabola discendente di quelli che una volta erano i principali punti di incontro per adolescenti e giovani. Tempi che, probabilmente, non torneranno più.

Un fioraio al posto della Flash

Tra via Fratti e via Lanzi da qualche mese ha aperto un fioraio lì dove, fino al 2017 c’era la Flash, un’altra storica sala giochi cittadina. Un locale di appena 50 metri quadri, ma dove ogni week end transitavano schiere di ragazzi. «Alla fine degli anni ’90 il sabato non riuscivi a passare per la gente e i motorini che c’erano davanti» ricorda il titolare di allora. «Aprimmo il 18 dicembre 1993, non sono riuscito ha festeggiare il 24esimo compleanno, avendo chiuso il 30 novembre di due anni fa. Il guadagno i primi anni c’è stato, l’attività era remunerativa, anche se abbiamo anche speso molto, perché la concorrenza tra di noi era tanta e c’era la corsa al videogioco più innovativo».

La mappa degli anni ’90

Nel centro di Terni, oltre alla Flash e alla Royal di via Battisti, a pochi passi dall’Itis – la prima ad aprire -, di sale giochi ce n’erano almeno altre tre: Batmania, su due piani in piazza del Mercato (poi trasferita poco distante, in via Silvestri), la Reali in via I Maggio (l’attività si era spostata lì da piazza Dalmazia) e la Pink, in via Galvani. Una certa ‘rivalità’ c’era anche tra i clienti. «Quante volte a carnevale ho dovuto pulire le uova che ci tiravano i ragazzi che frequentavano la Reali – ricorda ancora il titolare della Flash -. Gli altri locali erano molto più grandi del nostro, sono arrivati anche a 300 metri quadri, ma nel mio piccolo ho retto più degli altri. Per tutti è stato però inevitabile chiudere (qualcuno anche per altre vicende, ndr), il gioco come era inteso una volta non esiste più».

Dai flipper alle slot

Prima i flipper e poi Frogger, Pacman, Asteroids erano alcuni dei videogame più in voga negli anni ’90. «Spostarli era una vera fatica, poi sono arrivate le schede intercambiabili, ed è diventato meno dispendioso anche a livello di energie». Fino a che a cancellarli non ci hanno pensato i computer e le consolle. «Le grandi ditte giapponesi preferivano vendere milioni di copie di dischetti ai ragazzini di tutto il mondo che poche schede ad altrettanti noleggiatori». A quel punto è arrivata la prima trasformazione: hanno iniziato a prendere piede i poker con vincite in consumazioni. E da lì alle slot machine il passo è stato breve.

Lo Stato fa cassa

«Ormai si trovano solo macchine a vincita – spiega l’ex titolare della Flash -. Lo Stato ci ha messo le mani, decidendo che il gioco viene gestito da una dozzina di concessionarie che controllano le macchine, che poi danno ai noleggiatori. Per ogni moneta da un euro giocata, lo Stato si mette in tasca il 70% per pagare le vincite, al 30% rimanente occorre togliere un altro 19%, che va sempre allo Stato. Alla fine, togliendo tasse e contributi, ai noleggiatori rimane tra il 4 e l’8%». E così sopravvivono solo le grandi sale gestite da catene, come quelle di via Bramante o via della Castellina per intenderci. Anche alla Royal uno spazio è riservato a queste macchine, l’ingresso in questo locale è concesso solo ai maggiori di 18 anni. Un altro segno dei tempi.

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