di M.T.
Il Briccialdi è ufficialmente un problema. Perché il milione e mezzo di debiti che ha con il Comune pesa come un macigno e perché lo stesso Comune proprio non ce la farà a mantenere ancora, con le somme che gli ha fino ad oggi garantito, l’istituto musicale.
Il finanziamento Perché, per cominciare, non potrà più permettersi di mettere nelle casse del Briccialdi un milione e 800mila euro ogni anno, oltre a pagare i cinque dipendenti che ne seguono le attività «in attesa che si definisca il percorso che, come previsto dalla legge, dovrebbe portare alla statizzazione della scuola», aveva detto l’assessore l’assessore Giorgio Armillei.
La convenzione Tanto che deve essere riscritta la convenzione tra Comune e Briccialdi – che sarebbe scaduta il 19 aprile, ma è stata prorogata fino al 31 luglio – «da un comitato permanente di coordinamento – aveva spiegato l’assessore – che sarà composto dai dirigenti di quattro assessorati che lavoreranno di concerto». Perché sarà pure vero che, come aveva detto sempre Armillei, «per il Comune di Terni, il Briccialdi rappresenta un’istituzione fondamentale», ma nessuno è più diposto ad immolarsi su quell’altare
La Fondazione Carit E così, venerdì, il sindaco Di Girolamo è andato a bussare alla porta dell’ufficio di Mario Fornaci, presidente della Fondazione Carit: sì, perché alla Fondazione hanno sempre detto, e lo pensano sul serio, che «il Briccialdi è un patrimonio che la città deve salvaguardare» e, allora, il sindaco ha – parola più, parola meno – chiesto a Fornaci di dimostrare con i fatti o meglio, con un assegno, che quel patrimonio la Fondazione lo vuole salvaguardare sul serio.
La promessa E il presidente della Fondazione Carit – inutile provare a chiedere conferma, sarebbe come rimbalzare su un tappeto elastico – un impegno ‘personale’ lo avrebbe preso. Personale, perché mercoledì prossimo dovrà confrontarsi con il consiglio e perché, soprattutto, il suo mandato scadrà a maggio del prossimo anno: Fornaci, in poche parole, avrebbe promesso a Di Girolamo che, per il 2015 e per il 2016, il Comune potrà contare su un ‘aiutino’ di circa 300 mila euro, all’anno. Che è cinque o sei volte in più di quanto la Fondazione ci ha messo, ogni anno, fino ad oggi.
Un palliativo Se per la Fondazione Carit, soprattuto in assenza di un piano di gestione definito, si tratterebbe di un impegno non da poco; per le casse del Briccialdi – e del Comune – la cosa non rappresenterebbe però una svolta. Hai voglia a lavorare di forbici per tagliare: l’istituto costerebbe sempre troppo, dando fiato a chi, a palazzo Spada come a palazzo Montani Leoni, sede della Fondazione Carit, insiste sul fatto che il Briccialdi deve essere messo in condizione, magari puntando sulla costituzione di un ente ‘ad hoc’ che se ne occupi, di camminare con le sue gambe.
Il Verdi Ma i dolori non si fermano al Briccialdi. Perché c’è pure il Verdi tra le note – non è una battuta – dolenti: visto che sarebbe stata messa in calendario per il 9 luglio l’assemblea richiesta dall’ex vice presidente Giuseppe Belli perché, secondo lui, «alla Fondazione siano date delle chiare indicazioni su come operare, su quali interventi privilegiare, su quali condizioni porre al Comune di Terni e su quali devono essere i patti da stipulare anche per il dopo. Per quando, cioè, il teatro ristrutturato dovrà essere utilizzato e gestito».
L’indirizzo L’iniziativa di Belli appare decisamente polemica nei confronti della Fondazione, visto che secondo l’ex vice presidente «ha promesso di impegnarsi, ha garantito di avere dei fondi a disposizione e di volerli utilizzare per lo scopo, ma io credo che sia necessario, prima di imbarcarsi in una simile operazione, un confronto interno molto approfondito». E, non solo per la stagione, il confronto promette di essere pure caldo.