Terni, ‘codici e codicilli’: il ricordo di Santoloci

Il corsivo di Walter Patalocco racconta di un uomo gioviale e Magistrato deciso, concreto, che non andava a caccia di fantasmi o in cerca di gloria

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di Walter Patalocco

Che tipo Maurizio Santoloci! Autorità indiscussa tra coloro che alle problematiche ambientali si affacciarono negli anni Ottanta del secolo scorso, sapeva illustrare il problema in un modo che conquistava l’interlocutore. Intanto parlandone come si fa con gli amici del bar quando di discute di sport, da uomo semplice e gioviale qual era. Ma soprattutto in maniera appassionata eppure lucida; ferma ma non prevaricante; da persona che conosceva le questioni, ma senza salire in cattedra. Con la massima concretezza. Rappresentando la questione “difesa ambientale” senza le radicalizzazioni di chi, allora, voleva un ambiente incellofanato. Mantenendo ferma l’idea che ognuno poteva fare la sua parte per non andare a grandi passi verso il disastro, fermare il saccheggio delle risorse della natura.

Era molto giovane allora, ma vantava già una ricca esperienza. A Roma fu molto vicino a Gianfranco Amendola, uno di quei pretori che allora si definivano “d’assalto”. Raccontò proprio Santoloci dei contatti, dello scambio di consigli, del confronto con Amendola quando in Sardegna, al primo incarico in Magistratura, da Pretore di Sorgono, emise una sentenza che lo portò, subito, agli onori delle cronache: condannò un cacciatore dopo avergli contestato per la prima volta in Italia il reato di furto in danno del patrimonio dello Stato. Quella selvaggina stanziale che volava nel cielo d’Italia era patrimonio collettivo. Non era lecito appropriarsene.

Chi s’interessava di difesa ambientale la portava ad esempio, quella sentenza. E quel Pretore che l’aveva pronunciata mettendo in campo una mentalità dinamica e aperta, una capacità di muoversi tra “codici e codicilli” (espressione classica di Santoloci) derivata dalla preparazione tecnica. Anche gli ambientalisti umbri, si augurarono che uno come lui capitasse da queste parti. Perché c’erano in ballo questioni spinose, prima fra tutte il progettato cementificio di Acquasparta, una brutta storia che divideva l’opinione pubblica tra i favorevoli ad un intervento squassante e chi anteponeva a tutto i (pochi) posti di lavoro che quell’intervento avrebbe procurato. Un dilemma che negli anni successivi, in altre parti d’Italia, si è affacciato drammaticamente.

In Umbria arrivò proprio lui, Maurizio Santoloci. Pretore ad Amelia. La questione cementificio s’era già chiusa. Ma proprio nel mandamento amerino c’era il problema della strada Frattuccia-Guardea. Un collegamento che si era deciso di realizzare attraversando i boschi sulla montagna che divide i due centri. Le ruspe erano già in movimento, ma dovettero tornare in garage e la strada non si fece. Come non si fece la strada Panoramica di Piediluco. Abolita la Pretura di Amelia, Santoloci era a Terni, e mise le “ganasce” ai cingoli delle ruspe.

Esempi. Episodi tutto sommato secondari nella storia di Maurizio Santoloci, per anni vice presidente e principale esperto sul fronte legislativo del Wwf Italia; autore di testi tecnici, docente nelle scuole di polizia ambientale. Episodi in cui c’era tutto Maurizio Santoloci. Uomo gioviale e Magistrato deciso, concreto, che non andava a caccia di fantasmi o in cerca di gloria.

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