di S.F.
Un decreto del ministero dell’allora infrastrutture e dei trasporti reso noto dall’ufficio della motorizzazione civile di Terni, un provvedimento di revisione della patente dopo un incidente e una comunicazione della polizia Locale di Terni. Sono i principali ingredienti di una curiosa storia che, a sette anni dai fatti, si è chiusa con una sentenza del Consiglio di Stato a sfavore di palazzo Spada.
Cosa è successo? Nel 2017 una cittadina – N.D.G. le iniziali, difesa dall’avvocato Alessandro Longo – si è mossa al Tar dopo che la motorizzazione ha disposto nei suoi confronti la revisione della patente. Ciò a causa di un incidente per il quale ci fu un rapporto della polizia Locale di Terni, con tanto di irrogazione di sanzione amministrativa del Comune: «È stata coinvolta in incidente stradale derivante dalla propria condotta di guida e non si è fermata per dare soccorso ai feriti; il suddetto comportamento di guida fa sorgere dubbi nella persistenza dei requisiti di idoneità tecnica prescritti per il possesso della patente di guida», la motivazione per la richiesta di revisione. Il Tar ha accolto il ricorso: «Come chiarito dalla giurisprudenza prevalete, l’ordine di revisione della patente di guida per inidoneità tecnica è adottato all’esito di un giudizio altamente discrezionale, ma la sfera di discrezionalità di cui dispone l’ufficio della motorizzazione civile in materia non lo esime dall’obbligo di esternare, con riguardo alle singole fattispecie, le ragioni che giustificano i dubbi sulla persistenza dei requisiti. L’amministrazione che dispone la revisione della patente non può ragionevolmente prescindere da un’autonoma valutazione delle circostanze fattuali; i provvedimenti impugnati sono stati motivati mediante il mero richiamo al rapporto della polizia Locale del Comune di Terni». Con palazzo Spada e il ministero condannati al pagamento di 1.000 euro. Si arriva al Consiglio di Stato.
Il Comune – l’avvocato è Paolo Gennari – nel 2021 ha depositato l’appello al CdS contro la cittadina per criticare «la parte della sentenza che lo ha coinvolto direttamente. Infatti, il Tar, ancor prima di passare ad esaminare il merito della lite (e di addivenire, all’esito, al giudizio di annullamento del provvedimento di revisione per difetto di motivazione), ha preliminarmente rigettato un’eccezione di inammissibilità sollevata dall’amministrazione civica, che lamentava l’ingiustizia della propria chiamata in giudizio (ad opera della ricorrente). L’atto di appello contesta unicamente la reiezione di tale eccezione preliminare e la conseguente condanna alle spese, pronunciata dal Tar a carico dello stesso Comune (spese liquidate in 1.000 euro, oltre oneri ed accessori di legge, in favore della ricorrente)». Con richiesta di riforma del provvedimento. Niente da fare.
Il Comune deve pagare in quanto l’appello non è fondato. «Giova osservare che la ricorrente, in primo grado, aveva impugnato espressamente anche il rapporto della polizia Municipale di Terni (fascicolo 564/17) che ne aveva indicato la responsabilità per l’incidente stradale occorso e che, successivamente, ha costituito occasione, per la motorizzazione civile, di aprire il procedimento preordinato alla revisione della patente. Inoltre, oggetto di impugnazione in primo grado erano anche i verbali di irrogazione di sanzione amministrativa, emessi dalla polizia locale del Comune di Terni, parimenti richiamati a sostegno del provvedimento di revisione». Dunque l’impugnazione degli atti comunali non era «meramente di stile, ma, nell’ambito del secondo motivo di ricorso, era assistita da specifiche censure. La ricorrente, infatti, nel contestare l’efficacia probatoria del rapporto fino a querela di falso, ne lamentava ‘l’assoluta infondatezza’, avvalendosi oltretutto di una propria perizia tecnica che assumeva di dimostrare l’estraneità della D.G. dai fatti dell’incidente». Respinto e storia chiusa.