Terni e l’autodromo: pasticcio bipartisan

Da destra e da sinistra, in consiglio comunale, si ripropone un progetto del compianto Paolo Rossi. Di una quindicina d’anni fa. Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Mettere d’accordo i club motoristici ternani non fu impresa da poco. Eppure ci si riuscì, una quindicina di anni fa, attorno ad un progetto che, fino ad allora, era apparso più che altro una chimera: realizzare un autodromo a Terni.

Un autodromo “vero”, non una pista utile solo per sfogare la voglia di velocità in sella ad una motocicletta o col “baricentro” poggiato sul sedile di una macchina più o meno da corsa. Ma un impianto adatto ad ospitare manifestazioni internazionali, che fosse un Vallelunga più moderno, con maggiori potenzialità ed attrattive.

Paolo Rossi, che se ne è andato proprio quest’anno, presidente del motoclub che si chiamava ancora solo “Libero Liberati” fu tra i promotori principali dell’iniziativa e se ne fece anche sostenitore attivo in sede di amministrazione locale, dato che lui era in quel periodo (2002) consigliere comunale a Terni, eletto in una lista civica che si chiamava “Terni Insieme” e poi passato al gruppo del Partito Popolare.

Si misero tutti d’accordo i club motoristici ternani che erano (e sono) più d’uno e spesso indifferenti l’uno nei confronti dell’attività degli altri. Costituirono, con tanto di carte bollate, un’associazione, chiesero ad uno studio di architettura di approntare un progetto di massima, poi fecero una specie di triplo salto mortale riuscendo a trovare anche i finanziatori (pare fossero russi), pronti a “buttarci” un qualcosa come 22 milioni di euro sull’unghia e subito. Cifra considerevole, ma probabilmente sufficiente solo per partire.

Non solo l’autodromo. L’associazione delle associazioni voleva un qualcosa che utilizzasse quella che per Terni è una specie di “vocazione” visto che forse unica in Italia può vantare un “albo d’oro” di grande rispetto, comprendente due campioni del mondo di motociclismo ed un campione automobilistico che ha vinto “corsette” del genere della Mille Miglia o ha preso il via ad Indianapolis.

Un grande memoria storica, ed un importante “parco cimeli” che urla il diritto di avere una sede espositiva degna, dove non ci si debba limitare – per ragioni di spazio – all’esposizione di alcuni caschi, una parte di trofei prestigiosi (dalla Targa Florio alla Coppa d’Oro Shell) pagine di giornali, locandine, immagini e documenti d’epoca.

Beh, nel 2002 le voci degli appassionati di motori di Terni rimasero inascoltate. Il sindaco di Narni – nel cui territorio era stata alla fine individuata un’area adatta per costruire l’impianto – non rispose nemmeno alla richiesta di un incontro e mentre s’inseguiva – li a Narni – un progetto che ha prodotto solo fiumi d’inchiostro come la Gardaland da realizzare sull’area demaniale dell’ex Spea allo Scalo, non si considerò nemmeno l’eventualità del circuito che, nel caso, sarebbe sorto a Nera Montoro in un’area attigua agli stabilimenti chimici.

Adesso, anno 2015, c’è chi una mattina s’è svegliato ed allo specchio ha visto configurarsi sopra la propria testa un punto esclamativo sfolgorante: l’idea di un autodromo con annessi e connessi, rispolverando anche l’orgoglio della Terni motoristica. Di punti esclamativi, in verità, ne apparvero due, in due distinte zone della città ed in due distinti lati dell’emiciclo del consiglio comunale.

Cosicché, a Palazzo Spada, di progetti simili a quello del 2002 ne sono stati presentati contemporaneamente due: distinti e uguali nella sostanza. Ed il consiglio, stavolta, ha approvato entusiasticamente l’idea. Adesso basta solo trovare qualche milione di euro, individuare un’area che sia tale da evitare danni all’ambiente, mettere d’accordo una serie di enti locali, e realizzare una faccenda degna di ciò che s’intende oggi per autodromo con parcheggi ampi, servizi all’altezza ecc. ecc. Solo così, infatti, l’iniziativa potrebbe essere davvero occasione di sviluppo.

Perché certo non serve a nessuno che alla fine dalla montagna dell’autodromo nasca il topolino, ossia un nastro d’asfalto tutto rintorto, in mezzo ad un campo e con qualche vecchio pneumatico infilato nel terreno a fare da guard rail.

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