Terni: «Energia, puzzle difficile da risolvere»

di Sergio Cardinali
del dipartimento chimico nazionale della Filctem Cgil

Il futuro delle centrali idroelettriche del gruppo Nera Velino e dei lavoratori di E.On, è ancora immerso nell’incertezza.

Infatti, mentre si attende l’esito dell’antitrust per quanto riguarda la regolarità della cessione del ramo termoelettrico italiano della tedesca E.On alla società ceca Eph, non ci sono ancora novità sull’idrico, appeso alla trattativa con Erg o Edison (questi sono i nomi delle società che sembrano ancora della partita). Ma facciamo un po’ di storia.

Il tutto ha avuto inizio con il decreto Bersani del 1999, con cui si crearono le cosiddette Genco, le tre società di gruppi di centrali realizzate appositamente dal ministero del tesoro per ridurre la presenza di Enel nel settore della produzione energetica italiana. All’interno di uno dei gruppi, esattamente in quello denominato Elettrogen, veniva inserita tutta l’asta delle centrali ternane, 516 MW di energia idroelettrica pulita, rinnovabile, gioiellino dello stato italiano; centrali costruite dalla Terni dell’industria nascente del ‘900, come motore di quell’industria, che per la prima volta trasformava l’energia idraulica in energia elettrica così da modificare gli opifici fino ad allora presenti nell’industria siderurgico-chimica, svolta per l’economia ternana.

Sorge spontanea una domanda: ‘Perchè un patrimonio così importante viene inserito nelle cessioni che l’Enel, quindi il governo italiano, andava decidendo?’ Semplice, per vendere centrali vecchie ed obsolete, che facevano parte del pacchetto complessivo, era necessario l’inserimento di qualcosa di appetibile, e allora il governo decide di vendere l’ultimo pezzetto di ‘partecipazione statale’ presente a Terni, dopo la chimica dell’Eni, e l’acciaieria dell’Iri.

A nulla valsero le molteplici iniziative e le tante proteste sindacali, contro il depauperamento di un patrimonio pubblico e, alla fine, tutto il pacchetto viene ceduto alla spagnola Endesa, nel luglio 2001; l’azienda spagnola per circa 3,5 miliardi di euro entrò in possesso del 10% del parco delle centrali di Enel e così facendo entrò nel mercato elettrico italiano con la quota del 7%.

Gli anni successivi, fortunatamente, vedono investimenti e sviluppo di tecnologico, e l’aumento di occupazione, in un ottimo rapporto di relazioni industriali con il gruppo spagnolo. Tutto procede per il meglio, fino a quando nel 2007 Enel, acquisisce tutta la società spagnola Endesa per 36 miliardi di euro, compiendo un’impresa mai riuscita fino ad allora ad altra azienda italiana all’estero, e diventa una delle prime società quotate in borsa con 90 miliardi di capitale.

Ancora una volta le vicende legate alle scelte strategiche di Enel pesano negativamente sulla sorte delle centrali ternane; infatti a giugno del 2008, da una parte per obbligo dell’antitrust europea, ma anche per la volontà di ridurre il suo indebitamento finanziario di 8,4 milioni di euro, Enel cede nuovamente le centrali idroelettriche, insieme agli staff ed alcune centrali termoelettriche italiane, nelle mani della tedesca E.On.

Nel periodo che attraversa l’acquisizione da parte di Enel, tra l’aprile del 2007 e giugno del 2008, ancora una volta il territorio è stato teatro di molte le iniziative sindacali, molti gli incontri con istituzioni locali e al ministero dello sviluppo economico, per evitare una vendita-spezzatino che avrebbe messo a rischio decine di posti di lavoro. Si riescì a mantenere l’integrità del pacchetto italiano ed i lavotatori di Villa Valle sono restati tutti al loro posto, anche se divisi in società diverse.

Tutto procede più o meno liscio fino al 27 novembre 2013, quando appare sulla stampa la volontà di E.On di abbandonare l’Italia non ritenuta più strategica, sotto le spinte della cancelliera tedesca che chiede al proprio campione elettrico nazionale di concentrarsi sul settore elettrico tedesco.

Appare subito chiaro che stavolta sarebbe stato estremamente difficile evitare di nuovo lo spezzatino, visto che a detta della stessa azienda ciò, la vendita divisa degli asset, avrebbe comportato un beneficio economico per la cedente. Ed infatti mentre eravamo in attesa di incontri ministeriali mai giunti, il 13 gennaio 2015 l’annuncio dell’amministratore delegato di E.On dell’avvenuta cessione delle centrali termoelettriche alla ceca Eph (Energetichy Prumyslovy Holding), 4500 mw in sei centrali diverse sparse per l’Italia, con il passaggio di 380 lavoratori.

Il 19 febbraio 2015 invece la notizia della cessione dei 50 megawatt di fotovoltaico alla società F2i, che attraverso la società Hfv (Holdig Fotovoltaica), diventa la seconda del settore italiano. Ed ora tocca ai 16 impianti dell’idroelettrico ternano, che con la concessione fino al 2029 per i suoi 513 Mw di produzione, sembra fin’ora destinata a finire nelle mani della famiglia italiana Garrone attraverso la società genovese Erg.

Nei giorni scorsi a Terni, a Palazzo Gazzoli, si è svolto un incontro con il dirigente italiano della E.On, Paolo Venerucci, restato al suo posto dai tempi della prima cessione dall’Enel, la governatrice della regione Umbria Catiuscia Marini, il presidente del consiglio regionale Eros Brega, il sindaco Leo Di Girolamo ed i tre segretari generali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil per fare il punto della situazione attuale.

Impossibile però ipotizzare una traiettoria per un futuro che resta ancora estremamente incerto, a causa dell’attesa della decisione dell’antitrust sulla cessione a Eph, ma anche a causa del protrarsi della trattativa sull’idroelettrico che non permette la possibilità di ragionare sull’occupazione ternana, soprattutto ancora una volta per le attività di staff che interessano complessivamente 80 unitá delle 160 complessive attualmente occupate a Terni.

Le uniche indiscrezioni emerse fino ad oggi, riguardano la volontà della società Eph di affittare alcuni locali in città per mantenere una sede sul territorio, che dovrebbero occupare circa 45 lavoratori, tra personale di staff e tenici e postazioni di telecontrollo. Il resto dei lavoratori dovrebbe restare ancorato alla cessione dell’idroelettrico, con sede di lavoro all’interno del polo elettrico di Villa Valle.

All’incontro istituzionale di lunedì scorso, abbiamo chiesto all’azienda che il passagio dei lavoratori alle nuove società avvenga attraverso la cessione di contratto, formula che garantisce la cessione dei lavoratori senza soluzione di continuità; fatto questo che sarebbe determinante per evitare la perdita economica e di diritti prevista dalle nuove regole del job acts.

Come organizzazioni chiederemo inoltre garanzie aggiuntive a quelle di legge, per la salvaguardia dell’occupazione e per il mantenimento delle strutture sul territorio nel tempo.

Ma il dubbio più grande si rivolge soprattutto alla operazione di Eph, e alla sua capacità di rilanciare l’attività delle centrali, alcune delle quali sempre ferme, in un contesto ancora difficile come quello del mercato elettrico italiano, dove la crescita economica e la conseguente crescita della domanda energetica restano ancora lontane, sullo sfondo.

La crisi ha già comportato in Italia la chiusura di molte centrali termoelettriche. Per avere una prima idea sull’argomento sarà necessario però attendere di conoscere il piano industriale di Eph, che però sarà presentato solamente dopo l’ok dell’antitrust.

Intanto restiamo in attesa di un nuovo incontro con il ministero che si era intanto impegnato, circa venti giorni fa, ad incontrare la societa Eph per avere rassicurazioni.

Lunedì all’assemblea dei lavoratori di Villa Valle, è emersa tanta incertezza per il futuro.

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