Terni, il medico Usca: «Smantellare tutto sarebbe assurdo»

Covid – Simona Montesi, del centro studi ‘Malfatti’, dice la sua sul ruolo delle unità speciali di continuità assistenziale

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di Simona Montesi
Responsabile sanità e stato sociale del centro studi politici e sociali ‘F.M. Malfatti’

Quando ho dato la mia disponibilità, su richiesta della mia Usl, per diventare medico Usca, ad ottobre dello scorso anno, non volevo certo la medaglia sul petto. Volevo fare quello che mi sembrava doveroso per la mia professione, cioè mettere a disposizione le mie competenze, il mio tempo, le mie risorse fisiche e mentali, per un evento eccezionale e gravissimo di sanità pubblica come può essere quello di una pandemia. Ora la regressione dei contagi e le vaccinazioni di massa hanno finalmente dato tregua al diffondersi della malattia, ma mi sto chiedendo: quanto durerà il nostro impegno ora che, come medici esperti in cure Covid domiciliari, verremo forse ridimensionati? O forse spostati ad altri incarichi? O forse le unità Usca potrebbero anche essere soppresse? Che ci sia di nuovo qualcuno – come accaduto pochissimi anni fa, quando si stava per sopprimere la guardia medica, che vuole trasferirci per sciagurata carenza di medici, dovuta ad insensata programmazione sanitaria territoriale – da qualche altra parte?

Il Covid ha colpito duro, durissimo, oltre ai decessi ci saranno pazienti che, speriamo pochi, si infetteranno, altri che potrebbero contrarre di nuovo il virus, prima che la maledetta pandemia sparisca e che i vaccini coprano l’intera popolazione. E poi ci sono i pazienti Covid a rischio che potrebbero utilizzare i monoclonali e che noi valutiamo assieme al medico di famiglia. E poi stanno arrivando altri farmaci e altre terapie. C’è la ripresa delle attività produttive su scala nazionale ed internazionale e il turismo estivo da e per l’estero, questo potrebbe favorire la diffusione delle varianti del virus (la temibile nuova variante indiana è già presente nella nostra regione), in questi mesi bisogna programmare e prepararsi per i mesi autunnali ed invernali che incombono, perché il cambiamento climatico abbiamo visto che influisce moltissimo sulla diffusione dei contagi, poi ci sono i pazienti guariti, ma quanto guariti? C’è il ‘long covid’, quell’insieme di sintomi e conseguenze dovute al danno prodotto dall’infezione virale che aggredisce molti organi e sistemi. E poi ci saranno in autunno le vaccinazioni di richiamo.

Ecco, mi pongo domande sul destino di noi medici Usca, ora che, grazie a Dio, il virus sembra anche lui essere andato in vacanza. Mi chiedo se c’è qualcuno ora, da qualche parte, in qualche sala riunioni di qualche ufficio della Regione che stia decidendo come utilizzare tutte le nostre competenze ed esperienze al meglio. Il destino di decine di medici super esperti in infezione da SARS-Cov2 è a vostra disposizione, è nelle vostre mani, ma spero che non buttiate via il bambino con l’acqua sporca. Quello che abbiamo imparato in questi mesi tremendi è un patrimonio che non va assolutamente sottovalutato. Se centinaia di pazienti ora la possono raccontare lo si deve alla tempestività dei nostri interventi e alla collaborazione con i medici di famiglia che ci hanno coinvolto, se oggi molti pazienti Covid vengono trattati precocemente con i monoclonali è sempre in virtù di questo sodalizio tra medici di famiglia e medici Usca.

Tutto ciò dovrà finire? E se deve finire qualcuno si dovrà assumere le sue responsabilità nei confronti dei pazienti Covid , anche se pochi. Anche solo uno di loro non giustificherebbe la soppressione del ruolo del medico Usca, l’assenza del monitoraggio telefonico, la scelta di omettere la visita. Se ci fosse qualcuno quindi, che in questi giorni sta pensando a noi e al nostro ricollocamento, rifletta che non si può interloquire con il ‘convitato di pietra’. Comunque, qualsiasi cosa accada, io, medico Usca, rimango medico Usca e l’unica cosa che nessuno può togliermi sono le mie competenze e la soddisfazione di aver salvato la vita a molti pazienti Covid.

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