Non avrebbero eseguito diagnosi corrette e non si sarebbero attivati per procedere con una visita specialistica urgente, all’esterno della casa circondariale di vocabolo Sabbione, contribuendo in tal modo a causare – secondo la procura di Terni – ‘lesioni gravissime’ ad un detenuto 38enne di origini campane. Accusa a cui si aggiunge anche quella di ‘omissione di atti d’ufficio’.
Per questi reati, cinque medici della Usl Umbria 2, operativi presso il carcere di Terni, rischiano il processo dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Elena Neri. Mercoledì mattina in tribunale, il gip di Terni Chiara Mastracchio ha aggiornato l’udienza al prossimo 17 settembre per chiamare in causa l’azienda sanitaria Umbria 2.
Secondo quando denunciato e quindi ricostruito dall’autorità giudiziaria, il 14 giugno del 2018 per il detenuto era stata chiesta una consulenza specialistica dermatologia per la presenza di un neo ‘sospetto’, un possibile melanoma, fra la regione lombare e quella dorsale. Nonostante le visite successive da parte del personale medico, non si era addivenuti ad una corretta diagnosi né all’attivazione delle procedure che avrebbero consentito un approfondimento medico tale da rivelare la patologia: il neo era effettivamente un melanoma.
Solo nell’ottobre del 2020 si era proceduto all’asportazione ma nel frattempo la patologia si era sviluppata in ‘numerose metastasi cerebrali’. Da qui le contestazioni e la richiesta di processo, con i cinque professionisti indagati, difesi dagli avvocati Folco Trabalza, Marco Geremia, Giuseppe Sforza, Aniello Iozzino, Claudio Esibizione, Natalie Mostarda e le parti civili – il 38enne e i suoi familiari – assistite dagli avvocati Francesco Mattiangeli, Fabio Ottaviani e Ilario Taddei.
Accogliamo qui, a margine, lo sfogo del padre dell’uomo ristretto in carcere, persona offesa nel procedimento: «Viviamo una situazione estrema, disperata, in cui mio figlio versa in condizioni irreversibili e noi dobbiamo sperare che la giustizia faccia il proprio corso. Sono arrivato al punto di svendere un immobile per fare fronte alle spese, ai costi che questa situazione comporta. E tanto ci sarebbe da dire, in aggiunta a quelle che sono le contestazioni della procura. Perché molti aspetti, anche successivi i fatti e oggetto di specifiche denunce, non sono stati finora approfonditi. Per mio figlio ho duvuto fare da papà, da poliziotto, da magistrato, infine da medico. Ma non mi dò vinto perché sono certo che verranno riconosciute le sue ragioni. Verrà accertata una situazione di grave negligenza che fa dubitare delle stesse istituzioni. A cui ora noi, oggi, ci affidiamo per la verità».