Terni, smonta piano cottura e gli revocano misure accoglienza: Tar annulla tutto

La curiosa storia riguardante un cittadino iraniano ospite di una struttura del territorio: lo stop per l’inadeguata e inidonea istruttoria

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di S.F.

La storia, curiosa, riguarda un cittadino iraniano, l’ex prefetto di Terni Paolo De Biagi ed una struttura di accoglienza del territorio. Un decreto prefettizio aveva revocato le misure di accoglienza nei confronti dell’uomo per via «dell’atteggiamento scontroso ed aggressivo» nei confronti degli operatori. Da qui il ricorso al Tar dell’Umbria depositato nell’aprile 2019 dall’avvocato Valentino Viali per conto del cittadino iraniano e, a distanza di oltre due anni, la sentenza del Tribunale amministrativo regionale che dà torto all’Ufficio territoriale del governo.

L’estremo pericolo. Il difetto

Oltre all’atteggiamento scontroso ed aggressivo, «che di per sé non è addebitabile», il cittadino in questione avrebbe – si legge nel dispositivo – «altresì creato una situazione di estremo pericolo per la fuoriuscita di gas, conseguente al danneggiamento volontario della cucina». Due i motivi di impugnazione del decreto: omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, «atteso che il provvedimento di revoca delle misure di accoglienza non sarebbe stato preceduto da alcuna comunicazione che desse conto dell’avvio del procedimento teso alla cessazione delle misure di accoglienza». Inoltre c’è il difetto di istruttoria ed eccesso di potere per la «mancata traduzione dell’atto in lingua conosciuta dal ricorrente, non avendo la prefettura posto in essere alcuna attività istruttoria tesa a verificare, in primis l’attendibilità della segnalazione e poi a valutare la sussistenza dei presupposti di gravità e reiterazione».

Lo smontaggio del piano cottura

Il Tar non lascia margini di dubbi. Nel fatto in questione – si legge nella sentenza – «la revoca delle misure di accoglienza risulta motivata unicamente prendendo a riferimento le dichiarazioni non circostanziate e prive di riscontro del responsabile della struttura di accoglienza, ad eccezion fatta del non contestato smontaggio dal parte del ricorrente dei fornelli del piano cottura, peraltro effettuato al solo fine di ripristinarne il funzionamento e dunque senza alcuna volontà di danneggiamento dello stesso». E dunque «in assenza di ulteriori elementi probatori effettivamente comprovanti i contestati comportamenti violenti che il ricorrente avrebbe posto in essere in presenza degli operatori in servizio di accoglienza, le cui dichiarazioni agli atti di causa risultano invero smentire quanto riferito dal responsabile della struttura, la revoca delle misure non può che ritenersi illegittimamente adottata in violazione dell’articolo 23, comma 1, lett. e) del decreto legislativo 142/2005». In definitiva c’è l’accoglimento a causa di un’istruttoria «inidonea ed inadeguata a supportare quel giudizio sulla gravità dell’azione attribuibile allo straniero». Ma c’è – l’ultima curiosità – la compensazioni tra le parti perché lo smontaggio del piano cottura è avvenuto senza autorizzazione del responsabile della struttura.

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