Terni, l’Adm sbaglia nell’iter autorizzativo: pasticcio tabaccherie

L’assurda storia inizia nel 2017 con il via libera ad una richiesta di trasferimento. Tre anni dopo il CdS sentenzia sul ricorso di un concorrente: errore dell’Agenzia dei Monopoli

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di S.F.

Storia assurda, ma reale. Tutto parte con una richiesta di trasferimento ‘fuori zona’ rispetto alla propria sede, l’autorizzazione – dopo le verifiche del caso – da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Poi l’inizio dei guai. Siamo nei primi mesi del 2017 e la vicenda riguarda in particolar modo due tabaccherie di Terni: la prima è quella che si è spostata, la seconda è la concorrente che ha proceduto con un ricorso amministrativo per diverse ragioni tecniche. Venerdì la partita si è chiusa al Consiglio di Stato con una sentenza che ha creato un pasticcio non di poco conto: in sostanza è stato riscontrato l’errore dell’amministrazione – l’Adm – nell’iter e dunque sono stati annullati i provvedimenti impugnati. Peccato che ormai in concreto sia tutto definito e tornare indietro è alquanto complicato.

Il casus belli: le condizioni verificate 

L’ufficio dei Monopoli accolse l’istanza di trasferimento – circa 3 chilometri distante dall’ubicazione originaria – nel febbraio 2017, avvisando tutti i titolari delle rivendite in zona. Pressoché immediato il ricorso al Tar Umbria del ‘nuovo’ concorrente che già si trovava nell’area: la lamentela faceva riferimento al fatto che l’amministrazione si sarebbe limitata a riscontrare solo l’esistenza dei presupposti di distanza e redditività, senza tuttavia verificare il rispetto delle condizioni legata all’equilibrata dislocazione – tre quelle coinvolte in un primo momento – sul territorio e la salvaguardia dell’interesse pubblico. Non solo: la ricorrente ha sostenuto che l’Agenzia avrebbe sbagliato nel calcolare il parametro relativo alla redditività, «secondo cui è possibile procedere all’istituzione e/o trasferimento di una rivendita quando la quarta parte della somma degli aggi realizzati dalla vendita di tabacchi dalle tre rivendite più vicine a quella da istituire (o trasferire), ed ognuna delle quali poste a una distanza inferiore ai 600 metri rispetto alla sede proposta per l’istituzione della nuova rivendita, sia superiore ad un determinato parametro individuato in ragione della dimensione demografica del comune in cui la stessa rivendita ha sede». In questo caso di tratta di poco meno di 40 mila euro. Focus anche sulla produttività e la documentazione sul locale proposto. Siamo nel maggio 2018 e il Tar dichiara rispettivamente «infondato» e «destituiti di fondamento» i motivi del ricorso: «Per giurisprudenza consolidata – si legge nella sentenza di I° grado – l’interesse commerciale dell’esercente soggiace a quello pubblico di carattere fiscale connesso alla vendita di generi di monopolio, con la conseguenza che nessuna pretesa in termini di redditività può essere vantata dal privato che si veda ridotto il ricavato della propria rivendita di generi di monopolio a seguito del trasferimento di altra rivendita, dovendo ritenersi prevalente l’interesse dell’amministrazione alla massimizzazione del gettito erariale, pur nel rispetto dei citati parametri di legge». C’è l’appello.

Il ‘patentino’ e la congestione

La tabaccheria ricorrente ha sollevato un’altra questione, vale a dire quella di aver beneficiato degli aggi derivanti dal rilascio del patentino per il punto tabacchi a favore di un esercizio commerciale vicino: è stato revocato dall’Agenzia – prima della naturale scadenza – proprio per essere aggregato alla rivendita di tabacchi del controinteressato. Ragione: con il trasferimento è diventato il più contiguo vicino al locale in questione. In estrema sintesi – al netto di quest’ultimo passaggio – l’autorizzazione al trasferimento avrebbe creato una doppia situazione: il congestionamento di una zona e, al contempo, la scopertura dell’altra. Tutti al Consiglio di Stato dunque, dove l’Adm – in riferimento ai motivi principali del ricorso – ha messo in evidenza la genericità delle censure. «Circa il calcolo della redditività – si legge nella sentenza d’appello – presunta, viene spiegato come esso sia stato effettuato dall’agenzia intimata e se ne afferma la corrispondenza ai parametri legali. Circa la questione relativa al fatto che una parte del reddito dell’appellante provenisse dal patentino della pasticceria, si evidenzia che il dato andasse considerato, poiché per calcolare la redditività, occorre considerare tutto il reddito che potenzialmente la zona interessata dal trasferimento è capace di produrre e, dunque, va calcolato anche il reddito derivante dal patentino».

Il nodo decisivo che ribalta la storia

Il motivo di appello che su tutti il Consiglio di Stato ha accolto – «fa venire meno l’interesse anche alla delibazione delle ulteriore censure» – è il secondo, quello riguardante il calcolo della redditività e il patentino. Il collegio giudicante della I° sezione ha infatti specificato che l’amministrazione ha errato ad individuare la regola applicabile al caso di specie, tirando in ballo il decreto ministeriale 38 del 2013 ed i vari commi da tenere in considerazione. «Nel dettare la disciplina relativa all’istituzione delle nuove rivendite, si è distinta la fattispecie di cui al comma 5 da quella di cui al comma 6 in ragione della distanza della neo-istituenda rivendita da altre rivendite presenti nella zona in cui essa andrà a collocarsi: ove tale distanza sia superiore a metri 600 allora si applicherà l’articolo 2, comma 6, mentre ove sia inferiore a tale indicatore si applicherà l’articolo 2, comma 5. Ovviamente, ove si postuli l’applicabilità di entrambi i commi dell’articolo 2 anche alla diversa fattispecie del trasferimento della rivendita, come fanno sia l’amministrazione che il Tribunale amministrativo regionale, occorrerà tenere conto della distinzione accolta dal legislatore e applicare la normativa di conseguenza». I legali che hanno seguito la vicenda sono Franco Alunno Rossetti, Alessio Tomassucci e Alessandro Bovari (foro di Perugia) per la tabaccheria ricorrente, mentre l’Adm è stata difesa dall’avvocatura generale dello Stato. Non costituito in giudizio il titolare della rivendita trasferita.

Il risultato

In definitiva il ricorso è accolto e gli atti propedeutici al trasferimento annullati. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è stata condannata al pagamento delle spese per 5 mila euro in favore del ricorrente. Insomma, quel trasferimento del 2017 non doveva esserci: il guaio è che la sentenza arriva a tre anni dall’accaduto e la situazione si è ormai cristallizzata, rendendone molto difficile l’applicazione. Un abbaglio sulla regola da applicare che mette in difficoltà soprattutto chi negli ultimi tempi è riuscito a consolidarsi nella nuova posizione. Richiesta di risarcimenti in vista. Per il resto la nuova storia è tutta da sviluppare.

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