Umbria: «’Fuga’ delle banche. Colpiti territori e lavoratori»

La Flc Cgil: «In un anno perse 24 filiali e 400 unità lavorative. Proprio ora che servono credito e servizi. Le istituzioni agiscano»

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«La crisi economica aperta dall’emergenza coronavirus, ma anche i vari bonus e strumenti di finanziamento messi in campo dal governo, richiederebbero un protagonismo del sistema del credito che in Umbria purtroppo non vediamo, anche a causa del progressivo indebolimento del settore avvenuto nel corso degli ultimi anni, con la continua chiusura di sportelli, la perdita di praticamente tutti i centri direzionali e pesantissimi tagli occupazionali».

Perdita di filiali e di posti di lavoro

Ad affermarlo in una nota è la Fisac Cgil dell’Umbria che sottolinea come la situazione di emergenza sanitaria abbia determinato il sovradimensionamento delle domande di credito (agevolato) e sussidi, che sono stati gestiti, nella migliore delle ipotesi, da personale ‘contingentato’ al 50%. «Non basta la ‘garanzia dello Stato’ a sbloccare il credito – osservano dal sindacato – se dietro non ci sono lavoratrici e lavoratori competenti in grado di garantire la massima conformità all’applicazione delle procedure».
Una situazione che si è andata a sovrapporre ad un contesto già gravemente indebolito. «Dal 2010 nella nostra regione sono state chiuse più di 170 filiali, quasi un terzo del totale – rimarcano dal sindacato -. Solo tra il 2018 e il 2019, secondo i dati di Bankitalia, l’Umbria ha perso 24 filiali, di cui 18 in provincia di Perugia e 6 in quella di Terni, mentre i dipendenti del settore sono passati da 3.342 a 2.919 con una perdita di oltre 400 posti di lavoro, in linea, purtroppo con l’andamento delle regioni del centro, mentre il solo Piemonte ha visto un consistente aumento grazie ai grossi investimenti effettuati nell’information tecnology».

Precariato ‘sotto pressione’

«Questo – sottolineano dal sindacato – significa per l’Umbria che interi pezzi di territorio, soprattutto nelle aree interne, sono rimasti completamente scoperti: solo 75 comuni umbri sui 92 complessivi hanno oggi sportelli bancari». In particolare, la Fisac Cgil evidenzia «la chiara correlazione tra operazioni di aggregazione, sviluppo dei ‘canali a distanza’ e calo degli occupati. Una vera e propria ‘metamorfosi’ di cui il sistema del credito è pioniere anche in Umbria, con, in alcuni casi e per alcuni istituti, nuovi assunti in regime di ‘consulenti’, partite Iva che mascherano di fatto lavoratori subordinati, con una ‘pressione commerciale’ fortissima che potrebbe portare a forzare le scelte dei clienti con il rischio di non rendere un buon servizio ai risparmiatori».

Umbria debole «proprio ora che c’è bisogno del credito»

«E anche in prospettiva i segnali non sono certo positivi – continua la Fisac Cgil – visto che grandi gruppi come Intesa, Unicredit e Mps continuano nella loro politica di tagli e chiusure, visto che Cro (Cassa di risparmio di Orvieto) vive in un limbo con un futuro molto incerto e che un’altra banca umbra perde di fatto il suo centro direzionale: è il caso di BCC Umbria che, fusa con Banca Cras (Toscana) in Banca Centro, vede realizzato un ‘riassetto delle poltrone’ a danno del presidio del territorio». Questa situazione, secondo la Cgil, «rischia di penalizzare oltremodo i cittadini umbri ora che, per usufruire dei bonus previsti dal governo (come quello del 110% per ristrutturazioni e interventi di miglioramento energetico) ci sarà bisogno del sostegno del credito. È evidente che la politica di impoverimento del territorio e di tagli occupazionali andata avanti negli ultimi anni diventa ancora più insostenibile in una fase come questa – conclude la Fisac Cgil -. L’auspicato rilancio economico del paese e dell’Umbria non può che passare da un ruolo forte del credito sul territorio a sostegno di imprese e famiglie. Ecco perché diciamo basta alla politica delle chiusure e chiediamo alle istituzioni regionali e locali di far sentire la propria voce rispetto alle scelte dei gruppi bancari che troppo spesso hanno penalizzato l’Umbria».

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