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Home » Terni, mal di pancia PD su Consulte territoriali

Terni, mal di pancia PD su Consulte territoriali

di Marco Torricelli
30 Gennaio 2017
in Altre notizie, Attualità, Politica
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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Nuovi mal di pancia all’interno del gruppo consiliare del Partito Democratico a Terni. Stavolta le frizioni riguardano le consulte territoriali. A prendere posizione è Michele Pennoni, con un intervento che, in premessa, appare incoraggiante «Nel consiglio comunale previsto per la giornata odierna (lunedì; ndr) quasi certamente si chiuderà un punto che si trova all’ordine del giorno da un tempo incredibilmente lungo: l’approvazione del Regolamento di Partecipazione delle consulte territoriali. La presentazione di questo atto – dice il consigliere comunale del PD – risale all’inizio della consiliatura, quando dopo pochi mesi dalla fine, obbligata dalla legge, dell’esperienza delle circoscrizioni si è pensato di tappare una falla nel sistema partecipativo cittadino attraverso l’introduzione delle consulte di partecipazione».

Michele Pennoni

I dubbi Ma poi il tono cambia: «Risalire subito in sella tornando a fare ricorso a quanto si era appena lasciato, sebbene privato di poteri esecutivo/gestionali, per evitare il dissolvimento di una eredità così importante e utile, aveva fatto credere a tutti, anche a me – spiega il consigliere di maggioranza – di poter trovare rapidamente una soluzione ampia, appoggiata da tutte la parti politiche, proponendo ad inizio mandato, con davanti quattro anni di esercizio pieno, l’istituzione delle consulte territoriali, cioè quanto di più legalmente aderente al modello appena abbandonato».

Le difficoltà Secondo Pennoni, infatti, «nonostante le migliori intenzioni dei proponenti sono subito emerse difficoltà nella gestazione delle consulte: tempi troppo lunghi, sforzi di condivisione variabili ma sempre fragili e provvisori, incapacità sostanziale di trovare un’intesa politica ampia da parte dell’assemblea che ha evidenziato sia il diverso interesse delle parti sia la mancata esaustività della proposta. Il tempo così trascorso è dunque servito a far emergere limiti e criticità del modello e a far ben comprendere che le circoscrizioni mancano ma che non possono più tornare; il passato non può ripetersi, non è quella la direzione in cui dobbiamo guardare».

Le problematiche Ciò che non può e non deve sparire, secondo il consigliere comunale del Partito Democratico, «è la partecipazione: i modelli partecipativi devono trasformarsi. Grazie alla diffusione dei dispositivi on-line, le informazioni locali, perfino particellari, aumentano e con la diffusione aumenta la discussione, innalzando positivamente, tono e profondità del dibattito dimostrando che il desiderio di partecipazione dei cittadini non sta diminuendo ma, al contrario, crescendo e, in assenza di nuovi assetti istituzionali, si estrinseca attraverso uno spontaneismo, talvolta piuttosto confuso, che cerca di colmare quel vuoto. Venendo a mancare un anello della catena, un ingranaggio fondamentale per la soluzione dei problemi di quartiere, in particolare riguardo la cura del decoro e saldo riferimento per la vita associativa, come intercettare e risolvere oggi questi piccoli, grandi, problemi quotidiani il cui impatto è enormemente rilevante sulla vita delle persone? Come incanalare positivamente l’energia e la buona volontà di chi è desideroso di dare il proprio contributo per fare di Terni una città migliore?».

Le possibili soluzioni Secondo Pennoni «potenziando strumenti già esistenti come ad esempio la condivisione dell’amministrazione tramite il Regolamento Beni Comuni e attraverso la piattaforma “Prendoparte”, pensando di dover importare innovazione nella partecipazione aprendosi a soluzioni nuove andando a mutuare, senza vergognarsi copiare, modelli funzionali e snelli da inserire nello Statuto comunale e magari ricercando sinergie istituzionali con chi della ricerca fa il suo mestiere, vedi Università. L’impellenza di due anni fa era volta a impedire la creazione di una soluzione di continuità nella storia della partecipazione cittadina, ma dopo un periodo di assenza così lunga del decentramento come lo avevamo conosciuto, è evidente quanto non abbia senso riproporre ora un ritorno al passato, nemmeno immaginandolo come base di partenza illudendosi di poterlo modificare in corsa».

La decisione Insomma, il consigliere di maggioranza ha deciso: «Partire prevedendo aggiustamenti in corsa significa non credere sin dal primo momento nella proposta che si sta approvando e, dato che non si deve ottemperare ad una approvazione obbligo di legge, partire senza crederci, tanto per partire non ha significato. Rimane un problema da risolvere ma non bisogna utilizzare qualsiasi strumento purché sia, ma occorre introdurre vera innovazione. In considerazione di questo aspetti l’approvazione del Regolamento delle Consulte territoriali in discussione non potrà ricevere il mio voto favorevole».

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