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Home » Assisi, il Lyrick ‘ospita’ Vinicio Capossela

Assisi, il Lyrick ‘ospita’ Vinicio Capossela

di Francesca Torricelli
1 Marzo 2017
in Attualità, Cultura, Dal territorio, Spettacolo
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
Vinicio Capossela, foto: Luca Zizioli

Vinicio Capossela, foto: Luca Zizioli

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foto di Chico De Luigi

Vinicio Capossela torna in Umbria con il nuovo spettacolo. È tornato a esibirsi dal vivo nei teatri di tutta Italia con il tour ‘Ombra. Canzoni della Cupa e altri spaventi’, durante il quale l’artista presenta la seconda parte del suo ultimo album ‘Canzoni della Cupa’. Sabato 18 marzo, alle 21, lo spettacolo sarà in scena anche al Teatro Lyrick di Assisi per l’unica tappa umbra della tournée.

L’oscurità Se la scorsa estate ai ‘Giardini del Frontone’ di Perugia metteva al centro la prima parte del suo disco con il tour estivo ‘Polvere’, uno spettacolo ‘dalle evocazioni ancestrali, agresti e di frontiera’, questa volta al Lyrick ci sarà molto più mistero e oscurità visto che Capossela mette sotto i riflettori l’ombra. Al centro dello spettacolo, accanto alle ‘Canzoni della Cupa’, troveranno posto anche altri brani del suo repertorio che a questo immaginario oscuro e misterioso dell’ombra sono legati a doppio filo.

Il primo giorno Il periodo dell’ombra per il cantautore è partito ufficialmente il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, festività della tradizione contadina in cui vengono benedette le stalle e i campi con grandi falò e si dice che gli animali parlino: nell’occasione, Capossela si è esibito alla Focara di Novoli e ha diffuso il video di ‘Scorza di Mulo’, brano contenuto in ‘Canzoni della Cupa’.

foto di Luca Zizioli

Il racconto di Capossela «Canzoni della Cupa – dice Capossela – mi ha dato la possibilità di declinare due concetti che sono alla base della condizione umana, la polvere e l’ombra. Lo spettacolo ‘Polvere’ si è svolto all’aperto, in una specie di campo di stoppie, un’evocazione insieme ancestrale, agreste e di frontiera. Ora, al chiuso dei teatri, iniziamo ad avventuraci nella zona dell’ombra, zona meno definita, dove il materico scompare per lasciare il campo alla proiezione dell’inconsistente. Viviamo nell’illuminazione violenta e artificiale, abbiamo perso i mezzi toni, le ombre sono fisse, nude e nitide… Per questo vogliamo restituire il tremore alle ombre, la loro mobilità fragile. Perché l’ombra non ci segue, ci spinge. È lei a coprire noi calpestandoci».

Ombra come anima «Perdere l’ombra – continua – è perdere l’anima… È passare dal neon accecante della vita al nulla della morte. Abbiamo bisogno della nostra ombra per farci interi. È un viaggio, un’impresa per completare il cerchio, questo riconoscimento. Una rivoluzione come fa ogni giorno la terra girando attorno al sole. L’ombra è come una grande scatola in cui abbiamo buttato fin da bambini le cose che abbiamo temuto di mostrare. L’inconscio personale e quello collettivo stanno in questa grande scatola. Un’ombra che non nasconde ma rivela: sentimenti, assenze, malebestie, animali totemici, radici, proiezioni, ritrovamenti, defunti, archetipi, draghi, duplicità, governi, personalità. Ogni volta che una passione ci proietta oltre noi stessi essa genera un’ombra… L’ombra, questo confine labile tra luce e tenebra, tra coscienza e incoscienza. Tra sogno e consapevolezza. In questa ipnosi si propone di trasportarci questo spettacolo. A mezzo di strumenti ad arco e a corde, a mezzo di ombrografi, generatori d’ombre a valvole e manuali. Un concerto per umbrafili, alla corte di Ipnos, il sonno che incanta. Uno stato ipnotico in cui è consentito addormentarsi, o uscire da sé, ma non usare lo smartphone».

 

 

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