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Home » Confindustria: «Cosa chiediamo a Marini»

Confindustria: «Cosa chiediamo a Marini»

di Marco Torricelli
23 Giugno 2015
in Economia, Imprese, Politica
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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In previsione dell’ormai prossimo insediamento del Consiglio e della Giunta regionale, il Consiglio Direttivo di Confindustria Umbria, nel corso della riunione di ieri, ha affrontato il tema dell’imminente avvio della legislatura regionale in un contesto che richiede – da parte di tutti – il massimo sforzo per cogliere la timida ripresa in atto attivando le migliori energie disponibili per far uscire la regione dalla lunga ed intensa recessione che ha avuto effetti pesantissimi sulla sua vita economica e sociale e per rendere il territorio più attraente per le attività produttive.

«Pronti al dialogo» In una fase, dice Confindustria Umbria, «in cui è necessario un impegno congiunto delle istituzioni e delle rappresentanze delle imprese, manifestiamo fin da ora la piena disponibilità per un metodo di confronto che, superando schemi concertativi tradizionali e spesso dispersivi, sia orientato alla concretezza ed alla assunzione delle reciproche responsabilità per scelte e obiettivi condivisi». Secondo gli imprenditori «i segnali di ripresa che si profilano all’orizzonte, e che possono trovare terreno favorevole sia nell’azione riformista portata avanti a livello nazionale che in alcuni fattori internazionali, dal tasso di cambio euro dollaro al prezzo del petrolio, debbono essere colti mediante politiche che mettano al centro dell’azione di governo regionale l’impresa e le sue necessità».

«Basta burocrazia» Secondo gli industriali «solo ridando vigore all’economia privata, ed in particolare alla componente manifatturiera che sola, per l’alto effetto moltiplicatore che possiede, può trainare gli altri settori a cominciare da quello dei servizi avanzati, sarà possibile recuperare livelli di benessere e capacità di generazione di reddito e di occupazione analoghi a quelli delle regioni più sviluppate del Paese. Ridare centralità all’impresa – ha sottolineato il presidente di Confindustria Umbria, Ernesto Cesaretti – significa innanzitutto liberarla da tutti gli ostacoli amministrativi e burocratici che, spesso senza alcuna logica, gravano inutilmente sulla gestione delle aziende. La ridondanza dei controlli, le procedure farraginose, i bizantinismi ed i tempi lunghissimi opprimono le aziende, che vengono distolte dalla loro attività prevalente che dovrebbe essere quella di produrre valore, per produrre invece montagne di documenti. Significa poi – ha aggiunto – sostenere gli sforzi che gli imprenditori compiono per ammodernare le strutture produttive, per innovare i processi, per migliorare l’offerta, per aumentare le presenza nei mercati esteri».

Il futuro Nei prossimi anni, evidenziano gli industriali umbri, «assisteremo ad una ulteriore accelerazione dei tempi del cambiamento tecnologico, per cui sarà sempre più importante per chi opera nell’industria dimostrare capacità di innovazione adeguata agli scenari. È improbabile che il tessuto produttivo umbro possa fare fronte a queste sfide globali e difficilissime operando in sostanziale isolamento. È quindi necessario – ha affermato Cesaretti – che le risorse intellettuali ed economiche presenti in Umbria, e potenzialmente funzionali alla crescita del settore industriale, siano messe a sistema per aiutare chi è esposto al mercato a confrontarsi con successo con gli altri attori concorrenti che già operano in una logica di sistema. Questo significa che la centralità dell’impresa implica che essa diventi punto di attenzione primario di quanti operano nelle università, nei centri di ricerca pubblici e nelle istituzioni».

L’Europa I fondi della nuova programmazione comunitaria 2014/2020, secondo Confindustria, «devono essere destinati a rafforzare questo tipo di approccio, che è essenziale per dare più benzina a chi già è in grado di correre, e per dare anche un sostegno indispensabile a chi rischia di non farcela. Nostra responsabilità comune è riuscire a conciliare due obiettivi di politica industriale che solo apparentemente possono apparire contrapposti: puntare sulle eccellenze e difendere e non disperdere un prezioso patrimonio diffuso di aziende, che molto spesso è condizione per l’emergere delle eccellenze stesse».

L’appello Confindustria Umbria fa poi appello alla Giunta e al consiglio regionale «a riaffermare nei fatti la centralità dell’impresa anche investendo sul capitale umano. Risorsa essenziale sulla quale occorre puntare, infatti, è quella rappresentata dalla conoscenza, dal sapere e dalla competenza. Non è immaginabile un futuro industriale che non sia fondato sulla valorizzazione dei talenti delle persone. Accanto ai compiti propri di chi governa e gestisce le attività industriali, vi sono responsabilità diffuse che devono essere orientate a dare il giusto rilievo alla cultura industriale, alla cultura del merito, all’idea di competizione, di confronto e di miglioramento continuo del proprio bagaglio professionale. Sono valori essenziali al progresso, e costituiscono pure la condizione indispensabile per aprire le porte ai nuovi paradigmi della manifattura, che portano con sé grandi possibilità di sviluppo.
In assenza di un contesto culturale favorevole all’impresa, sarà difficile far recuperare al tessuto produttivo gli indispensabili margini di competitività e ancora più remoto immaginare lo sviluppo di nuovi comparti ad alta intensità creativa e tecnica».

Cultura e turismo Come pure si ritiene «fondamentale utilizzare i prossimi cinque anni per accendere il secondo motore dello sviluppo, la filiera cultura-turismo, che stenta ancora a partire. La prossima legislatura sarà quindi uno spartiacque che dovrebbe segnare il confine tra la recessione e l’avvio della modernizzazione dell’Umbria produttiva.
Ci auguriamo – ha concluso Cesaretti – che le istituzioni regionali appena rinnovate, nella consapevolezza della delicatezza del passaggio in cui ci troviamo, siano capaci di aggregare, anche con forme più efficaci e rinnovate, le energie presenti in Umbria per favorire quel salto di qualità che a tutti noi pare ormai indispensabile».

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