di Fra.Tor.
Una lunga attesa, «in barella e senza un’assistenza adeguata»: una cittadina ternana racconta quanto accaduto al padre 88enne, affetto da problematiche di salute e che necessita di trasfusioni di sangue ogni tre settimane.
Il 22 maggio l’uomo si è sentito male e, a differenza del solito, non ha raggiunto il reparto immunoematologia-trasfusionale (Sit) dell’ospedale di Terni. Le sue condizioni sono peggiorate nei giorni successivi e, dopo un consulto con il medico di famiglia, la figlia nel pomeriggio di giovedì 5 giugno ha chiamato il 118 e intorno alle 16 l’ambulanza lo ha condotto in ospedale. «Non mi hanno fatto salire con lui sull’ambulanza – racconta la figlia – e da quel momento è iniziato un lungo pomeriggio di angoscia. Continuavo a chiamare, ma mi dicevano che non lo avevano ancora fatto entrare perché c’erano altre emergenze. Solo intorno alle 22 hanno cominciato la trasfusione».
Durante quelle ore, secondo quanto riferito dalla donna, l’anziano sarebbe rimasto senza acqua né cibo, ad attendere il proprio turno in un contesto che la famiglia definisce «disumano». La donna è riuscita ad ottenere qualche informazione «solo grazie a mio figlio, che si è recato direttamente in ospedale. Quando sono salita io, verso le 3 del mattino, mi hanno detto che volevano fargli una seconda trasfusione. Ma mi sono rifiutata: era troppo stress per il suo cuore, l’ho riportato a casa. Non è ammissibile trattare così una persona fragile, con patologie importanti». In merito alla denuncia della signora, umbriaOn ha contattato l’azienda ospedaliera per avere una risposta su quanto riportato.
Il tema dell’emergenza/urgenza del pronto soccorso di Terni e dei pronto soccorso in generale, è noto – in termini di sovraffollamento, carenze strutturali e di personale – e connesso anche ad una integrazione con il territorio che non sempre riesce a centrare gli obietivi. Nonostante gli sforzi del personale, in larga parte encomiabile, che opera sul campo.