«In Umbria si produce e si investe poco»

Banca d’Italia ha presentato il proprio dossier sulle economie regionali. Tanti aspetti critici in una regione stagnante. Cresce l’export

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di G.N.

Bassa produttività del lavoro e un livello modesto di innovazione delle imprese: sono questi i due fattori principali alla base della debolezza economica dell’Umbria, caratterizzata da un allentamento di consumi e investimenti, a fronte di una espansione delle esportazioni. Il 2018 – quarto consecutivo – è stato un anno di crescita, tuttavia a un ritmo decisamente contenuto, soprattutto se raffrontato agli altri paesi europei. È quanto emerge dal dossier ‘Economie regionali: l’economia dell’Umbria’, presentato mercoledì mattina nella sede di Banca d’Italia a Perugia.

Una stasi che preoccupa

Non solo, dunque, l’attività economica cresce meno che nel resto d’Italia, ma anche la produzione industriale ha rallentato, le vendite nel commercio sono in calo, l’occupazione è stazionaria, il reddito disponibile delle famiglie aumenta di poco e le situazioni di povertà restano diffuse. Rallenta anche la crescita dei finanziamenti fino ad annullarsi, con i prestiti alle imprese che diminuiscono. Segnali meno negativi arrivano dal settore agricolo, con un livello di produzione stabile, e dall’export. Recupera l’edilizia, i flussi turistici sono tornati sopra i livelli pre-terremoto, ma invariati rispetto ai primi anni duemila. In lieve aumento la spesa delle amministrazioni locali

Serve una ricetta di medio-lungo periodo

«L’Umbria è troppo incentrata – ha spiegato Paolo Guaitini del nucleo ricerca economica di Banca d’Italia – su imprese piccole e poco patrimonializzate. L’innovazione è molto al di sotto della media italiana per capacità di spesa in ricerca e sviluppo, rispetto alle vicine Francia e Germania. Se gli investimenti in ricerca e sviluppo a livello universitario sono buoni, altrettanto non si può dire per quelli pubblici e privati che presentano valori molto bassi. Una situazione che ha radici profonde e che richiede ricette e progetti di medio e lungo periodo. Si tratta di debolezze che l’Umbria si trascina da anni».

Positivo il trend dell’export

Le esportazioni dell’Umbria mostrano un + 8,7%  su cui pesa molto – ha spiegato Lucia Lucci, funzionaria di Banca d’Italia, filiale di Perugia – «la ripresa nel settore dei metalli che ha azzerato le perdite degli ultimi 5 anni. Non a caso, la provincia di Terni ‘brilla’ rispetto a quella di Perugia».

Le imprese

Stabile la produzione agricola 2018, dopo la flessione del biennio precedente. Quella industriale ha mostrato un progressivo rallentamento: a influire, il calo degli ordini registrato nella seconda parte del 2018, concentrato tra le piccole imprese. Il fatturato ha continuato ad aumentare seppure con un’intensità inferiore al 2018 (2,1% contro 3,1) e l’andamento è rimasto vivace nei comparti dell’alimentare, dell’abbigliamento e della siderurgia che hanno beneficiato dell’accelerazione delle esportazioni (+8,7% nel complesso). Dopo un triennio di crescita sostenuta, nel 2018 la spesa per investimenti industriali si è ridotta (-8,3%); il ricorso agli incentivi fiscali, seppure in aumento, è rimasto contenuto. Nell’edilizia sono emersi, dopo lungo tempo, lievi segnali di recupero sia nel segmento residenziale che in quello delle opere pubbliche (ha contribuito, anche se in misura ridotta, l’avvio della ricostruzione post terremoto).

Consumi, commercio, turismo

La modesta dinamica dei consumi delle famiglie, in crescita dello 0,6%, si è riflessa in un calo delle vendite commerciali (-1,2%); la flessione ha riguardato i piccoli esercizi al dettaglio, a fronte della tenuta mostrata dalla grande distribuzione. Nel turismo il numero di pernottamenti, pur recuperando appieno la perdita registrata in seguito agli eventi sismici del 2016/2017, è risultato pressoché invariato rispetto ai livelli di inizio anni duemila, segnale di una ridotta capacità della regione di intercettare la straordinaria espansione dei flussi turistici mondiali. La redditività delle imprese si è ulteriormente rafforzata, riportandosi su livelli prossimi a quelli pre-crisi: ne hanno beneficiato la liquidità e la capacità di autofinanziamento. Dopo un triennio di espansione, i prestiti al settore produttivo sono tornati a diminuire (-0,9%) anche per le minori richieste dirette a sostenere gli investimenti; il calo si è accentuato nei primi mesi del 2019.

Il mercato del lavoro

Alla debole fase di ripresa si sono associati livelli occupazionali ancora stazionari, a fronte dell’ulteriore crescita osservata in Italia (0,8%). Le ore lavorate hanno invece continuato a crescere (+1,4%), anche per la forte riduzione del ricorso alla Cassa integrazione (-59,8%). Tra i lavoratori dipendenti sono tornate ad aumentare le assunzioni a tempo indeterminato, grazie all’elevato numero di trasformazioni di contratti a termine precedentemente avviati; all’aumento delle stabilizzazioni avrebbero contribuito anche gli sgravi contributivi per i giovani sotto i 35 anni di età e, nella seconda parte dell’anno, l’introduzione di limitazioni al prolungamento dei contratti a tempo determinato con il cosiddetto ‘Decreto dignità’. Il tasso di disoccupazione è sceso al 9,2% (dal 10,5% del 2017) per la minore offerta di lavoro connessa anche ad un’accresciuta partecipazione dei giovani ad attività di studio e formazione. Tra i disoccupati la quota di coloro che percepiscono un sussidio è aumentata e risulta superiore alla media nazionale.

Le famiglie

La valutazione delle famiglie umbre sulla propria situazione economica è migliorata. Il reddito disponibile si è lievemente incrementato (+0,7%). L’incidenza delle situazioni di povertà assoluta è rimasta elevata (9,3% delle famiglie; 6,9 la media nazionale); la distribuzione del reddito da lavoro si mantiene tuttavia più equilibrata rispetto all’Italia. I finanziamenti alle famiglie hanno continuato a crescere (+3,1%) soprattutto per il credito al consumo. Anche la domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni si è ripresa, beneficiando di tassi di interesse in ulteriore calo.

Il mercato del credito

Il ridimensionamento della rete territoriale delle banche presenti in regione è proseguito così come lo sviluppo dei canali innovativi di contatto con la clientela e degli strumenti di pagamento alternativi al contante, la cui diffusione in Umbria è comunque inferiore rispetto al resto del Paese. La crescita dei prestiti erogati in regione ha rallentato fino ad annullarsi nei primi mesi dell’anno corrente. I criteri di offerta adottati dagli intermediari si sono mantenuti nel complesso favorevoli, pur evidenziando primi segnali di irrigidimento. La qualità del credito è ulteriormente migliorata: il flusso di nuovi prestiti deteriorati è sceso al 2,7%, un valore però ancora superiore di circa un punto alla media nazionale. La crescita dei depositi bancari di imprese e famiglie umbre, in corso da oltre un quinquennio, si è pressoché arrestata. Anche gli investimenti in fondi comuni sono tornati a diminuire.

La finanza pubblica

Nel 2018 la spesa corrente degli enti territoriali è cresciuta dell’1,8%. Oltre ai costi per l’acquisto di beni e servizi sono aumentati quelli per il personale dipendente (+2,8%) anche a seguito dei rinnovi contrattuali. Nel settore sanitario tale incremento segue una lunga fase di stabilità; in prospettiva l’elevata età media e l’applicazione dei recenti provvedimenti legislativi in materia pensionistica (‘quota 100’) potrebbero riflettersi negativamente sulla dotazione di personale. La spesa in conto capitale è aumentata dell’8,4%; vi ha contribuito la forte accelerazione nell’attuazione dei programmi comunitari, il cui stato di avanzamento rimane tuttavia inferiore a quello del resto del Paese e ai livelli raggiunti nel precedente ciclo di programmazione. Gli investimenti degli enti territoriali hanno invece continuato a diminuire. Le entrate correnti sono cresciute del 4,5%; il calo dei proventi tributari è stato compensato dai maggiori trasferimenti. È proseguita la riduzione del debito delle amministrazioni locali (-5,1%; -2,1 la media del Paese).

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