Antimafia: «Umbria faccia attenzione»

Commissione Parlamentare in missione a Perugia: «C’è necessità di un approfondimento sul caso Gesenu»

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di M.L. e L.P.

Droga, appalti, agricoltura, turismo e rifiuti, se l’Umbria non è da considerasi un territorio mafioso non si possono sottovalutare i fenomeni d’infiltrazione che si sono verificati negli anni, queste in sintesi i risultati della giornata di audizione della commissione parlamentare antimafia presieduta dall’Onorevole Rosy Bindi che si è riunita lunedì a Perugia.

Prefetto e Generale CarabinieriInfiltrazioni evidenti «La provincia di Perugia e l’Umbria si confermano territori in cui non si può parlare certamente di insediamento mafioso – sottolinea l’On. Rosy Bindi – come invece succede per la Lombardia o altre regioni del nord. Ma non bisogna sottovalutare il fenomeno che esiste, importante tenere alta l’attenzione perché anche qui sono presenti organizzazioni italiane e internazionali e ci sono evidenti segnali della loro presenza: sia in rapporto alla questione Gesenu che ai traffici di stupefacenti». Non è sicuramente tutto marcio ma quello che è venuto fuori raffigura comunque un quadro preoccupante per il territorio umbro «Perugia – ha aggiunto la Bindi – si conferma una delle città più importanti per lo smistamento della droga. Se è vero che nelle cifre ci sono miglioramenti con il calo delle overdose, il mercato in città è fiorente nello smistamento e nella distribuzione. Senza sottovalutare il fenomeno del traffico degli esseri umani e della prostituzione. Inoltre sono stati portati alla luce numerosi casi d’infiltrazione che hanno fatto emergere come la ramificazione arrivi anche ad attività economiche come alberghi, edilizia e da ultimo la gestione dei rifiuti».

PrefettoQuestione Gesenu Ed è proprio il ‘modello Gesenu’ che preoccupa la commissione: «C’è necessità di un approfondimento della questione, riteniamo che sia necessario andare avanti per capire se questo modello di infiltrazione delle partecipate sia stato utilizzato anche in altre regioni». «Tutto – ha aggiunto l’On. Bindi – nasce da un’interdittiva a Catania data ad una società che fa parte dell’impero privato della compagine pubblico-privata. Noi riteniamo che l’applicazione della normativa approvata in occasione di Expo sia stata applicata per Gesenu. È una normativa importante perché consente di sostituirsi alle parti malate senza interrompere i servizi. Non vogliamo creare problemi di disservizi e pur aspettando la decisione del Tar, riteniamo che le interdittive siano fondate e riteniamo come commissione si debba fare un’inchiesta e un’indagine seria sulla parte privata di questa società che ha ramificazioni in molte province, anche in Sicilia dove c’è presenza mafiosa».

Appunto al pubblico Infine la commissione ha sottolineato come il territorio sia stato in grado di reagire al fenomeno: «Fondamentale è la collaborazione della popolazione, nessuno vorrebbe la mafia, in Umbria come in Lombardia, – ha sottolineato la Presidente Bindi – ma far finta che non esista equivale a farla crescere. Si sono insediati grazi alle connivenze di professionisti e con i soldi della droga hanno drogato il mercato in tempo di crisi. Quando al centro di sospetti ci sono società a partecipazione pubblica chi le amministra non può non chiedersi con chi lavora, anche la parte pubblica si deve interrogare perché non può permettersi partner che hanno una configurazione così poco trasparente come sembra configurarsi nel caso di Gesenu».

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