Criminali scarcerati: «Cambiare la prassi»

Il giudice Maurizio Santoloci, intervistato da Virus (Rai Due), ha parlato dei ‘buchi’ del sistema giudiziario italiano

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di F.T.

Criminalità predatoria, soprattutto straniera, e scarcerazioni facili. Due concetti che troppo spesso vanno a braccetto, grazie anche ad alcuni ‘buchi’ nella prassi applicativa che caratterizza il sistema giudiziario italiano. Di questo ha parlato il gip del tribunale di Terni, Maurizio Santoloci, intervistato giovedì sera da Nicola Porro, durante la trasmissione Virus di Rai Due.

«Criminali giuridici» «Sul nostro territorio – ha detto il giudice – esiste una pericolosissima miscela di criminalità nazionale, europea ed extraeuropea, soprattutto predatoria ma anche dedita a crimini efferati, che ha studiato perfettamente il nostro sistema giuridico e ha individuato alcuni ‘buchi neri’. Sfruttando le larghe maglie che il sistema offre, questi soggetti riescono a continuare a delinquere sul territorio che per loro diventa un vero e proprio Eldorado».

I punti deboli Il primo ‘buco nero’ citato dal magistrato è quello legato al certificato penale ‘fittiziamente immacolato’. «Nel nostro sistema giuridico – ha spiegato Santoloci – una sentenza diventa definitiva, e quindi va sul certificato penale, quando supera tutti i gradi di giudizio e i relativi ricorsi. Questo tipo di criminalità predatoria fa tutti i ricorsi fino in Cassazione, per sfruttare un periodo di tempo che va dai due ai tre anni, durante il quale i soggetti non risultano comunque pregiudicati. Si tratta sì di un principio di civiltà giuridica innegabile, ma è la prassi ad essere distorta, perchè in questo modo il giudice non vede le condanne precedenti. Queste finiranno sul certificato penale soltanto dopo che si saranno esauriti tutti i ricorsi. In questo modo il criminale predatore può delinquere in modo seriale per due-tre anni e la prassi applicativa vuole che gli venga concessa, in quanto incensurato, la pena sospesa e quindi l’immediata scarcerazione».

Le ‘porte girevoli’ Criminali che entrano nel paese e continuano a delinquere finchè le condanne non passano in giudicato. Poi se ne vanno e lasciano tutta ‘l’attività’ in mano ad amici e familiari: «Quando, dopo due-tre anni, le prime condanne vanno sul certificato penale – ha spiegato il gip di Terni – i soggetti vanno all’estero e cedono una specie di ‘avviamento aziendale’ ad amici, parenti e affini, che arrivano in Italia al posto loro e già conoscono il territorio, il sistema giudiziario e di polizia e quindi continuano a compiere reati».

Le attenuanti generiche, ovvero concesse senza un motivo specifico ma motivate di volta in volta, a soggetti che delinquono. «L’applicazione – ha spiegato Maurizio Santoloci – comporta la diminuzione della pena di un terzo. Il codice proibisce che l’attenuante generica venga concessa solo perchè il soggetto è incensurato, ma la prassi applicativa è diversa e le attenuanti generiche vengono date anche a chi è fittiziamente incensurato, ovvero che ha avuto diverse condanne ma nessuna di queste è passata ancora in giudicato».

Residenzialità ‘facili’ La custodia cautelare poggia su tre basi: il pericolo di inquinamento probatorio, il pericolo di fuga e quello di reiterazione del reato. «Il primo non c’è quasi mai perchè i criminali vengono quasi sempre colti con le mani nel sacco, il secondo è esorcizzato dal certificato penale ‘fittiziamente immacolato’. Resta così il pericolo di fuga, ma molti comuni concedono la residenza anagrafica ufficiale nel territorio anche a soggetti pluripregiudicati. Diventano cioè cittadini di quel comune. In questo modo il criminale esibisce al magistrato il documento di identità che attesta la residenzialità ed elimina anche il pericolo di fuga. A quel punto la scarcerazione è automatica».

La prassi Alcuni provvedimenti non sono obbligatori per legge, ma discrezionali. Secondo Maurizio Santoloci, «è necessario non concedere più alcune situazioni positive, come ad esempio la sospensione della pena, quando la legge lo consente. Ma soprattutto è importante considerare i precedenti di fatto. Nelle scuole di polizia stiamo insistendo per cambiare le strategie giudiziarie. Oggi polizia e carabinieri sono chiamati a fare qualcosa in più, facendo emergere le denunce e le condanne precedenti che il magistrato deve comunque vedere per evitare queste scarcerazioni facili».

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