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Home » Antidumping acciaio, l’Italia resta sola?

Antidumping acciaio, l’Italia resta sola?

di Marco Torricelli
21 Aprile 2017
in Ast, Economia, Imprese, In evidenza, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
La ThyssenKrupp Ast di Terni

La ThyssenKrupp Ast di Terni

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L’Italia ha bloccato la procedura di ‘silenzio-assenso’ che avrebbe portato alla possibile revisione del sistema di dazi antidumping nei confronti della Cina proposta dalla Commissione Ue, aggirando di fatto il problema dello status di economia di mercato (Mes).

Il ministro Carlo Calenda

Il ministro Ad annunciarlo è stato il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, che si dice «fermamente contrario alla proposta di compromesso della presidenza maltese». L’Italia ha formalmente comunicato alla presidenza Ue di turno di essere insoddisfatta del testo, che dovrà così tornare sul tavolo dei 28, prima a livello di ambasciatori la prossima settimana e poi, a inizio maggio, a livello di ministri. «La proposta della Commissione, anche in questa versione di compromesso, è debole e di difficile implementazione e rischia di lasciare l’industria europea indifesa verso i comportamenti scorretti», ha sottolineato Calenda, ritenendo quindi «fondamentale che nel prosieguo dell’iter normativo questa proposta venga sostanzialmente migliorata».

Italia in minoranza Secondo il ministro Calenda «la linea di politica commerciale seguita dal governo italiano è sempre stata chiara e coerente, prevede il massimo supporto alla liberalizzazione del commercio internazionale anche attraverso la conclusione degli accordi di libero scambio, massima intransigenza nella difesa da comportamenti commerciali scorretti nella convinzione che il commercio, per essere motore di crescita, deve essere equo e rispettoso delle regole». Nel caso dello status di economia di mercato alla Cina, Bruxelles per aggirarne la questione della concessione o meno ha proposto un sistema ‘neutrale’ non più basato su liste ‘nere’ di Paesi, ma sulla possibilità di applicare dazi antidumping in quei settori in cui si riscontrassero squilibri gravi e sovraccapacità produttiva, come è il caso per esempio dell’acciaio. L’Italia, sin dal principio, si è opposta a questa soluzione in quanto ritenuta inefficiente e poco sicura dal punto di vista giuridico, segnalando la sua contrarietà anche all’ultimo Consiglio Ue commercio lo scorso novembre sotto presidenza slovacca. Allora si era già registrata una maggioranza qualificata di Paesi Ue a favore della proposta di Bruxelles, con l’Italia piuttosto isolata nella sua posizione.

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