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Home » Isis, il sindacato: «Istituire albo imam»

Isis, il sindacato: «Istituire albo imam»

di Redazione
25 Aprile 2015
in Attualità, Cronaca
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Massimo Pici

Massimo Pici

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di Ros. Par.

I recenti fatti di cronaca, che hanno visto smantellare una cellula terroristica in Sardegna, dimostrano come l’Italia non sia immune dal rischio di attacchi terroristici. In merito alla tematica, dice la sua a umbriaOn Massimo Pici, segretario del Sindacato italiano unitario dei lavoratori di polizia (Siulp) di Perugia.

Il 2007 a Perugia Partendo dal ricordo dell’operazione eseguita dalla Digos nel 2007 e che interessò l’imam di Ponte Felcino: «Il problema è che gente semplice e priva di adeguato substrato culturale – spiega Pici – in determinati periodi della propria vita, può divenire facilmente influenzabile, sia dalla rete che, ancor più, dalle ‘prediche’ di appartenenti alla variegata categoria delle guide spirituali islamiche». Pici sottolinea come la questione riguardi solo ed esclusivamente una minoranza «che, indottrinata da gente senza scrupoli o auto-indottrinata attraverso internet, si convince che l’unico sistema per guadagnarsi il paradiso sia ‘vendicarsi’ dei torti subiti dagli occidentali. Diventa difficile, se non impossibile, integrare persone che, indottrinate a dovere, ricercano il martirio per guadagnarsi il paradiso, spettacolarizzando la carneficina di quanti più ‘infedeli’ possibile, arrivando a sacrificare i propri figli facendoli esplodere con cinture esplosive in luoghi possibilmente affollati».

La proposta «L’unica, o perlomeno una delle poche possibilità che ha il nostro Paese, è quella di iniziare un processo di ‘integrazione’, ovvero di conoscenza di tutti gli imam o di coloro che aspirano a diventarlo, affinché, tramite loro, vengano diffusi i veri valori dell’islam, religione monoteista che rispetta il credo degli altri. Sarebbe necessario istituire un albo nazionale, regionale o comunale – dipende da chi ha la forza di iniziare – di tutte le guide spirituali islamiche, predisponendo la possibilità di aprire luoghi di culto solo ed esclusivamente alla presenza di imam regolarmente iscritti e soprattutto che abbiano un’idonea e certificata preparazione religiosa. Questo perché, come ci insegna l’esperienza, le funzioni di imam sono spesso improvvisate».

Educazione civica Per il segretario del sindacato dei poliziotti, il riconoscimento dovrebbe avvenire dopo la frequenza di corsi di apprendimento della lingua italiana e l’aver dimostrato di conoscere le regole e le norme vigenti nel nostro Paese che devono valere per tutti coloro che vi risiedono, italiani o stranieri che siano. «Pensiamo ad incontri di educazione civica – continua Pici -, minime nozioni di leggi penali e civili, riconoscimento dell’uguaglianza tra simili, per esempio tra uomo e donna, alla netta distinzione che esiste, nel nostro Paese, tra religione e politica. Tali incontri dovrebbero terminare con una ‘verifica’ eseguita da soggetti dotati di specifica preparazione nel settore».

Consolati e ambasciate Altro alleato nella lotta alle deviazioni derivate dal fondamentalismo religioso, per Massimo Pici potrebbe essere la presenza istituzionale di consolati o ambasciate di tutte le comunità presenti nel territorio. «Potrebbero creare sinergie ineguagliabili per conoscere la cultura e soprattutto le persone che compongono le comunità straniere presenti nel nostro territorio – dichiara -, coadiuvando in maniera efficace e determinante la diffusione di leggi, regolamenti e consuetudini che disciplinano le relazioni tra di noi».

Incontri con insegnanti «Sarebbe opportuno, infine, poter garantire, magari per convenzione, la possibilità di accesso ai luoghi di culto islamico da parte delle forze dell’ordine e la possibilità – conclude Massimo Pici -, per gli insegnanti, di organizzare incontri pomeridiani in spazi dedicati, per iniziare un vero e proprio processo nel quale far circolare gli aspetti migliori delle varie culture, in modo che queste differenze diventino un valore aggiunto per entrambe le comunità e non un pretesto o un motivo per discriminare».

Twitter @Ros812007

 

 

 

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